Stangata sugli Atenei del Sud

Il 29 dicembre il C.d.A. della “Federico II” ha approvato un austero Bilancio di Previsione, che, se si confermasse in corso d’anno, porterebbe ad un serio ridimensionamento della quantità e della qualità dei servizi del nostro Ateneo.
Prima di entrare nello specifico però, bisogna illustrare ai lettori come “funziona” un’Università. 
Sul versante delle uscite nel 2005 l’Università ha pagato più di 7 milioni  per incrementi stipendiali dei docenti, decisi per legge a Roma, ma scaricati sui bilanci degli Atenei; così come gli scatti di anzianità (3 milioni), o ancora i 17 milioni di spese relative ad un triennio di contratto del personale tecnico-amministrativo. A tutto ciò si aggiungano gli aumenti di costo delle tariffe dei servizi dovuti all’inflazione (energia, pulizie, guardiania, abbonamenti alle riviste per le biblioteche..). Totale di incremento di spesa: circa 30 milioni di euro.
La Finanziaria 2006 non prevede incrementi, anzi vi saranno aumenti  di uscite obbligatorie per gli atenei italiani di oltre 400 milioni di euro. Sul nostro bilancio ne deriva un incremento di spesa di oltre 20 milioni.
Veniamo alle entrate, fondamentalmente ve ne sono tre:
 -FFO (fondo di finanziamento ordinario da parte dello Stato), non è difficile intuire che si tratti della voce “cardine”, e la approfondiremo più avanti.
 -Tasse studenti, che per legge non possono superare il 20% dell’FFO. Nel Mezzogiorno siamo tra l’11 e il 13%, a Bologna al 20% (fattori socioeconomici incidono in maniera rilevante).
 -Contributi esterni (proventi di convenzioni o di contratti di ricerca che particolari settori dell’Università ricevono per specifiche finalità).Queste entrate contribuiscono alla crescita delle attività in determinate aree disciplinari.
Veniamo dunque all’FFO. Nel 2005 l’Ateneo ha registrato una crescita dei fondi che il ministero trasferisce all’Università (FFO)di 12 milioni di euro (contro i 26 ragionevolmente attesi). Nel suddetto anno la Finanziaria ha attribuito 400 milioni di euro in più al MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca), 274 dei quali destinati agli incrementi di FFO, 126 per altre necessità. I 274, che qui ci interessano, sono stati divisi a loro volta in due tranche, una di 150, l’altra di 124. I 150 milioni sono stati ripartiti secondo un meccanismo automatico detto “modello”, funzionante in tal guisa: introdotti i dati di ogni singolo ateneo nel modello, vengono fuori le cifre da assegnare a ciascuno. I restanti 124 milioni sono stati ripartiti di nuovo utilizzando il “modello” nel modo che segue: si calcola quanto toccherebbe, secondo il modello, ad ogni singolo ateneo della cifra complessiva destinata al finanziamento delle università. Si confronta questa cifra con quanto ricevuto da un ateneo nel 2004. Se risulta, come nel caso della Federico II,  che la cifra ricevuta nel 2004 è superiore a quella derivante dal modello, l’ateneo viene ritenuto sovrafinanziato, e non riceve nulla dei 124 milioni. Tale “modello”, a mio modesto avviso, risulta perverso, oltre che penalizzante per il Mezzogiorno, in quanto non tiene conto di fattori strutturali e socioeconomici, come il Pil provinciale o quello regionale; considera allo stesso modo megatenei e microatenei, università con i policlinici e università prive dei suddetti, politecnici di aree fortemente sviluppate con atenei tematici di area umanistica.
 Dunque, il risultato concreto della ripartizione dei 124 milioni è stato il seguente:
  74,6% alle università Nord,  20,9% alle università del Centro,  4,5% alle università del Sud.
In base al “modello”, quindi, quasi tutte le università del Mezzogiorno sono risultate soprafinanziate. Tra le università “terrone” hanno ricevuto risorse soltanto i due piccoli atenei di Benevento e Cosenza.
“Milanocentrismo” più che comprensibile se si considera che quasi certamente l’attuale Ministro Moratti sarà candidata a Sindaco del capoluogo lombardo, o che buona parte dello stesso governo attuale è proveniente da tale area geografica.  
Portando un altro esempio, che esula dal mondo dell’università, ma che si riallaccia a ciò che dicevo nelle prime righe di questa lettera, quest’anno è cominciato con mezz’ora di ritardo anche il concerto di Natale al S.Carlo, in segno di protesta ai tagli effettuati dal Governo allo Spettacolo. Come informò il direttore del teatro, il S.Carlo ha subito una riduzione economica da 36 a 30 milioni di euro, che, se la si rapporta alla riduzione avuta dalla Scala di Milano, in valore assoluto, la prima è di certo minore. Ma il punto è un altro: mentre i tagli fatti alla Scala da parte dello Stato vengono subito colmati, lodevolmente, da parte di fondazioni varie (si pensi alla Fondazione San Paolo, o al Tronchetti Provera di turno..), le strutture del Sud non godono purtroppo di tali benefattori. Da recenti indagini infatti risulta che al sud Italia si riversa solo il 4% nazionale di tali donazioni da parte di fondazioni o enti. Ritengo che da ciò si possa arrivare al fulcro reale del problema: è la globalità del contesto politico-economico nazionale che, tirando le somme, finisce per mortificare il Mezzogiorno. Diceva qualcuno che l’unico vero investimento è la cultura (la si intenda sia come ricerca che come didattica). Il problema basilare è il non investire in modo ragionato, programmato e specifico sul Meridione. E’ l’attuale congiuntura socio-politica che ci penalizza, che finisce con l’accentuare, nei fatti, le distanze non solo economiche, tra Nord e Sud. Non ci si rende conto che si viaggia sempre più a due diverse velocità, e continuando in questa direzione si costituiranno cittadini di serie A e di serie B, selezionati non in base al merito, ma a se si nasce al di sopra o al di sotto di Roma! Si rischia, e lo dico con preoccupazione, di creare due nazioni; o più semplicemente, di diventare “riserva naturale” di pizza, mandolino e belle spiagge.
 Auguri di miglioramenti 
in corso d’anno a tutti,
Michele Merlino 
(Consigliere d’Amministrazione
del Federico II)
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