“Chi si iscrive a Giurisprudenza non deve farlo perché aspira semplicemente al ‘pezzo di carta’. Uno studente non motivato, che mira solo al traguardo perdendo di vista il percorso da intraprendere, non avrà di certo vita facile. In questa Facoltà emerge chi non si accontenta”, il prof. Mario Rusciano, docente di Diritto del lavoro, in mezzo secolo d’esperienza – a novembre andrà in pensione – ne ha vista di gente andar via. “Ho trascorso 50 anni in questa Facoltà, prima da studente, poi da docente. So bene, dunque, cosa significhi frequentare Giurisprudenza”, sottolinea. E poi racconta: “non ero uno studente brillante. Facevo grandi sforzi per restare al passo con i tempi, eppure non ho mai mollato. Ero un ragazzo molto impegnato ma trovavo il tempo di studiare tantissimo, anche 14 ore al giorno”. Giurisprudenza, ora come allora, premia chi studia perché: “offre la possibilità di sperimentarsi in più campi. Da noi si forma un interprete delle norme, un po’ sociologo, un po’ antropologo. I nostri programmi prevedono insegnamenti storici, filosofici. E argomenti che danno il là perché si attivi un contatto con le problematiche politiche. I mezzi ci sono, tocca agli studenti goderne appieno”. Ma come fa una matricola ad appropriarsi di queste risorse? “In primis, frequentando la Facoltà, con le sue lezioni, seminari ed iniziative. Chi non è interessato a conoscere gli ambienti di formazione, parte già con le idee sbagliate”. Perché spesso, sottolinea il docente, “a lezione si presentano 70 studenti e poi in sede d’esame ve ne sono 500. Un divario inammissibile soprattutto per quel che riguarda gli esami formativi dei primi anni. Per questo consiglio alle matricole di abituarsi a seguire. In fondo, questa è la prima arma per combattere le difficoltà del linguaggio giuridico”. Necessario, poi, il confronto. “Chi segue ha maggiori possibilità di rapportarsi a realtà diverse, in ambienti formativi e professionali, il futuro prende forma già nelle aule. E’ a lezione che si impara a discorrere di diritto. E’ in aula che ci si allontana da quella propensione manualistica che all’esame fa perdere punti. Giurisprudenza non è la Facoltà del sapere mnemonico, in questo luogo tutto si evolve, nulla è più dinamico e in trasformazione del diritto”. Per questo lo studente che riesce meglio “è quello che ha la capacità di osservare la realtà che lo circonda, trasformando il mondo esterno attraverso le regole giuridiche. Sono le norme che trasformano ciò che viviamo, che regolano la nostra convivenza, per questo la figura del giurista è diventata basilare. Senza, la società non potrebbe andare avanti”. Inoltre: “Riesce ad avere un percorso spedito chi si accultura. Negli anni si impara a leggere di diritto, ma questo non basta. La lettura di testi al di fuori del contesto universitario aiuta ad avere una chiave di lettura diversa del mondo in cui viviamo”. Perché chi è realmente interessato, “ma anche curioso, consapevole, motivato, fiducioso, troverà sicuramente la strada giusta. Lo stesso studio risulta più facile quando c’è determinazione”.
Il prof. Rusciano, ordinario a Giurisprudenza dal 1980 (“in realtà la mia carriera in ambito didattico è iniziata nel 1965 come assistente volontario”), il prossimo novembre lascerà le aule universitarie per andare in pensione. “La mia carriera finirà il prossimo anno accademico. Con la pensione si concluderà un ciclo, ma resterò sempre un docente, a disposizione della cultura”. Si definisce un professore equilibrato – “anche se forse dovrebbero essere i ragazzi a giudicare il mio operato” – che all’esame cerca “di mettere gli studenti a loro agio, traendo il massimo da ognuno, senza fare scenate o commenti fuori luogo. Per questo dico alle nuove leve di non aver paura, ma di buttarsi a capofitto nello studio come nelle prove”. La disciplina didattica si acquisisce nei primi mesi: “è lì che si prende coscienza delle proprie capacità. Comprendere le sfaccettature dell’esperienza che si vive aiuta giorno per giorno ad accrescere l’interesse, ritrovando l’entusiasmo, il vero elisir di lunga vita”.
Susy Lubrano
Il prof. Rusciano, ordinario a Giurisprudenza dal 1980 (“in realtà la mia carriera in ambito didattico è iniziata nel 1965 come assistente volontario”), il prossimo novembre lascerà le aule universitarie per andare in pensione. “La mia carriera finirà il prossimo anno accademico. Con la pensione si concluderà un ciclo, ma resterò sempre un docente, a disposizione della cultura”. Si definisce un professore equilibrato – “anche se forse dovrebbero essere i ragazzi a giudicare il mio operato” – che all’esame cerca “di mettere gli studenti a loro agio, traendo il massimo da ognuno, senza fare scenate o commenti fuori luogo. Per questo dico alle nuove leve di non aver paura, ma di buttarsi a capofitto nello studio come nelle prove”. La disciplina didattica si acquisisce nei primi mesi: “è lì che si prende coscienza delle proprie capacità. Comprendere le sfaccettature dell’esperienza che si vive aiuta giorno per giorno ad accrescere l’interesse, ritrovando l’entusiasmo, il vero elisir di lunga vita”.
Susy Lubrano