Studenti di serie B? Assolutamente no!

Chi si sente uno studente di serie B? Mentre nasce un’associazione di ex allievi che vuole rimarcare il senso di appartenenza all’Ateneo e pubblicizzare i successi dei suoi laureati, gli studenti della Parthenope continuano a sentir parlare della loro Università come di un’Università minore. Non ne soffrono, però, dimostrando di essere più di un passo avanti quanto a criticità e maturità di pensiero. Ascoltando le loro opinioni, ci si rende conto che questo luogo comune non resisterà ancora per molto. 
Alessandro, 21 anni, iscritto al terzo anno del Corso di Laurea di I livello in Economia Aziendale, non nega di aver, a volte, sentito dire che la preparazione offerta dalla Parthenope non è allo stesso livello di quella di altri atenei. Amici, solitamente i “cugini più grandi” della Federico II, non mancano quasi mai di avanzare qualche osservazione sulla scelta di chi intende iscriversi alla Parthenope. “Discorsi che non mi impressionano” – dice – perché io la penso e la vivo esattamente al contrario. Sono iscritto alla Facoltà di Economia, che ritengo essere la migliore di Napoli. Forse quello che si dice in giro potrebbe toccare le Facoltà di Giurisprudenza e di Ingegneria, che sono neonate e non possono certo vantare la tradizione di quelle della Federico II. Alla fine certe voci si fondano solo sull’antichità dei corsi di studio, che non necessariamente coincide con la qualità”. Accanto a lui Carolina, 22 anni, ugualmente iscritta a Economia Aziendale, sembra proprio arrabbiata. “Mi è capitato di sentire discorsi del genere, eccome. Ogni volta mi innervosisco, perché semmai è il contrario: noi abbiamo circa dieci esami in più rispetto a quelli della Federico II e non è affatto vero che i professori sono superficiali. Tutti gli esami sono sempre anche scritti e vengono svolti scrupolosamente. Ho scelto la Parthenope perché sapevo che la sua Facoltà di Economia è una delle migliori, convinzione che è stata confermata dai fatti e dal confronto con amici che studiano altrove. E dire che, considerata la zona di Napoli dove abito, sarebbe stato molto più comodo iscrivermi alla Federico II”. Bruno Musella, 23 anni, al terzo anno del Corso di Laurea in Logistica e Trasporti, dice di aver fatto una scelta mirata e di non essersene mai pentito. “A me, come studente, dà molto fastidio sentir fare certe affermazioni, alla fin fine però ciò che conta è l’esperienza fatta, che nel mio caso è stata molto positiva. Per me non esisteva alcuna alternativa all’Università Parthenope, perché il Corso di Laurea cui volevo iscrivermi è attivo solo qui. Quindi non temo neppure per il mio futuro lavorativo, visto che avrò delle competenze difficilmente acquisibili altrove. A volte si sente dire che sul curriculum il nome dell’Ateneo di provenienza fa una bella differenza, ma nel mio caso la differenza è solo un fattore positivo”. Dello stesso avviso è Giancarlo Spiezia, 22 anni, anche lui iscritto a Logistica e Trasporti. Giancarlo aggiunge di aver avuto diversi docenti formatisi nella Federico II, che hanno sempre evidenziato espressamente quali sono i punti di forza della formazione targata Parthenope. “La prof.ssa Mariniello, ad esempio, ha spesso puntato l’accento sul fatto che da noi c’è molta più specializzazione nel settore ragionieristico e aziendalistico. Detto da lei, nata e cresciuta nell’ateneo federiciano, che comunque ha una tradizione antichissima, è rincuorante. Però non mancano quei professori che della provenienza federiciana fanno vanto, sembrando quasi volere implicitamente confermare i soliti luoghi comuni”. 
“Ben supportati
dopo la laurea”
Un altro studente di Logistica e Trasporti, Marcello Messina, riprende il discorso sulla specificità del Corso di Laurea scelto e sulla sua strategicità in un’ottica futura. “Personalmente non temo particolari difficoltà per il post-laurea. Secondo le informazioni che ho reperito prima di iscrivermi, il corso che sto seguendo esiste solo qui alla Parthenope e a Genova. Più in generale, ritengo che le aziende davvero valide sono quelle che fanno buone indagini sugli atenei e, da una buona indagine, la nostra Università non può che uscire con un risultato positivo. Da noi, inoltre, si viene molto supportati dopo la Laurea”. Secondo Rossana Buccella, iscritta alla Specialistica in Management del settore turistico e dei beni culturali, “questo è un Ateneo ricco di specificità, che sono la sua forza”. Rossana conferma che sono ancora diffuse convinzioni errate sulla qualità degli studi alla Parthenope. “L’importante è non lasciarsi influenzare e proseguire per la propria strada”. Come lei, Sara Schettino, 23 anni, iscritta al primo fuori corso della triennale in Management delle imprese turistiche, si è ritrovata soddisfatta della sua scelta. “Se potessi tornare indietro rifarei esattamente la stessa scelta – dice – sul post laurea non ho timori, non vedo ragioni di discriminazione da parte delle aziende”.
I problemi, quelli veri, sono altri. Alessio Forcino sa parlarne con chiarezza. Ventitreenne iscritto al primo anno fuori corso di Management delle imprese turistiche, afferma che sul piano formale tra i corsi della Parthenope e quelli corrispondenti presso gli altri atenei non c’è nessuna differenza. “Per quanto riguarda l’economia, non c’è differenza neppure sul piano della tradizione. Mi ritengo alla stessa altezza di uno studente della Federico II – dice – le diversità si notano invece sul piano organizzativo. Il rapporto tra il numero dei docenti e gli studenti, gli sfasamenti degli appelli d’esame quando si supera il confine del primo anno e non si riesce più a seguire tutti lo stesso scadenzario per filo e per segno, la grandezza delle aule che non sempre riescono a contenere un numero di allievi crescente. Almeno finora è stato così”. A spostare ancora più in alto il piano della discussione ci pensa Florian Lenk, studente ventiseienne di padre tedesco e madre napoletana, che sottolinea quanto siano inconsistenti determinati luoghi comuni ma allo stesso tempo quanto siano vere certe pecche che purtroppo è possibile riscontrare nella Parthenope come nelle altre Università. Se gli si chiede un giudizio sulla qualità dei corsi, risponde con tono deciso e allo stesso tempo rammaricato, deluso: “troppo scolastici. Difficilmente si varia, difficilmente si inizia una discussione che aiuti a farsi un’idea. Utilizziamo tutti lo stesso libro, ci fanno fare esami scritti in cui le risposte ai quesiti devono essere contenute in un massimo di dieci righi. Mi sembra che non ci sia un incentivo a sviluppare le persone e che se uno studente esprime la sua opinione su un argomento di studio sia addirittura valutato male”. Racconta: “a me è capitato: all’esame sono stato interrotto mentre cercavo di esporre una mia idea. Io mi aspettavo un’Università meno vicina alla scuola, che desse più spazio alla creatività e alla sperimentazione. Mio padre è docente di Sociologia in Germania e io sono cresciuto nella convinzione che l’Università dovesse offrirmi strumenti di sviluppo delle capacità critiche”. Alessio Forcino aggiunge la sua: “sono le conseguenze della riforma, di cui l’Università Parthenope ha probabilmente risentito di più perché è cresciuta negli anni in cui entrava in vigore. Sono perfettamente d’accordo con quanto detto da Florian, anche se ho un’estrazione sociale diversa dalla sua, anzi, forse proprio questo dimostra quanto sia grande il problema. Mio padre ha la terza media, mia madre è casalinga. Chi viene da una situazione come la mia, dall’Università pretende”.
(Sa.Pe.)
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