Paolo Caputo è un botanico sistematico il quale, dopo la laurea a Napoli in Storia Naturale, ha trascorso tre anni a New York al Lehman College, dove si è specializzato prima di tornare in Italia per lavorare come ricercatore a soli trent’anni. Dopo una lunga esperienza al Consiglio Universitario Nazionale ed in altri organismi nazionali, a quarantaquattro anni è il nuovo Presidente del Corso di Laurea in Scienze Biologiche, con 62 preferenze su 68: “una maggioranza che mi lusinga e spaventa al tempo stesso. È un segno di affettuosa fiducia da parte dei colleghi, ma anche una responsabilità, perché sono stato messo in condizione di lavorare, perciò ogni errore sarà solo mio”. Ha deciso di candidarsi per proseguire le passate esperienze di gestione. “Le ho trovate interessanti, ma l’attività del CUN è nazionale e, perciò, generale. Qualche collega mi ha chiesto di candidarmi. Ci ho pensato a lungo e alla fine mi sono reso conto c’era la possibilità di incidere in qualche misura sull’esistente”. Una sfida insomma. “Un presidente non può imporre niente ai colleghi perciò si tratta di un lavoro da portare avanti insieme”. Definisce la situazione che ha davanti ‘complessa’. “Gli spazi per grandi interventi forse non ci sono, ma c’è la possibilità di interventi mirati al miglioramento e all’ottimizzazione dei servizi rivolti agli studenti”. In primo luogo il sito docenti, che dovrà essere curato e aggiornato e poi razionalizzare i rapporti con la segreteria. “Penso ad una sorta di Carta dei diritti degli studenti, però bisognerà coordinarsi anche con gli altri Corsi di Laurea della Facoltà, perché la segreteria è unica”.
Spiega in maniera molto efficace il motivo per cui ha deciso di tornare in Italia, rifiutando un’offerta di lavoro all’estero. “Certamente la mia vita sarebbe stata radicalmente diversa, ma amo le sfide e credo non sia giusto abbandonare la nave. È certamente più facile lavorare all’estero, perché tutta una serie di servizi sono molto più facilmente reperibili, ma se tutti restano fuori, il degrado diventa una profezia autoavverante”. Il suo lavoro consiste nello studiare gli organismi vegetali usando biomolecole, in sintesi il DNA. “Oggi è la norma, ma una volta non era così”. Ha scelto questa strada perché è un appassionato dell’evoluzione. “È stimolante dal punto di vista intellettuale, descrive la variabilità, aiuta la conservazione. Se non descrivi una cosa, non sai nemmeno che esiste, puoi operare nell’ambiente in maniera scorretta e distruggere qualcosa di fondamentale per l’ecosistema, o utile per produrre nuovi farmaci”. Un lavoro simile a quello di un archeologo. “Perché come loro cerchiamo di comprendere il passato con i pochissimi indizi che troviamo nei fossili”. Sa di avere davanti a sè tre anni impegnativi, visti soprattutto i recenti provvedimenti del Governo. “Penso che se la 133 non verrà modificata decreterà infiniti ulteriori problemi. Dalla trasmissione della conoscenza, che provocherà una forte riduzione della biodiversità culturale, ai servizi. Gli studenti avranno aule meno pulite, biblioteche meno aperte, rete informatica, che nel nostro Ateneo è ottima, meno efficace”.
Spiega in maniera molto efficace il motivo per cui ha deciso di tornare in Italia, rifiutando un’offerta di lavoro all’estero. “Certamente la mia vita sarebbe stata radicalmente diversa, ma amo le sfide e credo non sia giusto abbandonare la nave. È certamente più facile lavorare all’estero, perché tutta una serie di servizi sono molto più facilmente reperibili, ma se tutti restano fuori, il degrado diventa una profezia autoavverante”. Il suo lavoro consiste nello studiare gli organismi vegetali usando biomolecole, in sintesi il DNA. “Oggi è la norma, ma una volta non era così”. Ha scelto questa strada perché è un appassionato dell’evoluzione. “È stimolante dal punto di vista intellettuale, descrive la variabilità, aiuta la conservazione. Se non descrivi una cosa, non sai nemmeno che esiste, puoi operare nell’ambiente in maniera scorretta e distruggere qualcosa di fondamentale per l’ecosistema, o utile per produrre nuovi farmaci”. Un lavoro simile a quello di un archeologo. “Perché come loro cerchiamo di comprendere il passato con i pochissimi indizi che troviamo nei fossili”. Sa di avere davanti a sè tre anni impegnativi, visti soprattutto i recenti provvedimenti del Governo. “Penso che se la 133 non verrà modificata decreterà infiniti ulteriori problemi. Dalla trasmissione della conoscenza, che provocherà una forte riduzione della biodiversità culturale, ai servizi. Gli studenti avranno aule meno pulite, biblioteche meno aperte, rete informatica, che nel nostro Ateneo è ottima, meno efficace”.