È tradizionalmente la materia che raccoglie minori consensi. La Matematica, croce e delizia degli studenti di tutte le età, apre un ciclo di approfondimenti sulle materie del primo anno alla Facoltà di Economia. Metodo, esercitazione e dimostrazione rigorosa di ogni passaggio, sono questi i principi fondamentali della disciplina. In teoria non dovrebbe essere difficile seguire gli sviluppi di una materia basata su principi logici sequenziali. In pratica tanti, troppi studenti, ogni anno cadono vittime dei numeri. Talvolta animati da preconcetti e pregiudizi, altre volte, invece, messi in difficoltà da lacune pregresse, sulle quali a scuola nessuno è riuscito ad intervenire in maniera radicale. Fatto sta, dopo solo un mese di corso, tanti ragazzi durante le lezioni di Matematica restano fuori dall’aula, ma non a perdere tempo. Contrariamente a quanto si potrebbe malignare, molti studiano, raccolti in piccoli gruppi, ripassando gli stessi argomenti della lezione, cercando un proprio metodo, un proprio orientamento. “La Matematica si segue a tratti”, dicono Marco De Filippis e Giuseppe De Lillo, primo anno di Economia Aziendale, che confessano: “la difficoltà maggiore è capire il professore. Prescinde dalla pura teoria e fa esempi difficili. Solo a fine lezione capisci dove voleva arrivare, ma non devi perdere un solo passaggio, altrimenti è la fine. L’assistente, invece, è più pratica. Stiamo studiando integrando le conoscenze del liceo, utilizzando i libri di scuola”. Giuseppe ha studiato per un anno ad Ingegneria Aerospaziale: “non mi piaceva, però riuscivo a seguire il discorso che faceva la professoressa a lezione meglio di quanto non accada qui”. “Vengo dal liceo scientifico e la preparazione di base mi è di aiuto, ma non so come spiegarlo in maniera completamente diversa. Una volta ho discusso con l’esercitatrice, perché avrei risolto un esercizio in maniera diversa, con minori passaggi. Un po’ tutti stiamo riscontrando problemi nella comprensione delle spiegazioni. Preferisco leggere il libro, è più semplice, enuncia il teorema e fa la dimostrazione. La lezione è invece molto discorsiva e se perdi una sola parola non ti ritrovi più”, racconta Laura Cocozza. Francesco Cirillo, iscritto ad Economia Aziendale dopo aver tentato i test di altre Facoltà, è più sereno: “Mi trovo bene, non ho particolari problemi, ma questa è una materia che richiede costanza ed esercizio. Le lezioni sono difficili, ma l’assistente è molto in gamba e grazie a lui riesco a fare gli esercizi”. Complici i ritardi di inizio anno, il programma è già molto avanzato, si toccano argomenti che si studiano in Analisi e le basi di partenza, citate praticamente da tutti gli studenti, rappresentano il primo elemento di valutazione del proprio impatto universitario. “Tutto sta a capire le differenze con la scuola”, commenta Monica Cirillo. Per alcuni, invece, non c’è proprio verso. “Forse è una mia fissazione, ma non mi piace proprio. Se mi applico riesco anche a fare gli esercizi ma studio comunque sforzandomi molto – confessa Giuseppe Verdino, matricola ad Economia Aziendale – Seguo il professore e faccio qualche esercizio a casa. Fino ad ora sono riuscito a tenermi al passo, ma studio dal libro del liceo, più semplice e chiaro, perché gli argomenti che stiamo affrontando si trattano all’ultimo anno dello scientifico. Credo che il libro che ci hanno consigliato non serva proprio, è troppo discorsivo”. “Non so che dirti, è una materia che odio. La studio perché sono costretta ma ci sono argomenti che non riesco a capire”, si sfoga Maria Martucci. In tanti ricorrono ai vecchi libri di scuola, più schematici e familiari, e c’è chi non si vergogna di confessare di essersi rivolto ad un professore privato, come Ilaria Castaldi, primo anno di Economia Aziendale: “vengo dal liceo scientifico, ma non ci capisco niente. È tutto molto diverso, dal metodo alle applicazioni, eppure la materia dovrebbe essere la stessa per tutti. Per questo seguo delle lezioni private”. Maria del Prete, invece, viene dal liceo classico: “quindi avevo già problemi per conto mio”. Anche lei si è rivolta ad un docente privato. Ma le cose non sono così nere per tutti ed in tanti hanno un approccio diverso. “Se una persona ha fatto una scelta di vita e di lavoro, non si può fermare perché c’è una difficoltà, l’affronta e la supera – dice Giulia De Pascale, indicata dai colleghi come ‘una brava in Matematica’ – Ho delle buone basi, ma se non capisco qualcosa mi organizzo per studiare con altre persone”. Anche Gianfranco Terracciano, matricola ad Economia e Commercio, non è preoccupato dalla Matematica: “il corso non è difficile. Vengo dall’istituto tecnico ed ho buone basi. Quello che mi sento di consigliare è seguire i corsi e studiare. Uso poco il libro, studio per lo più dagli appunti che sono abbastanza chiari perché il professore spiega bene”. “La professoressa è bravissima, se qualcuno non riesce a stare al passo, allora deve proprio cambiare Facoltà”, commenta Michele Terraferma.
Un corso di
recupero
fino a gennaio
recupero
fino a gennaio
Per venire incontro agli studenti in difficoltà, la Facoltà ha organizzato un corso di recupero tenuto dalla prof.ssa Maria Carravetta. Iniziato ad ottobre, durerà fino a gennaio. “È una materia articolata su passi logici successivi. Così chi comincia l’università con delle lacune, non riesce ad andare avanti, anche se le lezioni sono fatte bene. Adesso, anche grazie a questo corso e alla professoressa, sto cercando di recuperare – racconta Davide, studente lavoratore iscritto al vecchio Corso di Laurea in Economia per i Mercati Finanziari che per individuare le proprie carenze ha deciso di consultare i programmi della scuola – un lavoro che richiede impegno e costanza. Senza, è facile perdersi”. “A scuola non riesci mai a colmare le tue lacune. Te le trascini dietro anno dopo anno e all’università te le ritrovi tutte quante. L’anno scorso non ce l’ho fatta e prima di arrivare al professore privato ho voluto seguire il corso di recupero”, confessa Vincenzo Consalvo, secondo anno di Economia Aziendale. “Generalmente, i ragazzi non superano lo scritto perché non riescono a passare dalla teoria all’applicazione – dice la prof.ssa Carravetta – A volte si tratta di carenze scolastiche, altre volte invece è colpa della mancata abitudine a fare esercizi. Durante il corso cerco di dare agli studenti un approccio pratico e di fare molti esempi. Alla fine si riesce a ricostruire il legame fra teoria e pratica, e gli esercizi li svolgono da soli. È importante che i ragazzi capiscano che si deve studiare man mano ciò che il docente spiega e andare a ricevimento non appena ci si accorge di non aver capito qualcosa. Se non si studia giorno per giorno, gli argomenti arretrati diventano una massa enorme”.