Ritorno sul carro dei vincitori per i 33 studenti campani (23 della Federico II, 8 dell’Università di Salerno, 2 dell’Università del Sannio) che hanno partecipato alla simulazione processuale tenutasi dal 22 al 30 marzo a New York. I ragazzi hanno dovuto ricalcare i lavori e il funzionamento dell’organo ONU, sfidando oltre 5000 studenti, al fine di rappresentare i diritti umani di alcune nazioni, cimentandosi in arringhe e votazioni come dei veri delegati. Ben due i premi ricevuti alla fine dei lavori presso il Palazzo di Vetro. Il primo, “l’Honurable Mention”, per la delegazione di San Kitts and Nevis (Antille), ha premiato gli studenti per le loro abilità oratorie e per l’arguzia e l’efficacia dei pareri espressi. Il secondo, “l’Outstanding Position Paper”, è andato alla delegazione dell’India nel Consiglio di Sicurezza per la particolarità e la completezza delle memorie scritte presentate in seno all’Assemblea. Una grande soddisfazione se si pensa che i team, esprimendosi in inglese, si sono trovati di fronte Università (circa 200 istituzioni) del calibro di Harvard, Berlino, Ottawa e Cambridge. “Un risultato da festeggiare – commenta il prof. Massimo Iovane, docente di Diritto Internazionale e coordinatore dei lavori preparatori – Ciò dimostra che gli studenti, opportunamente stimolati, danno ottimi, e talvolta imprevedibili, risultati”. Quest’anno i corsi preparatori sono stati maggiormente mirati: “ci siamo preparati in modo diverso, con maggiore consapevolezza. La scorsa simulazione, la prima a cui prendevamo parte, ci è servita per tastare il territorio e per osservare i nostri avversari. Così nei mesi scorsi, consci dell’esperienza pregressa, abbiamo messo in campo le migliori tecniche, sviscerando il diritto internazionale, avvalendoci della consulenza di un tutor che incrementasse le nostre conoscenze d’inglese”. Perché università come quelle americane non lasciano spazio ad errori o mancanze altrui: “Il loro sistema di studio è basato proprio sulla pratica; da sempre sono avvantaggiati nelle simulazioni a livello internazionale. Da noi, invece, si fa una grande fatica. La didattica è un po’ troppo astratta e poi la penuria di mezzi non permette di aprirsi ad altre esperienze. I nostri ragazzi però sono stati bravissimi e hanno saputo tener alto il nome degli Atenei campani”, conclude il docente.
Svestiti i panni da delegati, al ritorno dalla Grande Mela, gli studenti sono ancora increduli. “Quando ho fatto la passerella che dalla poltroncina su cui ero seduta mi avrebbe portato al microfono, avevo il cuore a mille – racconta Antonella Coviello, 20 anni, studentessa di Giurisprudenza Federico II – Quello è stato il momento più emozionante. Ero lì e parlavo in inglese davanti a più di 5000 studenti. Quel minuto di dialogo sarà durato, nella mia mente, mezz’ora”. Antonella è soddisfatta del risultato raggiunto – “ero nella squadra che rappresentava le Antille” – e dell’esperienza che “mi ha permesso di capire i miei limiti e mi ha dato l’occasione di fare qualcosa di concreto”. Nella delegazione delle Antille anche Emidio Giustozzi, 21 anni, studente di Giurisprudenza a Salerno: “Reputo che il nostro sistema universitario sia un po’ casalingo e l’idea di potermi confrontare con il resto del mondo mi allettava tantissimo. Il primo giorno è stato il più difficile, ambientarsi è stato complicato. Le cose poi sono andate via via migliorando”. Fino ad ottenere un riconoscimento: “Quando hanno pronunciato il nostro nome ci siamo guardati increduli. Rappresentavamo assieme ad altri 450 studenti un Paese piccolissimo, non credevamo fosse possibile ottenere un elogio così importante. Invece hanno premiato le nostre idee, che sono risultate originali ed efficaci”. Marianna De Giacomo, 21 anni, sua collega di università, racconta: “Eravamo molto preparati teoricamente, ma poco all’impatto con l’atmosfera che si respira al Palazzo di Vetro. Le difficoltà della lingua, poi, si sono mostrate subito”. Il momento più bello? “Quando da veri delegati potevamo votare a favore o contro le risoluzioni degli altri Paesi. E poi l’abbraccio collettivo dopo la premiazione: una liberazione per tutti”. Studente dell’Università del Sannio, Giovanni De Blasio ha ricevuto con la sua squadra la menzione per gli scritti: “è stato inaspettato ed emozionante, proprio come l’applauso dell’Assemblea dopo aver ricevuto il premio. È stato affascinante poter collaborare con persone sconosciute, trovare accordi di rilievo internazionale che sembravano impossibili, date le diversità dei Paesi coinvolti”. Ha voglia di proseguire la carriera in ambito internazionale Achille Reccia, studente federiciano, che racconta: “siamo stati ‘costretti’ a parlare inglese 15 ore al giorno. Anche in albergo tra delegati, pena una sanzione. Ho constatato la serietà dei lavori, l’impegno dei partecipanti”. Inossidabile il fascino di New York: “non escludo di ritornarvi a breve. Sono in contatto con tanti ragazzi conosciuti in questi giorni che verranno per uno scambio culturale quest’estate a Napoli, al di fuori della manifestazione”.
Svestiti i panni da delegati, al ritorno dalla Grande Mela, gli studenti sono ancora increduli. “Quando ho fatto la passerella che dalla poltroncina su cui ero seduta mi avrebbe portato al microfono, avevo il cuore a mille – racconta Antonella Coviello, 20 anni, studentessa di Giurisprudenza Federico II – Quello è stato il momento più emozionante. Ero lì e parlavo in inglese davanti a più di 5000 studenti. Quel minuto di dialogo sarà durato, nella mia mente, mezz’ora”. Antonella è soddisfatta del risultato raggiunto – “ero nella squadra che rappresentava le Antille” – e dell’esperienza che “mi ha permesso di capire i miei limiti e mi ha dato l’occasione di fare qualcosa di concreto”. Nella delegazione delle Antille anche Emidio Giustozzi, 21 anni, studente di Giurisprudenza a Salerno: “Reputo che il nostro sistema universitario sia un po’ casalingo e l’idea di potermi confrontare con il resto del mondo mi allettava tantissimo. Il primo giorno è stato il più difficile, ambientarsi è stato complicato. Le cose poi sono andate via via migliorando”. Fino ad ottenere un riconoscimento: “Quando hanno pronunciato il nostro nome ci siamo guardati increduli. Rappresentavamo assieme ad altri 450 studenti un Paese piccolissimo, non credevamo fosse possibile ottenere un elogio così importante. Invece hanno premiato le nostre idee, che sono risultate originali ed efficaci”. Marianna De Giacomo, 21 anni, sua collega di università, racconta: “Eravamo molto preparati teoricamente, ma poco all’impatto con l’atmosfera che si respira al Palazzo di Vetro. Le difficoltà della lingua, poi, si sono mostrate subito”. Il momento più bello? “Quando da veri delegati potevamo votare a favore o contro le risoluzioni degli altri Paesi. E poi l’abbraccio collettivo dopo la premiazione: una liberazione per tutti”. Studente dell’Università del Sannio, Giovanni De Blasio ha ricevuto con la sua squadra la menzione per gli scritti: “è stato inaspettato ed emozionante, proprio come l’applauso dell’Assemblea dopo aver ricevuto il premio. È stato affascinante poter collaborare con persone sconosciute, trovare accordi di rilievo internazionale che sembravano impossibili, date le diversità dei Paesi coinvolti”. Ha voglia di proseguire la carriera in ambito internazionale Achille Reccia, studente federiciano, che racconta: “siamo stati ‘costretti’ a parlare inglese 15 ore al giorno. Anche in albergo tra delegati, pena una sanzione. Ho constatato la serietà dei lavori, l’impegno dei partecipanti”. Inossidabile il fascino di New York: “non escludo di ritornarvi a breve. Sono in contatto con tanti ragazzi conosciuti in questi giorni che verranno per uno scambio culturale quest’estate a Napoli, al di fuori della manifestazione”.