Molti esami, pochi appelli, incertezze sul futuro

“Il carico d’esame non è proporzionale ai crediti. Alcune materie hanno programmi lunghissimi. Il corso dura poco, a lezione si affronta un quinto del programma mentre all’esame chiedono argomenti mai toccati. Seguire, così, diventa inutile”, sostiene Fabrizio Corrado, studente di Economia Aziendale che cita degli esempi: Marketing, Strategia d’Impresa e gli esami di Diritto in generale. “Al primo anno, a Diritto Privato, che da noi è da 5 crediti, gli assistenti esigevano che studiassimo il Trabucchi, manuale che si utilizza a Giurisprudenza dove l’esame è da 15 crediti”, ricorda Fabrizio. Roberto Pinto, studente magistrale di Economia e Commercio, è invece contento perché durante la sessione speciale di aprile si è trovato molto bene: “adesso hanno stabilito una regola in base alla quale alla fine di un corso da 6 crediti si può sostenere l’esame anche se non ci sono sessioni ufficiali. E poi c’è stata una buona suddivisione fra materie giuridiche ed economiche. Anche a giugno e luglio, ho notato, le date sono ben organizzate e abbastanza distanti fra loro”. I corsi invece sono un po’ meno organizzati, ma è inevitabile: “da noi sono previsti molti esami a scelta ed è impossibile non avere accavallamenti”, conclude Roberto. “Credo che le date d’esame andrebbero posticipate un po’. Tanto in estate quanto in inverno. A volte, fra una data e l’altra dello stesso esame, non trascorrono nemmeno venti giorni. Anche a settembre dovrebbero iniziare un po’ più tardi perché sono tutte all’inizio del mese”, commenta Gennaro Camerlino, studente magistrale di Economia Aziendale, curriculum in dottore commercialista. Che aggiunge: “le sessioni straordinarie sono importantissime; volevano sopprimerle ma noi facciamo tantissimi esami e non si possono concentrare tutti nelle date ufficiali”. Alla Magistrale va molto meglio, “sia in termini di capienza delle aule che di rapporto con i professori”, sottolinea la sua collega Ilaria Di Dominico che rimpiange le vecchie lauree quadriennali: “abbiamo seguito corsi in aule affollatissime, in condizioni terribili, sostenendo trentuno esami in tre anni …ma non ci assumono”. 
Fabio Scampia studia alla triennale del Corso di Laurea in Finanza. “l’ho scelto perché offre sbocchi lavorativi in ambito bancario, un settore che mi piace. Mi trovo bene. Il Dipartimento è abbastanza ben organizzato e siamo molto seguiti. L’unica pecca è il calendario d’esami: se ti lasci indietro qualche materia capita che le date delle prove si accavallino e non si riesce a recuperare. Anche gli appelli dello stesso esame sono spesso molto ravvicinati fra loro, a volte a distanza di dieci giorni l’uno dall’altro”. Umberto Cimmino, terzo anno fuori corso di Economia Aziendale, ad aprile non ha sostenuto alcun esame, ritiene che “sarebbe preferibile qualche data in più e consentire sempre, in tutte le sessioni, di ripetere l’esame il mese successivo. In estate è possibile, ma tra gennaio e febbraio no. Una cosa che non mi è mai andata giù. Con più appelli riusciremmo a dare anche più esami: una manna per noi che dobbiamo sostenerne trenta in tre anni, più di cinque l’anno”. Ettore Di Monte è uno studente del vecchio Corso di Laurea in Diritto dell’Economia, destinato allo spegnimento in seguito all’introduzione della riforma, che lavora già come consulente. “Mi trovo benissimo in questa Facoltà. Mi piacciono l’ambiente, la serietà dei professori, il livello culturale. Seguo solo i corsi indispensabili; è difficile organizzarsi, perché gli appelli vengono spostati o può capitare che un docente si assenti senza preavviso, e per uno studente lavoratore è un danno. Anche gli appelli mi sembrano sufficienti. Non mi piace, però, che la triennale e la vecchia laurea quadriennale non siano equiparate anche se sforzo e livello sono uguali. È una presa in giro”, afferma. Anche Francesco Cuccaro è uno studente di uno dei vecchi Corsi di Laurea della prima riforma universitaria, Economia dei Mercati Finanziari, che ad aprile ha svolto la prova intermedia di Microeconomia, dice: “la Facoltà mi piace molto, un po’ meno la segreteria e tutti i servizi di tipo amministrativo”. “Questa Facoltà ha ottimi professori, ma non fa testo a livello italiano, siamo gli ultimi in tutto. Laurearsi qui dà una buona base teorica, ma a livello pratico non serve a niente. Non so cosa fare dopo, vorrei restare perché i docenti mi piacciono e li stimo, ma è inutile. Ad aprile ho sostenuto l’ultimo esame, Spagnolo. Eravamo in quattrocento, ci hanno tenuto dieci minuti a testa”, spara a zero Renato, laureando triennale di Economia Aziendale. 
Simona Pasquale 
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