Indonesiano a L’Orientale, un arcipelago di studi unico in Italia

Indonesiano è il fiore all’occhiello de L’Orientale, unico Ateneo sul panorama nazionale ad offrire dal 1964 corsi per lo studio e la ricerca sulla Lingua e Letteratura dell’Indonesia. “Un Paese emergente con un tasso di crescita elevatissimo, che offre molteplici spunti di interesse per coloro che intendano approfondire un discorso culturale sul Sud- Est Asiatico”, afferma la prof.ssa Antonia Soriente. Estremamente fervida è l’attività che gravita intorno a questo insegnamento: storia, politica, cinema, danze e teatro sono solo alcuni degli aspetti che si esplorano grazie a convegni e laboratori promossi dalla docente. Partirà, infatti, il 4 aprile – e si svolgerà in concomitanza al workshop sulla danza teatro balinese – un ciclo seminariale (in programma fino al 28 di questo mese) su ‘Linguistica e Filologia tra mondo indiano e indonesiano’, che vedrà nelle vesti di relatori due ospiti stranieri, i docenti Bernd Nothofer dall’Università di Francoforte e il sanscritista Arlo Griffiths dall’Istituto francese EFEO. Gli incontri daranno, inoltre, la possibilità agli studenti di acquisire due crediti formativi, ascoltando lezioni di livello specialistico sui linguaggi dal punto di vista storico, etimologico, epigrafico, ma non solo. “Non bisogna essere esperti per seguire serenamente le conferenze, poiché si darà spazio a tematiche di grande coinvolgimento, come gli effetti della colonizzazione sui prestiti linguistici”, tranquillizza la docente. Numerosi sono anche i programmi di collaborazione universitaria messi a disposizione degli studenti, a partire dalle Università europee del Programma Erasmus+: l’Università di Francoforte e quella di Leida, l’Inalco di Parigi e la SOAS di Londra. Inoltre, L’Orientale ha attivato da diversi anni convenzioni con otto Università indonesiane come Universitas Indonesia a Depok, Atma Jaya a Jakarta oppure quelle di Sumatera Utara, Yogyakarta, Bali. Ogni anno un gruppo di studenti, grazie agli scambi per la mobilità internazionale, ha l’opportunità di trascorrere almeno
cinque mesi all’estero, durante i quali seguire i corsi offerti in loco per un intero semestre e sostenere esami, che saranno poi riconosciuti
e registrati al rientro. “Chi fa domanda ha un’elevata probabilità di partire. Non c’è grande competizione. Gli studenti di Indonesiano saranno in tutta l’Università, comprese le varie annualità di frequenza, circa 50, ma recentemente – benché sia un settore di nicchia – sono aumentati”. Di notevole importanza è il contributo concesso all’Università napoletana da parte del governo indonesiano che invia a proprie spese docenti madrelingua per integrare le lezioni classiche di Lingua e Letteratura con le ore di lettorato. Negli ultimi mesi, alle lezioni tenute dalla dott.ssa Evi Nurcahyani, da parecchio tempo qui in Italia, si sono affiancate quelle del nuovo lettore, Bambang Kartono. Un’occasione preziosa quella dei soggiorni di formazione anche per
studiare le lingue e culture locali coltivando il sogno di diventare esperti italiani di Indonesia. “In Italia sono pochissimi gli specialisti che si occupano di Sud-Est Asiatico e ancor meno sono i traduttori, se si considerano i risultati delle ricerche nonché delle relazioni bilaterali nel resto dell’Asia, in Australia, Russia e America”. Un aspetto alquanto demotivante, di cui invece va colto il lato positivo: le prospettive occupazionali sono piuttosto promettenti in svariati campi. Perché l’indonesiano è una risorsa da non sottovalutare? “È una lingua parlata da oltre 260 milioni di persone il cui studio consente, inoltre, di vagliare ulteriori ambiti di ricerca floridissimi: quello delle minoranze etno-linguistiche del Borneo, quello filologico dei manoscritti sumatrani, o ancora
la produzione letteraria”. Merita un’ultima riflessione un dato spesso trascurato: “L’Indonesia è il Paese islamico più grande al mondo per numero di credenti”. Se è vero che si sente continuamente parlare di Islam nell’area Mediterranea, risulta sconosciuto “questo Islam eterogeneo e moderato di cui sarebbe altresì interessante per i nostri studenti – e i numerosi arabisti – indagare gli orientamenti e sviluppi futuri”.
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