Plurilinguismo e integrazione, i temi ai quali è stato dedicato il XIII seminario dell’AICLU, l’Associazione Italiana Centri Linguistici Universitari, ospitato dal 9 all’11 dicembre presso la sede del Centro Linguistico di Ateneo della Federico II.
Oltre ad un pubblico di giovani e di operatori del settore linguistico, sono intervenuti, durante la tre giorni, esperti provenienti da università italiane e dal mondo delle istituzioni che hanno affrontato il problema dell’integrazione linguistica sotto diversi punti di vista e attraverso l’analisi di studi specifici.
“Il tema che abbiamo deciso di affrontare in questa edizione ci è parso particolarmente rilevante – spiega la prof.ssa Annamaria Lamarra, Direttore del CLA Federico II – perché nel nostro Paese ci si trova ormai di fronte ad una realtà di immigrazione stanziale che richiede un processo di integrazione linguistica. Né la scuola né l’università possono esimersi dal porsi il problema della trasmissione dei saperi. Inoltre, l’argomento è quanto mai attuale in questo frangente della vita politica, quando il tema delle classi ponte accende il dibattito istituzionale”.
Sono diverse, dunque, le questioni legate all’integrazione linguistica e se dal seminario sono emersi alcuni spunti di risposta, sono altrettante le problematiche sorte proprio dagli interventi degli esperti. Tanto che, commenta Lamarra “occorrerebbe un altro convegno per rispondere ad ognuna”.
L’immigrazione è relativamente recente in Italia, ed in particolare nel Sud, così “sono tante le prospettive che si stanno aprendo, perché ci troviamo di fronte ad una tematica nuova che pone problemi ma apre anche strade inaspettate”, aggiunge la direttrice del CLA. Per questo il convegno si è sviluppato sia sul piano internazionale –l’alveo naturale della problematica linguistica- che su quello territoriale – la situazione regionale, ad esempio un’indagine di Barbara Haeussinger de L’Orientale, sul bilinguismo nelle famiglie campane. “L’elaborazione dei dati raccolti- spiega Haeussinger- dovrà contribuire a chiarire il ruolo delle diverse strategie linguistiche educative e degli atteggiamenti culturali nel processo di apprendimento bilingue. L’analisi potrà costituire un’utile base per sviluppare una politica culturale a livello regionale, che tenga conto della realtà del territorio”. “Per questo abbiamo chiamato ad intervenire anche l’Assessore alla Pace, Immigrazione e Cooperazione Internazionale della Provincia di Napoli, Isadora D’Aimmo – continua Lamarra- E’ importante studiare la ricaduta di una forte presenza di immigrati su un territorio come quello napoletano ed iniziare a creare un rapporto proprio tra Università e realtà locali”.
Se le lingue entrano sempre con più prepotenza nella vita quotidiana, l’integrazione e la trasmissione dei saperi aprono anche nuove prospettive occupazionali, richiedendo figure sempre più specializzate non solo nell’insegnamento dell’italiano per stranieri, ma anche per l’apprendimento dell’inglese o di altre lingue legate a specifiche figure professionali. “Sono tante le problematiche aperte. Come insegnare l’italiano? Come formare la classe docente? Ma anche, quanto è importante per un ingegnere o un medico conoscere l’inglese tecnico? Tutti questi aspetti aprono, dunque, anche nuovi sbocchi occupazionali per gli insegnanti di lingue e proprio quella dell’italiano come lingua straniera rientra tra le nuovi classi di concorso. Inoltre, la figura del mediatore culturale, non ancora sufficientemente valorizzata si presta ad altri interrogativi: come si preparano queste figure? Come l’Università può interagire con questa problematica? E cosa il CLA in particolare? Come risponde l’Università pubblica?”.
Allora, come ha sottolineato nel suo intervento Massimo Vedovelli (Università di Siena per Stranieri), bisogna contrastare quella tradizione culturale tutta italiana che ha sempre visto nella moltiplicazione linguistica un problema e non una risorsa, aprendosi alle nuove potenzialità.
Valentina Orellana
Oltre ad un pubblico di giovani e di operatori del settore linguistico, sono intervenuti, durante la tre giorni, esperti provenienti da università italiane e dal mondo delle istituzioni che hanno affrontato il problema dell’integrazione linguistica sotto diversi punti di vista e attraverso l’analisi di studi specifici.
“Il tema che abbiamo deciso di affrontare in questa edizione ci è parso particolarmente rilevante – spiega la prof.ssa Annamaria Lamarra, Direttore del CLA Federico II – perché nel nostro Paese ci si trova ormai di fronte ad una realtà di immigrazione stanziale che richiede un processo di integrazione linguistica. Né la scuola né l’università possono esimersi dal porsi il problema della trasmissione dei saperi. Inoltre, l’argomento è quanto mai attuale in questo frangente della vita politica, quando il tema delle classi ponte accende il dibattito istituzionale”.
Sono diverse, dunque, le questioni legate all’integrazione linguistica e se dal seminario sono emersi alcuni spunti di risposta, sono altrettante le problematiche sorte proprio dagli interventi degli esperti. Tanto che, commenta Lamarra “occorrerebbe un altro convegno per rispondere ad ognuna”.
L’immigrazione è relativamente recente in Italia, ed in particolare nel Sud, così “sono tante le prospettive che si stanno aprendo, perché ci troviamo di fronte ad una tematica nuova che pone problemi ma apre anche strade inaspettate”, aggiunge la direttrice del CLA. Per questo il convegno si è sviluppato sia sul piano internazionale –l’alveo naturale della problematica linguistica- che su quello territoriale – la situazione regionale, ad esempio un’indagine di Barbara Haeussinger de L’Orientale, sul bilinguismo nelle famiglie campane. “L’elaborazione dei dati raccolti- spiega Haeussinger- dovrà contribuire a chiarire il ruolo delle diverse strategie linguistiche educative e degli atteggiamenti culturali nel processo di apprendimento bilingue. L’analisi potrà costituire un’utile base per sviluppare una politica culturale a livello regionale, che tenga conto della realtà del territorio”. “Per questo abbiamo chiamato ad intervenire anche l’Assessore alla Pace, Immigrazione e Cooperazione Internazionale della Provincia di Napoli, Isadora D’Aimmo – continua Lamarra- E’ importante studiare la ricaduta di una forte presenza di immigrati su un territorio come quello napoletano ed iniziare a creare un rapporto proprio tra Università e realtà locali”.
Se le lingue entrano sempre con più prepotenza nella vita quotidiana, l’integrazione e la trasmissione dei saperi aprono anche nuove prospettive occupazionali, richiedendo figure sempre più specializzate non solo nell’insegnamento dell’italiano per stranieri, ma anche per l’apprendimento dell’inglese o di altre lingue legate a specifiche figure professionali. “Sono tante le problematiche aperte. Come insegnare l’italiano? Come formare la classe docente? Ma anche, quanto è importante per un ingegnere o un medico conoscere l’inglese tecnico? Tutti questi aspetti aprono, dunque, anche nuovi sbocchi occupazionali per gli insegnanti di lingue e proprio quella dell’italiano come lingua straniera rientra tra le nuovi classi di concorso. Inoltre, la figura del mediatore culturale, non ancora sufficientemente valorizzata si presta ad altri interrogativi: come si preparano queste figure? Come l’Università può interagire con questa problematica? E cosa il CLA in particolare? Come risponde l’Università pubblica?”.
Allora, come ha sottolineato nel suo intervento Massimo Vedovelli (Università di Siena per Stranieri), bisogna contrastare quella tradizione culturale tutta italiana che ha sempre visto nella moltiplicazione linguistica un problema e non una risorsa, aprendosi alle nuove potenzialità.
Valentina Orellana