Potrebbe fare da testimonial alle campagne per l’internazionalizzazione Rossella Pirolli, studentessa di Medicina al VI anno, laurea prevista a luglio: nella sua carriera universitaria vanta ben quattro soggiorni di studio all’estero, tra
cui il semestre JPEMS ad Angers. “Bisogna saper cogliere le opportunità al volo, perché queste sono occasioni che non capitano più – racconta – Prima di partire per il semestre Erasmus basic, ero già stata ad Angers. Alla fine dei corsi del primo anno, il prof. Romano ci aveva, infatti, proposto la possibilità di partecipare ad una Summer School di ricerca. Io ho subito aderito: si è trattato di due settimane di studio a contatto con 40 studenti provenienti da tutta Europa. Lì ho iniziato a creare la mia rete”. Poi al primo semestre del terzo anno la partenza per Angers, senza borsa: “Non rientravo tra i beneficiari, ma sono partita ugualmente. Poi, dopo qualche settimana, con lo scorrimento della graduatoria, mi hanno assegnato i 230 euro mensili di borsa. In realtà, si tratta di una cifra esigua, considerato che pagavo circa 260 euro solo di affitto”. La motivazione che l’ha spinta a sfruttare questa opportunità offerta dall’Ateneo: “il desiderio di potermi avvicinare da subito alle fasi 0 e 1 della ricerca. Qui da noi, infatti, gli studenti hanno possibilità di accedere solo alla fase 4 della ricerca, e solo durante gli ultimi anni, mentre è proprio nelle prime fasi che si stabiliscono i metodi, gli obiettivi e i protocolli di base della ricerca. Il progetto di Angers prevedeva protocollo e manipolazione degli animali. Io ho lavorato in laboratorio per sperimentare trattamenti utili nei pazienti che avevano una Mof e si trovavano in terapia intensiva, concentrandomi su metodi di screening utili a velocizzare la diagnosi di un danno alla membrana renale. Gli animali che manipolavamo erano una particolare razza di ratti che avevano una superficie renale particolarmente ricca di glomeruli e che quindi consentiva un’osservazione ravvicinata della reazione”. Questo tipo di esperienza per uno studente al secondo anno di Medicina in Italia è impensabile: “Ad Angers c’erano 10 laboratori che lavorano in questo modo, mentre noi
ne abbiamo solo uno, quello diretto dal prof. Maione”. Rossella sottolinea: “alla fine abbiamo anche steso un report molto simile ad un articolo scientifico. Si è trattato di un esercizio utile per capire le tecniche di scrittura scientifica”. Poi aggiunge: “Ho trovato molto interessante, inoltre, lo studio svolto nel laboratorio di Biologia molecolare e in quello di Microbiologia, dove ho potuto lavorare con apparecchiature che qui non ho mai usato”. Oltre all’attività di laboratorio, Rossella ha avuto anche modo di sperimentare la vita in corsia: “Il secondo semestre del secondo anno è ancora pre-clinico, però io ho chiesto al dirigente del mio laboratorio, che era il vice-primario di Terapia intensiva, di poter andare in reparto e lui ha acconsentito. L’esperienza è stata molto importante, una full immersion in un sistema diverso, più moderno del nostro, sicuramente con più risorse. Per una giovane di 20 anni, quanti ne avevo all’epoca, è stato utile anche per capire come funziona un reparto”. Unico neo di questa esperienza: il metodo adottato agli esami, molto più nozionistico del nostro. In Francia si privilegiano i quiz: “il mio è stato un problema anche di tipo concettuale, perché non ero abituata e non condivido questo tipo di approccio. Ho dovuto imparare a ricordare le nozioni, più che ad assimilare i concetti sulla base del ragionamento, come avviene da noi. A parte questo è stata un’esperienza illuminante! Ho avuto modo di creare una rete di contatti enorme, con ragazzi che ancora oggi sento regolarmente e che fanno sì che l’Europa sia per me molto più vicina. Inoltre, ho avuto la possibilità di lavorare con esimi scienziati di fama internazionale, come il prof. Guillaume
Lamirault, con cui ho lavorato ad un progetto per Patologia generale”. Naturalmente chi pensa di partecipare ad un’esperienza del genere deve conoscere bene l’inglese: “Ci vuole almeno un B2, perché tutti i corsi e i testi sono in inglese. Non si tratta solo di capire l’inglese scientifico, ma anche di saper relazionare. Per il resto ad Angers ho ricevuto un’accoglienza ottima: gli uffici preposti mi hanno aiutato a trovare alloggio, aprire un conto in banca ed
avere la previdenza sociale”. Chiusa la parentesi francese, Rossella non si è fermata entro i confini europei e nel 2014 è partita per gli USA, dopo aver vinto una borsa di studio. “Ho svolto tre settimane in un college a Buffalo, dove ho lavorato in una sala settoria. Un’esperienza molto formativa: abbiamo usato bisturi, seghe e martelli, mentre il docente ci illustrava i vari segmenti anatomici. In Italia per assistere ad un’autopsia, lo studente deve chiedere il piacere al medico legale, che comunque non perde molto tempo a spiegarti le cose. Questo perché da noi la legge non prevede la presenza di sale settorie per la didattica, quindi di autopsie a scopo esclusivamente didattico”. Per arricchirre ancora il suo percorso, la studentessa ha anche partecipato all’Erasmus, nel 2015, svolgendo un semestre a Siviglia: “Francia e Spagna sono due mondi diversi, il secondo molto più simile al
nostro. Quella spagnola è stata sicuramente un’esperienza formativa che mi ha aiutato ad ampliare le mie conoscenze e i miei contatti, ma non troppo stimolante dal punto di vista didattico. Quella che resterà sempre ‘l’opportunità di una vita’ è il periodo trascorso ad Angers”.
cui il semestre JPEMS ad Angers. “Bisogna saper cogliere le opportunità al volo, perché queste sono occasioni che non capitano più – racconta – Prima di partire per il semestre Erasmus basic, ero già stata ad Angers. Alla fine dei corsi del primo anno, il prof. Romano ci aveva, infatti, proposto la possibilità di partecipare ad una Summer School di ricerca. Io ho subito aderito: si è trattato di due settimane di studio a contatto con 40 studenti provenienti da tutta Europa. Lì ho iniziato a creare la mia rete”. Poi al primo semestre del terzo anno la partenza per Angers, senza borsa: “Non rientravo tra i beneficiari, ma sono partita ugualmente. Poi, dopo qualche settimana, con lo scorrimento della graduatoria, mi hanno assegnato i 230 euro mensili di borsa. In realtà, si tratta di una cifra esigua, considerato che pagavo circa 260 euro solo di affitto”. La motivazione che l’ha spinta a sfruttare questa opportunità offerta dall’Ateneo: “il desiderio di potermi avvicinare da subito alle fasi 0 e 1 della ricerca. Qui da noi, infatti, gli studenti hanno possibilità di accedere solo alla fase 4 della ricerca, e solo durante gli ultimi anni, mentre è proprio nelle prime fasi che si stabiliscono i metodi, gli obiettivi e i protocolli di base della ricerca. Il progetto di Angers prevedeva protocollo e manipolazione degli animali. Io ho lavorato in laboratorio per sperimentare trattamenti utili nei pazienti che avevano una Mof e si trovavano in terapia intensiva, concentrandomi su metodi di screening utili a velocizzare la diagnosi di un danno alla membrana renale. Gli animali che manipolavamo erano una particolare razza di ratti che avevano una superficie renale particolarmente ricca di glomeruli e che quindi consentiva un’osservazione ravvicinata della reazione”. Questo tipo di esperienza per uno studente al secondo anno di Medicina in Italia è impensabile: “Ad Angers c’erano 10 laboratori che lavorano in questo modo, mentre noi
ne abbiamo solo uno, quello diretto dal prof. Maione”. Rossella sottolinea: “alla fine abbiamo anche steso un report molto simile ad un articolo scientifico. Si è trattato di un esercizio utile per capire le tecniche di scrittura scientifica”. Poi aggiunge: “Ho trovato molto interessante, inoltre, lo studio svolto nel laboratorio di Biologia molecolare e in quello di Microbiologia, dove ho potuto lavorare con apparecchiature che qui non ho mai usato”. Oltre all’attività di laboratorio, Rossella ha avuto anche modo di sperimentare la vita in corsia: “Il secondo semestre del secondo anno è ancora pre-clinico, però io ho chiesto al dirigente del mio laboratorio, che era il vice-primario di Terapia intensiva, di poter andare in reparto e lui ha acconsentito. L’esperienza è stata molto importante, una full immersion in un sistema diverso, più moderno del nostro, sicuramente con più risorse. Per una giovane di 20 anni, quanti ne avevo all’epoca, è stato utile anche per capire come funziona un reparto”. Unico neo di questa esperienza: il metodo adottato agli esami, molto più nozionistico del nostro. In Francia si privilegiano i quiz: “il mio è stato un problema anche di tipo concettuale, perché non ero abituata e non condivido questo tipo di approccio. Ho dovuto imparare a ricordare le nozioni, più che ad assimilare i concetti sulla base del ragionamento, come avviene da noi. A parte questo è stata un’esperienza illuminante! Ho avuto modo di creare una rete di contatti enorme, con ragazzi che ancora oggi sento regolarmente e che fanno sì che l’Europa sia per me molto più vicina. Inoltre, ho avuto la possibilità di lavorare con esimi scienziati di fama internazionale, come il prof. Guillaume
Lamirault, con cui ho lavorato ad un progetto per Patologia generale”. Naturalmente chi pensa di partecipare ad un’esperienza del genere deve conoscere bene l’inglese: “Ci vuole almeno un B2, perché tutti i corsi e i testi sono in inglese. Non si tratta solo di capire l’inglese scientifico, ma anche di saper relazionare. Per il resto ad Angers ho ricevuto un’accoglienza ottima: gli uffici preposti mi hanno aiutato a trovare alloggio, aprire un conto in banca ed
avere la previdenza sociale”. Chiusa la parentesi francese, Rossella non si è fermata entro i confini europei e nel 2014 è partita per gli USA, dopo aver vinto una borsa di studio. “Ho svolto tre settimane in un college a Buffalo, dove ho lavorato in una sala settoria. Un’esperienza molto formativa: abbiamo usato bisturi, seghe e martelli, mentre il docente ci illustrava i vari segmenti anatomici. In Italia per assistere ad un’autopsia, lo studente deve chiedere il piacere al medico legale, che comunque non perde molto tempo a spiegarti le cose. Questo perché da noi la legge non prevede la presenza di sale settorie per la didattica, quindi di autopsie a scopo esclusivamente didattico”. Per arricchirre ancora il suo percorso, la studentessa ha anche partecipato all’Erasmus, nel 2015, svolgendo un semestre a Siviglia: “Francia e Spagna sono due mondi diversi, il secondo molto più simile al
nostro. Quella spagnola è stata sicuramente un’esperienza formativa che mi ha aiutato ad ampliare le mie conoscenze e i miei contatti, ma non troppo stimolante dal punto di vista didattico. Quella che resterà sempre ‘l’opportunità di una vita’ è il periodo trascorso ad Angers”.