Latino è sempre uno scoglio

Raccontano perplessità, desideri ed ambizioni gli studenti del Dipartimento di Studi Umanistici, concordi nel chiedere più pratica durante i corsi e maggiori possibilità occupazionali post lauream, pur se appartenenti ad indirizzi diversi. Si definiscono “sfigate” quattro studentesse del primo anno di Magistrale in Filologia Moderna, perché vittime sacrificali della riforma Gelmini, che ha solo ritardato il loro ingresso nel mondo del lavoro. “Siamo le cavie di un progetto fallimentare, che ci ha visto impegnate in 45 esami alla Triennale, in quanto appartenenti a quello che viene definito Nuovo Ordinamento. Stiamo invecchiando qui dentro senza sapere che fine faremo, mentre i colleghi del Nuovissimo si laureano prima di noi, dovendo sostenere la metà degli esami”, lamenta Amanda Compagnone. La Magistrale dà loro meno problemi rispetto alla Triennale in Lettere Moderne ormai superata, ma si dicono ironicamente impegnate nel recupero crediti: “siamo abituate a ritmi incalzanti, sostenevamo quattro esami al mese ed ora oltre il danno la beffa: nonostante tutti gli esami sostenuti dobbiamo colmare ulteriori crediti in Glottologia e Latino non previsti dal nostro piano di studi per partecipare all’eventuale TFA (Tirocinio Formativo Attivo) necessario all’abilitazione per l’insegnamento”, spiega Maria Guarino. A quanto affermano, il programma di esame nel passaggio da Nuovo a Nuovissimo non si è ridotto: “studiamo sugli stessi libri dei colleghi più giovani, con la differenza che i nostri esami sono da 4 crediti, mentre i loro da 12”, afferma Cristina Catalano. Il Latino è sempre uno scoglio da superare: “ho tentato il primo esame quattro volte perché non avevo le basi, e se t’iscrivi a Lettere si dà per scontato che lo conosca già. In più, non abbiamo possibilità di seguire corsi di recupero”, continua Amanda. “Indubbiamente gli esami di latino abbassano di molto la media, i docenti si rifiutano di darti il 18 per cui preferiscono comunque non farti passare”, aggiunge Cristina. Ha avuto invece una brutta esperienza con l’esame di Storia Romana Carmela Di Palo: “il prof. Eliodoro Savino non ti mette di sicuro a tuo agio durante la prova, chiede la materia nei minimi particolari, nonostante il manuale da cui studiamo sia infinitamente lungo”, sottolinea. Le ragazze hanno perso l’entusiasmo iniziale: “se dovessi riscrivermi oggi non lo farei”, commenta Amanda. Stanno intanto conservando una quota da destinare al post lauream: “mi farò dare la dote anticipata dai miei genitori, visto che a sposarmi non ci penso proprio con questa situazione lavorativa precaria. I Master che ti permettono un inserimento nel settore delle Risorse Umane o Giornalismo non costano meno di 20 mila euro e non si trovano qui a Napoli”.
Gli studenti al primo anno di Filosofia sono quasi tutti orientati verso l’insegnamento, entusiasti dei corsi, meno delle strutture: “mi appassionano la Filosofia Morale e le Dottrine Politiche, perché dimostrano l’applicazione della Filosofia alla vita”, afferma Marco. Seguono in 80 nelle aule Aliotta e Franchini: “sono un po’ piccole per contenerci tutti, ma il lato positivo è che c’è un grande affiatamento tra di noi, poiché viviamo l’Università come fossimo una classe”, informa Tiziana. Anche Gioacchino e Luca D’Errico sono dello stesso parere: “paghiamo tasse per servizi scarsi, come aule senza microfoni e sedie spesso rotte”. Più sessioni d’esame è una delle richieste: “abbiamo poco tempo per studiare per gli esami di gennaio e febbraio, per cui vorremmo anche le sessioni di aprile e novembre, che sono già state concesse ai fuoricorso”, fa presente Giuseppe Giobbe. I ragazzi stendono un profilo tipo dello studente di Filosofia: “è interessato agli argomenti più diversi perché ha sete di conoscenza, è curioso, ha sempre un libro nello zaino, una mentalità aperta e non è interessato ai soldi”, descrive Alessandro De Lucia. Nessuno degli intervistati proviene da famiglie ricche, né ha brama di denaro: “i giuristi e gli ingegneri ci deridono, svalutando la nostra professione. Noi non siamo qui solo per guadagnare, ma per avere indipendenza morale e capacità di giudizio”, continua il ragazzo. Christian De Luca illustra le possibilità occupazionali di cui è a conoscenza: “voglio fare l’insegnante, ma so che possiamo impiegarci anche nel settore reclutamento delle aziende. Abbiamo una formazione che spazia dalla Storia alla Psicologia, siamo completi perché abituati a pensare”.
Storia, più 
manuali che fonti
Anche al terzo anno di Storia dell’Arte si soffre in aule molto strette o lontane fra loro: “a via Marina seguiamo in A3 e A6, inadeguate a contenerci. I nostri corsi si tengono anche nelle sedi di via Mezzocannone e nell’Aula Invalidi di via dei Fiorentini. Dobbiamo pertanto spostarci nella stessa giornata da un punto all’altro della città”, sostiene Tiziana Esposito. La collega Enrica Alifano denuncia la mancanza di attività pratiche interne al Corso di Studi: “abbiamo solo la possibilità di seguire due mesi di tirocinio in strutture diverse, ma è poco. Gli archeologi partecipano a più iniziative, come ‘Un sabato notte al museo’ dove s’improvvisano guide turistiche, cosa che a noi non è stato proposto. Vorremmo collaborare con musei e seguire seminari inerenti al nostro ambito di studi, ma non ci danno la possibilità di farlo”. Per Giulia Beatrice la Magistrale offre una scelta limitata: “puoi optare per l’indirizzo artistico o quello archeologico, secondo me è un ambito troppo ristretto rispetto al nostro curriculum, perciò penso che non proseguirò qui dopo la Triennale”. 
Valentina Vittoria Mancini trova le stesse difficoltà pur seguendo il secondo anno di Archeologia e Storia delle Arti: “il nostro approccio al primo anno è molto generico, non ci sono materie finalizzate ad una specializzazione in un determinato campo, come il Diritto o la Filologia, che conferiscono competenze specifiche per eventuali concorsi. Sostituirei volentieri Filologia Bizantina (che a mio avviso ha un raggio d’azione limitato) con uno di questi esami”.
A Storia due sono i problemi fondamentali toccati dallo studente del terzo anno Riccardo Ruggiero: “l’approccio troppo manualistico, che non ci permette di analizzare direttamente la fonte, ci abitua ad acquisire notizie già elaborate da altri, per cui non sei in grado d’interpretare un documento, quadro o manoscritto, senza prima averne letto il commento”. Il secondo punto critico riguarda la Magistrale: “accorpando da poco l’ambito medievalistico con quello rinascimentale per mancanza di fondi, molti di noi non hanno più la possibilità di specializzarsi in ciò che desiderano. A me interessa infatti il Medioevo e non posso approfondirlo come vorrei, perciò lo farò altrove”.
Allegra Taglialatela
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