Restauro a Napoli, nel mondo e perfino sott’acqua

“Adesso le spiego come funziona il miracolo Suor Orsola”. Incipit a parte, c’è ben poco di trascendente nelle parole del professore di Storia dell’Architettura Giovanni Coppola quando parla dei successi del Corso di Conservazione e Restauro dei beni culturali, di cui è stato Presidente fino a qualche settimana fa. Al Suor Orsola Benincasa i “miracoli” fanno rima con tecnologia, innovazione, matrimoni intellettuali tra umanisti e scienziati, strette di mano con istituzioni e università locali e straniere. Hanno nomi, cognomi e, spesso, anche numeri. Procedendo per gradi, senza scomodare l’Altissimo, si può innanzitutto parlare di un percorso accademico che è uno e trino. Il titolo, unico, si articola infatti in tre curriculum: affreschi-lapideo, metalli-ceramica e tele-legno. Fin qui nulla di eclatante. Il discorso però cambia se si pensa che, delle cinque “filiere” previste dal Ministero per questo insegnamento, “solo la Venaria Reale di Torino ne conta quattro, una più di noi, le altre si fermano a una o due”. Da 3, poi, si passa a 5, gli anni di corso previsti dalla Magistrale a ciclo unico, e quindi a 20, il tetto massimo delle iscrizioni annuali. Lo step successivo è a quota 5271,96 che, letto in euro, si traduce nella tassazione più bassa prevista per gli iscritti e che cresce lungo sei fasce in base al reddito familiare, fino ad arrivare a 7112,46. Bastano questi introiti per creare un’eccellenza? Evidentemente no se la forma mentis accademica viene paragonata a quella di “un’azienda che fa della progettualità il suo punto di forza”. Con una missione, riqualificare il bene artistico, in casa o fuori. Alla base del successo c’è la rapidità di “Scienza nuova”, un “centro di ricerca che ospita circa dieci persone tra ingegneri ed economisti. Verificano se ci sono dei bandi provinciali, regionali o europei, segnalandoli a chi, per singole specificità, può risultare idoneo a parteciparvi”. Una macchina che ingloba ben sei Living Lab, tra i quali Heritage 2.0 di cui il prof. Coppola è Presidente: “è un centro di ricerca che lavora con le alte tecnologie applicate ai beni culturali e ci ha permesso di essere i primi a vincere un progetto del Ministero degli affari esteri con l’Algeria”. Tanto è stato fatto e altrettanto è in itinere e all’orizzonte. A partire da Civitas Artium, un complesso lavoro di restauro della cittadella universitaria di via Suor Orsola 10, “fortemente voluto dal Rettore Lucio d’Alessandro che lo ha seguito in ogni sua fase”. I cantieri aperti, però, parlano anche di “Cappella Pignatelli, per la quale la parte artistica è seguita dal prof. Pierluigi Leone De Castris” e dei “lavori per il palazzetto del Gaio sapere a via Chiaia, tre piani tutti di alta tecnologia”. Ancora: “abbiamo convenzioni con strutture culturali cittadine, tra le quali il Museo Archeologico nazionale, dove ci occupiamo dei bronzi del primo secolo e a volte dei mosaici, e il Palazzo Reale dove abbiamo restaurato l’arredamento di Gioacchino Murat, le porte e tutte le parti in metallo”. Come escludere dall’appello Pompei? Lì “siamo intervenuti su importanti cicli di affreschi”. Per lavoro, se serve, si va perfino sott’acqua, con ScubaLibre. La novità del momento è presentata dal prof. Leopoldo Repola, docente di Disegno: “è uno dei primi scanner subacquei, sviluppato totalmente dal Suor Orsola. Permette di ottenere delle copie digitali dei manufatti sommersi. È in uso a Vivara e a Marzamemi, in Sicilia, per un lavoro che stiamo sviluppando insieme alla Stanford University”. Strettamente connessa al discorso è una struttura “realizzata come prototipo a Terra Murata a Procida. È un museo, di nome Terra, nato con l’obiettivo di sperimentare forme di musealizzazione del patrimonio subacqueo su musei terrestri, così da consentirne l’accesso a un pubblico più vasto”. Da ultimo arrivato, ScubaLibre va ad aggiungersi a colleghi leggermente meno giovani che finora hanno consentito “la digitalizzazione tridimensionale, che usiamo per ricreare parti mancanti di materiali originali”. In sostanza, affidate all’Ateneo una statua mutila e la riporterete a casa tutta intera. A realizzare l’operazione sarà Roland MDX 40, “una fresa 3D che può essere intesa come uno scultore digitale”. Basta inserire nella macchina un cubo del materiale desiderato e da lì uscirà fuori il pezzo mancante. Macchinari e competenze stanno portando il Suor Orsola in Turchia per un’attività finalizzata all’ideazione di “nuove metodologie per la comprensione dei segni, compresi quelli danneggiati per l’azione dell’erosione eolica, e per la salvaguardia e la musealizzazione per mezzo delle tecnologie digitali”. Tornando a Napoli, non mancano gli impegni e le sorprese pure per i più giovani. Ne è un esempio il Crocifisso di San Severino e Sossio, di cui parla il prof. Giancarlo Fatigati, Direttore tecnico del corso: “è nei nostri laboratori. Era abbandonato nei depositi. I ragazzi ci hanno lavorato e hanno scoperto di avere a che fare con un’opera di fine ‘300, di scuola Toscana. È inedita, a breve la dovremmo pubblicare”. La pratica, naturalmente, è il pane quotidiano di chi sceglie questi studi: “ogni anno i ragazzi devono fare almeno 500 ore di laboratorio. Partono dai modellini per arrivare, con la tesi, a un’opera d’arte vera e propria. Negli ultimi due anni, inoltre, sono previsti dei tirocini presso ditte del territorio”. Una decina gli studenti che, in questo momento, stanno frequentando quotidianamente il Museo Archeologico Nazionale, per la “messa in sicurezza di tre sarcofagi del terzo secolo Avanti Cristo”. Parola d’ordine: versatilità. “La loro è una professione interdisciplinare. Materie umanistiche e scientifiche devono ragionare insieme. Ultimamente stiamo stringendo rapporti con il corso di Chimica, perché i ragazzi hanno bisogno di capire come sono composti i materiali a livello atomico e cellulare”. Insomma, nella stessa aula passano Biologia, Letteratura, Storia, Legislazione e tanto altro. E dopo la laurea? “I ragazzi sono intraprendenti. Molti sono andati all’estero. Ma anche in Italia si lavora”.
Ciro Baldini
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