In alcuni momenti si è sfiorata la standing ovation per il prof. Giuseppe Palma, assoluto protagonista della mattinata dedicata alla presentazione della Facoltà agli studenti delle ultime classi delle scuole superiori nell’ambito dell’evento Porte Aperte. Il 15 febbraio in un’Aula Coviello gremita di liceali accompagnati da parecchi docenti, il delegato all’orientamento prof. Francesco Santoni ha moderato gli interventi del presidente e del comitato direttivo della Scuola di Specializzazione per le Professioni legali, che hanno illustrato i principali sbocchi professionali cui gli studi giuridici sono rivolti. Il presidente Palma, che insegna Diritto amministrativo, ha catturato l’attenzione di tutti i presenti attirandosi applausi, sorrisi, risate ed entusiastici commenti giovanili del tipo: “è un grande!”. Un riepilogo dei passi salienti del suo discorso è d’obbligo. Punto numero uno: la scelta degli studi giuridici non deve essere residuale. “Deve essere fatta con convinzione, e non perché non si è portati per gli studi scientifici e dunque non si vuol fare il medico, il chimico, l’ingegnere e via dicendo”. Punto numero due: che la Facoltà non abbia un carattere specifico è un vantaggio. “Io dico sempre quello che penso. Voi siete avvolti in una nebulosa di facoltà specifiche che vi fanno specializzare anche sul mignolo. Ma se è vero che domani nella vita bisognerà cambiare lavoro più spesso, allora dovrete essere in grado di ampliare i vostri orizzonti con facilità, e questo ve lo consente una formazione di base di carattere generale come quella offerta dagli studi di Giurisprudenza”. Punto numero tre: il diritto ha un’importanza fondamentale per tutti noi, circonda ogni azione della nostra vita quotidiana. “Anche una società di bocciofili senza una struttura giuridica non sopravviverebbe. Oppure pensate a quanti sono i beni giuridici con cui siete venuti in contatto venendo qui all’università: i banchi su cui sedete sono beni pubblici, la strada che avete percorso stamattina è un bene pubblico…”. Dulcis in fundo, un’osservazione sulla legalità, con un suggestivo riferimento alle recenti vicende di cronaca napoletana, che hanno portato l’arcivescovo Crescenzio Sepe a invitare i giovani a deporre nelle chiese i coltelli, che troppo spesso sembrano essere un accessorio nascosto del loro abbigliamento. “La legalità non si impara né con le conferenze né con le dimostrazioni, ma solo grazie alla preparazione di ciascuno di voi. Siete giovani, avete diciotto o diciannove anni, e vi dico: nelle tasche non portate un coltello, ma un codice”. Immancabile scroscio di applausi.
Giudici, notai
ed avvocati
ed avvocati
Con un’immagine altrettanto incisiva, il prof. Palma ha introdotto gli interventi dei membri del direttivo della Scuola di Specializzazione, un magistrato, un notaio e un avvocato. “Non pensate di iscrivervi a Giurisprudenza soltanto per fare i magistrati – ha detto- il magistrato è l’equivalente del chirurgo, opera quando la gamba va in cancrena, ma noi abbiamo bisogno prima di tutto di clinici per evitare che la cancrena inizi. Non fatevi impressionare dall’auto con la sirena blu, e non pensate solo al guadagno. Quella del magistrato è una missione. Meditate, meditate…”. Il giudice Manna ha spiegato in che modo è organizzata l’amministrazione della giustizia in Italia e, a grandi linee, come si articola il concorso pubblico che si deve superare per diventare magistrato. Ha puntato l’accento sulle doti caratteriali che l’aspirante magistrato deve avere: capacità di ascolto e di sintesi per andare al cuore dei problemi senza girarci intorno. Ha fatto un’accorata raccomandazione: “cercate soprattutto di leggere dentro voi stessi, prima di iscrivervi. Se non si ama il diritto fare il giudice, l’avvocato o il notaio diventa penoso”. Dopo il magistrato è stata la volta del notaio, dott. Mazzocca. “La professione notarile è nota più che altro per i tanti luoghi comuni da cui è circondata”, ha esordito, per poi soffermarsi sulle reali, principali caratteristiche della figura del notaio. Il notaio è al contempo un pubblico ufficiale e un libero professionista, “ha il compito di garantire la certezza dei rapporti ma svolge anche una funzione di consulenza che lo porta a diventare depositario dei più intimi segreti delle persone, quasi un confessore”. Anche per diventare notaio è necessario, dopo aver svolto un periodo di praticantato presso uno studio, superare un concorso pubblico, “oggettivamente difficile, poiché per la delicatezza dei compiti che sono chiamati a svolgere, i notai devono avere un livello di preparazione estremamente elevato”. Tant’è: per superare gli scritti del concorso notarile non basta riportare la sufficienza, bisogna raggiungere almeno la media del sette. Il dott. Mazzocca ha anche accennato alla questione del numero programmato: per legge il rapporto tra il numero di notai e il numero di abitanti sul territorio è di uno a settemila. “Non c’entrano motivazioni corporativistiche, si tratta di una previsione normativa volta ad assicurare una distribuzione capillare di questi professionisti sul territorio e ad evitare la proliferazione di addetti alla funzione notarile a discapito della qualità della preparazione”. L’avvocato Ciriello ha invece iniziato il suo intervento elencando una serie di numeri. “Nel nostro Paese i notai sono appena cinquemila e i magistrati poco più di ottomila, mentre il numero di avvocati sfiora i duecentomila. Soltanto il circondario di Napoli ne conta quasi sedicimila”. La spiegazione di questo fenomeno sta probabilmente nella maggiore facilità con cui si riesce a conquistare il titolo di avvocato. Dopo un periodo di praticantato, eventualmente accompagnato dalla frequenza della scuola di specializzazione (che non è obbligatoria), si affronta un esame di abilitazione il cui superamento consente l’immediata iscrizione all’albo degli avvocati. “I percorsi che conducono alla magistratura e al notariato sono di gran lunga più difficili di quello che porta a diventare avvocato – ha ammesso Ciriello- ma ritengo in tutta umiltà che la nostra professione sia la più difficile. L’avvocato è in un certo senso un creativo, perché nell’interpretazione delle norme deve prospettare la tesi più conveniente per l’interesse che rappresenta. E poi è un professionista tenuto a confrontarsi continuamente con tutti: con il cliente, con il collega avversario e infine con il giudice”.
Sara Pepe
Sara Pepe