Si terranno prima dell’estate le elezioni del nuovo Preside a Giurisprudenza. L’esito pare scontato: un secondo mandato per il prof. Michele Scudiero, vicePresidente del CUN prima di assumere la guida della Facoltà fridericiana. Esperienza di lungo corso nelle funzioni istituzionali che contano. Ma la Presidenza di una Facoltà affollata e importante come quella di Giurisprudenza alla Federico II è cosa non semplice, richiede attenzione e sensibilità per i problemi degli studenti. Di cosa hanno bisogno oggi i ragazzi? Quali sono le loro esigenze, quali cambiamenti si attendono per il prossimo futuro? Glielo abbiamo chiesto e dalle loro risposte è emersa ancora una volta una netta differenza tra le priorità degli studenti del vecchio e quelli del nuovo ordinamento. I più giovani non hanno le idee molto chiare sul ruolo che il Preside è chiamato a svolgere, pensano che Giurisprudenza sia bella così com’è e che, ora come ora, la Facoltà abbia come unico neo la scarsità del numero di appelli. “Un maggior numero di appelli darebbe più possibilità di scelta”, dicono Giuseppe e Antonio, iscritti al secondo anno di Scienze giuridiche, “a parte questo, rispetto alle altre Facoltà stiamo bene”. Sedute come Giuseppe e Antonio, ad un tavolino della buvette al secondo piano della sede di via Porta di Massa, Valentina Stellano e Veronica Ucci, matricole, dicono di non avere particolari lamentele. “Non sappiamo cosa dovrebbe fare il Preside per migliorare la vivibilità qui dentro”, dicono, “le strutture sono buone, i ragazzi delle altre Facoltà ci invidiano. Forse i professori a volte sono troppo severi, bisognerebbe vigilare di più sui loro comportamenti”. Giampaolo Bertoni, iscritto al secondo anno, vorrebbe qualche aula studio in più: “siamo in tanti e le aule studio sono sempre troppo affollate”. Anche lui ritiene che debba esserci maggiore controllo sul comportamento dei docenti: “troppo spesso è difficile trovarli in dipartimento”. Genny e Luca sono dello stesso avviso, “i professori dovrebbero essere più puntuali nel rispettare gli orari di ricevimento. I nostri docenti in genere non sono molto avvicinabili”. Tutte queste riflessioni sono però accompagnate da un dubbio: il Preside può fare davvero qualcosa per risolvere queste anomalie? In che modo potrebbe intervenire? Vada per l’aumento degli appelli d’esame e delle aule studio, ma sulla possibilità di influire sull’atteggiamento dei professori gli studenti sono perplessi.
Quelli che non hanno alcun dubbio su ciò che il Preside potrà e dovrà fare sono invece i ragazzi del vecchio ordinamento, piuttosto arrabbiati: cercano aiuto disperatamente. Vogliono uscire dall’università, sono stremati. “Vogliamo essere seguiti di più, vogliamo più appelli d’esame e corsi organizzati per noi”, dicono. Parla Lucia: “i fuori corso sono ancora la parte più numerosa degli iscritti a Giurisprudenza, non si può far finta di nulla. Da quando è entrata in vigore la riforma per noi sono stati solo dolori. Chiediamo al Preside delle agevolazioni, dobbiamo laurearci”. Una richiesta impertinente? “Niente affatto”, interviene Salvatore, anche lui fuori corso, “se siamo rimasti indietro non è solo per colpa nostra. Non bisogna dimenticare quello che è successo negli ultimi anni, quando i corsi venivano compattati a dispetto dei nostri programmi rimasti invariati, pesanti come un tempo. Oramai possiamo solo arrangiarci seguendo lezioni e seminari tagliati su altri programmi”.
Il punto d’unione tra il vecchio e il nuovo ordinamento è uno soltanto: il malcontento per il numero ridotto degli appelli d’esame. Se gli studenti di Scienze giuridiche non si accontentano di quelli attualmente disponibili, figurarsi i fuori corso, che mai avevano dovuto rinunciare all’appello di novembre o a quello di dicembre, e per i quali l’appello di maggio era un punto di riferimento fondamentale. “Ci restituiscano gli strumenti che ci servono per arrivare alla laurea”, dice Antonietta, quarto anno fuori corso, “noi del vecchio ordinamento non abbiamo più neppure la guida, ormai anche quella è tagliata sugli schemi della riforma. Per avere informazioni sui nostri programmi dobbiamo fare il giro dei dipartimenti. Siamo ancora qui, perché fanno finta che non sia così? Dobbiamo laurearci! Ci serve aiuto, solo il Preside può darcelo”.
Sara Pepe
Quelli che non hanno alcun dubbio su ciò che il Preside potrà e dovrà fare sono invece i ragazzi del vecchio ordinamento, piuttosto arrabbiati: cercano aiuto disperatamente. Vogliono uscire dall’università, sono stremati. “Vogliamo essere seguiti di più, vogliamo più appelli d’esame e corsi organizzati per noi”, dicono. Parla Lucia: “i fuori corso sono ancora la parte più numerosa degli iscritti a Giurisprudenza, non si può far finta di nulla. Da quando è entrata in vigore la riforma per noi sono stati solo dolori. Chiediamo al Preside delle agevolazioni, dobbiamo laurearci”. Una richiesta impertinente? “Niente affatto”, interviene Salvatore, anche lui fuori corso, “se siamo rimasti indietro non è solo per colpa nostra. Non bisogna dimenticare quello che è successo negli ultimi anni, quando i corsi venivano compattati a dispetto dei nostri programmi rimasti invariati, pesanti come un tempo. Oramai possiamo solo arrangiarci seguendo lezioni e seminari tagliati su altri programmi”.
Il punto d’unione tra il vecchio e il nuovo ordinamento è uno soltanto: il malcontento per il numero ridotto degli appelli d’esame. Se gli studenti di Scienze giuridiche non si accontentano di quelli attualmente disponibili, figurarsi i fuori corso, che mai avevano dovuto rinunciare all’appello di novembre o a quello di dicembre, e per i quali l’appello di maggio era un punto di riferimento fondamentale. “Ci restituiscano gli strumenti che ci servono per arrivare alla laurea”, dice Antonietta, quarto anno fuori corso, “noi del vecchio ordinamento non abbiamo più neppure la guida, ormai anche quella è tagliata sugli schemi della riforma. Per avere informazioni sui nostri programmi dobbiamo fare il giro dei dipartimenti. Siamo ancora qui, perché fanno finta che non sia così? Dobbiamo laurearci! Ci serve aiuto, solo il Preside può darcelo”.
Sara Pepe