Marinella, il re delle cravatte, racconta la sua storia imprenditoriale agli aspiranti economisti

Toccare con mano cosa significhi essere imprenditore in Campania: l’obiettivo dell’incontro che ha visto la testimonianza del dott. Maurizio Marinella, il re delle cravatte, in occasione della giornata di orientamento organizzata dalla Facoltà di Economia il 7 febbraio. Un centinaio di aspiranti economisti provenienti da diversi istituti superiori della città ha assistito all’evento. “La prerogativa di un maestro del lavoro è quella di accompagnare i giovani verso il loro futuro lavorativo”, ha ricordato, in apertura, il dott. Mauro Nemesio Rossi, Presidente del Centro Studi ed Alta Formazione (CeSAF) Maestri del Lavoro. In un territorio difficile come quello del Sud Italia, inevitabile la necessità di “un’impresa sana, che lavori nella legalità. Il cosiddetto modello Caserta, che in ambito giudiziario ha visto la sinergia tra tutte le istituzioni, dovrebbe essere attuato anche nel mondo dell’imprenditorialità e dell’Università, una risorsa di inestimabile valore”. Idea condivisa dalla prof.ssa Monica Ferrandini, membro del CeSAf ed insegnante presso l’ITC Terra di Lavoro di Caserta, che parla di “amore incondizionato per lo studio, poichè qualifica ed aggiunge valore alla vita”. 
Poi la storia di una sfida che coinvolge la famiglia Marinella da tre generazioni. Il “miracolo” ha inizio nel 1914 quando Eugenio Marinella, nonno di Maurizio, decide di dar vita ad un piccolo angolo d’Inghilterra a Napoli, importando grandi firme inglesi e affiancando due laboratori propri di camicie e cravatte. Il punto di svolta arriva nel secondo dopoguerra, quando Eugenio non può più importare prodotti inglesi ed è “costretto” a concentrarsi sulla produzione in proprio. “Matilde Serao paragonò il nostro negozio ad una farmacia di paese, perché rappresentava un vero e proprio punto d’incontro per i cittadini – racconta Marinella – Nonostante tutto, durante la mia infanzia non amavo particolarmente quel posto, perché, come diceva mio nonno, dovevo rimanere in un angolo e limitarmi a respirare l’atmosfera. A 12 anni iniziai a fare delle consegne e a racimolare un po’ di mance; le cose cambiarono a 16 anni, quando, su mio suggerimento, furono ordinati dei pullover azzurri e gialli che risultarono poi i colori più venduti; fu una piccola soddisfazione ma di valore per me inestimabile”. Numerosissimi i clienti che hanno contribuito a fare di “E. Marinella” uno dei marchi più ammirati nel mondo: “feci la mia prima consegna a 18 anni, al commendator Pietro Barilla, che ordinò 70 cravatte e mi riempì l’automobile di dolci e biscotti. La seconda fu per Giulio Andreotti e lì conobbi il Presidente Cossiga, un vero e proprio ambasciatore per il marchio, in quanto, durante le sue visite ufficiali, iniziò a regalare ai capi di Stato che incontrava un cofanetto contenente 6 nostre cravatte. Da allora abbiamo incravattato personaggi come Kennedy, tutti i presidenti degli USA, Gorbaciov, Visconti, Putin, Carlo d’Inghilterra, Craxi fino a D’Alema, Napolitano e Berlusconi, proprio a testimonianza del fatto che la cravatta non sta né a destra, né a sinistra, ma è l’indumento più di centro che possa esistere”. Le difficoltà: “Portare avanti un’attività artigianale oggi è apocalittico. A Napoli ci sono molti poli d’eccellenza che se non sostenuti sono destinati a fallire. In via Camerelle a Capri, ai miei tempi c’erano negozi di alto artigianato, che oggi sono stati sostituiti dagli stessi negozi d’alta moda che si trovano a Londra e Milano. Ho ripetutamente proposto all’ex Ministro Scajola di aprire a Napoli una Università degli antichi sapori e raccogliere in una strada del centro tutti i lustri artigianali della città, dai presepi alle cravatte, alla mozzarella”. Urge quindi intervenire perché i giovani non continuino a vedere in questo tipo di attività qualcosa di degradante. Nonostante i due laboratori artigianali dell’azienda producano a piena ritmo e gli operai altamente specializzati godano di alti stipendi, pasti quotidiani forniti dai migliori ristoranti della città e soggiorni gratis regalati dall’azienda, c’è carenza di personale. “Mi piacerebbe invitare una delegazione di studenti in visita ai nostri laboratori, dove tra le altre cose facciamo anche lezioni di nodo una volta a settimana – dice Marinella – Purtroppo oggi sembra che per un ragazzo sia più qualificante ammazzarsi di lavoro in un call center che cucire camicie. E’ un problema che vivo in prima persona con mio figlio, cui non sono ancora riuscito a trasmettere l’amore per questa professione”. Un amore che col tempo per Marinella è diventato quasi ‘filiale’. “Nel 2001 mi furono offerti 100 miliardi di lire per vendere la mia azienda. Combattuto sul da farsi, vissi una settimana di notti insonni, ma alla fine rifiutai. Sei mesi fa, mi sono stati offerti 120 milioni di euro da un gruppo indiano e stavolta non ci ho messo molto per dire no: non potrei mai separarmi dalla mia attività”. Con una filiale aperta a Londra nel 2011, una gamma di prodotti che è arrivata ad abbracciare anche foulard e orologi, e la possibilità di essere fornitori per le cravatte ai Giochi olimpici del 2012, il “miracolo” Marinella non si è arrestato, ma registra trend sempre positivi. E la popolarità non è da meno. Una società di comunicazione americana, sbarcata a Napoli per intervistare un campione di persone su quale fosse il simbolo della città, ha sorprendentemente piazzato il marchio “E. Marinella” al terzo posto, dietro Maradona e Totò e prima, addirittura, di San Gennaro! Qual è il segreto di tanto successo? “Invitato ad una conferenza presso la Bocconi, ho spiegato agli studenti che non effettuiamo vendite on-line. I professori di Marketing e Strategie erano chiaramente disperati perché faccio il contrario di quello che loro insegnano a lezione, ottenendo risultati eccezionali. L’unico vero segreto della ‘E. Marinella’ è mantenere un contatto con i propri clienti. Ogni mattina apriamo alle 6 e si respira ancora quell’aria di farmacia di paese come ai tempi di mio nonno; offriamo la colazione ai nostri clienti e parliamo con loro”. Non importa quindi se non si è Barilla e non si comprano 60 cravatte: in quei 20 metri quadri tutti i clienti sono trattati allo stesso modo. 
In chiusura, la parola va al prof. Enrico Bonetti, docente di Marketing, che ha illustrato agli studenti l’offerta formativa che in un futuro più immediato riguarderà i presenti in sala. E chissà se, per qualcuno di loro, si ripeterà il “miracolo”.
Anna Verrillo
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