Laurea honoris causa in Medicina a Suor Julia

Una vita spesa alla ricerca del benessere di tutti gli individui, con particolare riguardo verso i più poveri e i più deboli. E’ la storia di Julia Aguiar, suora francescana missionaria, 59 anni, spagnola, studi in Medicina, che da oltre trent’anni vive e lavora nel piccolo Stato africano di Benin, dedicandosi alla cura dell’ulcera di Buruli. Si tratta di una malattia non molto nota, per certi versi simile alla lebbra, diffusa soprattutto tra i bambini al di sotto dei quindici anni di età. E’ proprio grazie alle importanti scoperte relative a questa patologia che l’Università Federico II le ha conferito la Laurea Honoris Causa. Ed è la prima volta che un Ateneo italiano conferisce il titolo di dottore ad una religiosa.
La cerimonia si è svolta il 6 ottobre nell’Aula Magna della Facoltà di Medicina, gremita di docenti e studenti, tutti visibilmente emozionati alle testimonianze della suora, che, con un linguaggio semplice e accattivante, ha descritto gli aspetti della malattia e le tecniche terapeutiche di cui si avvale con i suoi collaboratori. “L’essenzialità del lavoro svolto al servizio dei bisognosi, insieme alle conoscenze acquisite negli anni da Suor Julia, ne fanno uno dei massimi esperti al mondo nel campo di una patologia così poco conosciuta. Per questo motivo è con grande orgoglio che il nostro Ateneo le conferisce il titolo di dottore in Medicina”, ha detto il Rettore Guido Trombetti nell’introdurre la cerimonia, sottolineando quanto sia importante la crescita della qualità dell’esistenza, in particolare sul versante della sanità nei Paesi in via di sviluppo. “Bisogna tenere presente che le condizioni di vita di una piccola regione africana non permettono un lavoro agevole. Innanzitutto per le condizioni geografiche: a volte, l’ospedale più vicino si trova a 120 km, che tradotto in termini pratici vuol dire quasi due giorni di cammino. Detto questo, è facile immaginare come casi clinici urgenti e piuttosto gravi spesso non possano essere affrontati in maniera adeguata. Inoltre, bisogna fare i conti con le pratiche animistiche locali, nella maggior parte delle volte in contrasto con la scienza medica. L’ulcera di Buruli è una patologia che, se diagnosticata tempestivamente, può essere curata e guarita”, spiega il prof. Enrico Di Salvo, docente di Chirurgia Generale e Direttore del C.I.R.B. (Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica), anche lui collaboratore di Suor Julia in Benin, che ha proposto la candidatura per il conferimento della Laurea  Honoris Causa e ne ha tenuto la Laudatio Academica, descrivendo i punti essenziali della sua opera. Se oggi in Benin esiste il Centro Gbemontin, considerato dall’OMS come ‘riferimento indiscutibile sull’ulcera di Buruli’ è grazie al lavoro di anni. Anche i numeri danno forza alle parole pronunciate a favore di Suor Julia. Ogni anno sono circa 400 i casi affrontati. Sono stati creati oltre 150 posti letto, con un’occupazione del 100%. Le prestazioni ambulatoriali sono più di 30mila l’anno, per un totale di 14mila bambini curati. Nel corso della sua Lectio Magistralis, Suor Julia Aguiar ha descritto l’evoluzione della malattia che può richiedere mesi, a volte anche anni, e poi ha ricordato i primi casi di ulcera di Buruli, mostrando alcune foto di piccoli pazienti, dal momento della diagnosi alla guarigione completa. “L’unica terapia efficace – racconta – consiste nell’asportazione dei tessuti, fermandosi quando si è certi di aver trovato un tessuto sano. Dopodiché, si procede con una tecnica di innesto cutaneo. Durante i primi anni avevamo a disposizione strumenti di lavoro molto rudimentali, ma questo non è stato motivo di sconforto. Il prezzo da pagare per fare questo lavoro è molto alto, ma la ricompensa è altrettanto grande. E’ questo il nostro salario quotidiano: restituire il sorriso ad un bambino e la speranza di vita alla propria madre”.
La prof.ssa Françoise Portaels, dell’Università di Anversa, che collabora con Suor Julia da quindici anni, ha sottolineato la semplicità e la forza della religiosa nell’affrontare battaglie molto dure: “Suor Julia è come il Vesuvio: è salda, ma dentro ha una grande energia in continuo fermento. Il suo lavoro è di una qualità tale che sarà difficile riprodurlo”. Il Preside della Facoltà di Medicina Giovanni Persico si è soffermato sulla grandissima umanità dimostrata dalla suora: “In lei coesistono una profonda cultura medica e un grande amore per gli altri. Non credo esista un esempio altrettanto valido da trasmettere ai nostri allievi”. 
Anna Maria Possidente
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