Impegnato nella ricerca e nella produzione o nel marketing e nella strategia, magari dopo un dottorato di ricerca o un Master in Business Administration, alle dipendenze di una multinazionale o, in qualche caso, consulente. E, soprattutto, con sede di lavoro nel nord Italia. E’ questo il prevedibile futuro lavorativo di una buona parte dei giovani che si laureano nelle facoltà di Farmacia e Chimica e tecnologie farmaceutiche.
E’ quel che è emerso da “Facoltà di Farmacia e mondo del lavoro: prospettive professionali”, convegno di orientamento che si è tenuto sabato 25 marzo alla facoltà di Farmacia, organizzato da Vincenzo Palermo, Ignazio Milillo, Vincenzo Sollo e Salvatore Foglia della Confederazione degli Studenti in collaborazione con Agifar Napoli, pensato come una tappa di presentazione per una serie di incontri futuri che in maniera dettagliata andranno a evidenziare nuovi ipotetici ambiti professionali che il laureato in scienze farmaceutiche potrebbe andare a ricoprire.
Se, dunque, fino al recente passato, lo sbocco lavorativo naturale dei laureati in Farmacia era l’ingresso in farmacie pubbliche o private, come titolare o collaboratore, o nell’informazione medico scientifica, settore sempre più saturo, oggi le prospettive di lavoro sono altrove. I salti mortali sulla nuova riforma per aumentare il numero di sedi farmaceutiche, sembrerebbero infatti una goccia nel mare visto il crescente numero ormai esponenziale degli iscritti alla Facoltà.
“Non basta pensare di fare fette più piccole della torta Farmacia ma bisognerebbe pensare a ricette per nuove torte” è la metafora culinaria che meglio sembra sintetizzare gli obiettivi del convegno.
Crescono, infatti, le possibilità di trovare occupazione in importanti divisioni delle multinazionali del farmaco alle quali, fino a ieri, accedeva solo una piccola percentuale di neo dottori.
“L’evoluzione della professione è in atto – dichiara Alfredo Procaccini, presidente della Federazione nazionale giovani farmacisti – l’affascinante figura del farmacista di un tempo non c’è più, e le università non possono restare ferme, ma si devono adattare alle esigenze di nuove figure professionali”.
Limitate però sono le prospettive di lavoro al sud, se si tiene presente che, come ha spiegato Carlo Ranaudo della Glaxo Wellcome, in Campania c’è appena il 2% dei laureati occupati nell’industria farmaceutica, e soprattutto nel campo della distribuzione. In Campania, inoltre, sono solo 6 i laureati addetti alla ricerca farmaceutica, per un budget di spesa complessivo di appena 500 milioni di lire. Chi, insomma, volesse diventare ricercatore, o essere assunto in uno dei profili professionali emergenti (product manager, clinical monitor, account, o al controllo di qualità), oltre all’inglese e magari ad un Master in Business Administration, deve essere pronto a fare le valigie e raggiungere le sedi delle grandi multinazionali.
E’ quel che è emerso da “Facoltà di Farmacia e mondo del lavoro: prospettive professionali”, convegno di orientamento che si è tenuto sabato 25 marzo alla facoltà di Farmacia, organizzato da Vincenzo Palermo, Ignazio Milillo, Vincenzo Sollo e Salvatore Foglia della Confederazione degli Studenti in collaborazione con Agifar Napoli, pensato come una tappa di presentazione per una serie di incontri futuri che in maniera dettagliata andranno a evidenziare nuovi ipotetici ambiti professionali che il laureato in scienze farmaceutiche potrebbe andare a ricoprire.
Se, dunque, fino al recente passato, lo sbocco lavorativo naturale dei laureati in Farmacia era l’ingresso in farmacie pubbliche o private, come titolare o collaboratore, o nell’informazione medico scientifica, settore sempre più saturo, oggi le prospettive di lavoro sono altrove. I salti mortali sulla nuova riforma per aumentare il numero di sedi farmaceutiche, sembrerebbero infatti una goccia nel mare visto il crescente numero ormai esponenziale degli iscritti alla Facoltà.
“Non basta pensare di fare fette più piccole della torta Farmacia ma bisognerebbe pensare a ricette per nuove torte” è la metafora culinaria che meglio sembra sintetizzare gli obiettivi del convegno.
Crescono, infatti, le possibilità di trovare occupazione in importanti divisioni delle multinazionali del farmaco alle quali, fino a ieri, accedeva solo una piccola percentuale di neo dottori.
“L’evoluzione della professione è in atto – dichiara Alfredo Procaccini, presidente della Federazione nazionale giovani farmacisti – l’affascinante figura del farmacista di un tempo non c’è più, e le università non possono restare ferme, ma si devono adattare alle esigenze di nuove figure professionali”.
Limitate però sono le prospettive di lavoro al sud, se si tiene presente che, come ha spiegato Carlo Ranaudo della Glaxo Wellcome, in Campania c’è appena il 2% dei laureati occupati nell’industria farmaceutica, e soprattutto nel campo della distribuzione. In Campania, inoltre, sono solo 6 i laureati addetti alla ricerca farmaceutica, per un budget di spesa complessivo di appena 500 milioni di lire. Chi, insomma, volesse diventare ricercatore, o essere assunto in uno dei profili professionali emergenti (product manager, clinical monitor, account, o al controllo di qualità), oltre all’inglese e magari ad un Master in Business Administration, deve essere pronto a fare le valigie e raggiungere le sedi delle grandi multinazionali.