Andare oltre la buona volontà dei singoli docenti attivando accordi quadro tra atenei italiani e statunitensi, grazie alla definizione di linee guide che rendano più facili gli scambi tra le due nazioni: è stato questo lo scopo dei quattro giorni di incontri svoltisi l’ultima settimana di gennaio a Washington. Vi hanno partecipato diversi atenei italiani e rappresentanti dell’accademia d’oltreoceano. Dalla Campania, oltre all’Orientale che fa degli scambi internazionali la sua peculiarità, anche l’Università Luigi Vanvitelli che punta ad incrementare il livello di internazionalizzazione e che vede negli States, insieme alla Cina, gli interlocutori privilegiati. L’iniziativa è stata “organizzata dalla CRUI (Conferenza dei Rettori), in collaborazione con l’ambasciata italiana in America, durante la quale i nostri atenei hanno potuto presentarsi ai loro partners statunitensi – spiega il prof. Sergio Minucci, delegato all’internazionalizzazione della Vanvitelli, rientrato il 28 gennaio dal viaggio – Abbiamo lavorato con i colleghi americani, provenienti da università di quasi tutti gli Stati, su tre tavoli: educazione, ricerca e innovazione. Per
poi riunirci in una plenaria conclusiva. Da questi incontri, inoltre, la Crui trarrà un resoconto finale dal quale partire per risolvere le criticità emerse negli scambi”. La necessità dell’incontro bilaterale nasce, infatti, dall’urgenza di definire dei criteri per uniformare i sistemi di accreditamento. “Il nostro Ateneo ha con partners americani accordi privati, in particolare abbiamo scambi con l’Università di Yale – abbiamo ospitato un docente per una serie di lezioni, mentre due anni fa sono andate negli Usa, per sei mesi, una nostra dottoranda e una specializzanda – e con l’Università della California UCLA – visiting professor hanno tenuto, per tre mesi, lezioni e seminari per gli specializzandi, in particolare di Medicina interna, che sono continuati anche su piattaforma web dopo il loro rientro”. L’internazionalizzazione, però, sottolinea il prof. Minucci, non è solo singoli scambi: “va, invece, basata su un sistema di qualità sia della didattica che della ricerca, che non deve essere lasciato al lavoro del singolo, ma sviluppato con accordi tra atenei. C’è, quindi, la necessità di superare le difficoltà riguardanti le differenze nei programmi didattici, nelle modalità di esami e nell’assegnazione dei crediti. Anche se i sistemi sono diversi, bisogna lavorare per trovare un percorso comune, così come è stato fatto in Europa con l’Erasmus. Questa settimana di incontri è stato un passo importante. Quello che è stato proposto è una sorta di Erasmus+
che favorisca il riconoscimento dei crediti con gli Stati Uniti”. È un percorso che richiederà tempo ma che attrae molto anche gli americani, in quanto, come ricorda il prof. Minucci, “da un lato i nostri studenti sono ben accolti perché preparati e le nostre idee sono apprezzate all’estero, soprattutto in Paesi come Usa e Cina dove ci sono tecnologie all’avanguardia, dall’altro lato, questo vale per gli americani che mostrano molto interesse a frequentare e ottenere un titolo in Italia, in università prestigiose, pubbliche e, quindi, pagando un decimo di quanto costa la più piccola università americana”.
poi riunirci in una plenaria conclusiva. Da questi incontri, inoltre, la Crui trarrà un resoconto finale dal quale partire per risolvere le criticità emerse negli scambi”. La necessità dell’incontro bilaterale nasce, infatti, dall’urgenza di definire dei criteri per uniformare i sistemi di accreditamento. “Il nostro Ateneo ha con partners americani accordi privati, in particolare abbiamo scambi con l’Università di Yale – abbiamo ospitato un docente per una serie di lezioni, mentre due anni fa sono andate negli Usa, per sei mesi, una nostra dottoranda e una specializzanda – e con l’Università della California UCLA – visiting professor hanno tenuto, per tre mesi, lezioni e seminari per gli specializzandi, in particolare di Medicina interna, che sono continuati anche su piattaforma web dopo il loro rientro”. L’internazionalizzazione, però, sottolinea il prof. Minucci, non è solo singoli scambi: “va, invece, basata su un sistema di qualità sia della didattica che della ricerca, che non deve essere lasciato al lavoro del singolo, ma sviluppato con accordi tra atenei. C’è, quindi, la necessità di superare le difficoltà riguardanti le differenze nei programmi didattici, nelle modalità di esami e nell’assegnazione dei crediti. Anche se i sistemi sono diversi, bisogna lavorare per trovare un percorso comune, così come è stato fatto in Europa con l’Erasmus. Questa settimana di incontri è stato un passo importante. Quello che è stato proposto è una sorta di Erasmus+
che favorisca il riconoscimento dei crediti con gli Stati Uniti”. È un percorso che richiederà tempo ma che attrae molto anche gli americani, in quanto, come ricorda il prof. Minucci, “da un lato i nostri studenti sono ben accolti perché preparati e le nostre idee sono apprezzate all’estero, soprattutto in Paesi come Usa e Cina dove ci sono tecnologie all’avanguardia, dall’altro lato, questo vale per gli americani che mostrano molto interesse a frequentare e ottenere un titolo in Italia, in università prestigiose, pubbliche e, quindi, pagando un decimo di quanto costa la più piccola università americana”.