Studenti e giovani ricercatori napoletani al Cern di Ginevra

È un esperimento che vede impegnati migliaia di scienziati, soprattutto fisici particellari. Ha già prodotto ricadute tecnologiche in termini di nuovi materiali e nuove reti di calcolo e, pur essendo estremamente settoriale, ha riempito per mesi le prime pagine dei media mondiali perché la sua unicità suscita speranze e paure. Si tratta di LHC (Large Hadron Collider), l’acceleratore di particelle più grande mai realizzato, costruito all’interno di un tunnel sotterraneo, che sfrutta in parte il tracciato di un precedente esperimento, lungo 27 km, situato al confine tra Francia e Svizzera. La sede operativa è il CERN di Ginevra, dove è nato Internet. Consiste in quattro esperimenti a due dei quali partecipa anche il Dipartimento di Fisica di Napoli. Molti gli studenti ed i giovani ricercatori coinvolti che vi hanno sviluppato tesi di laurea e di dottorato. Dopo anni di assemblaggio la colossale macchina il 10 settembre è stata accesa e…si è rotta. 
“Non si è rotta, semplicemente due degli oltre 4mila magneti hanno fatto cortocircuito. Non è un danno grave, ma la temperatura interna è prossima ai meno 273 gradi. Non si può lavorare a quelle temperature, occorrono quindici giorni per alzare la temperatura e altrettanti per riportarla ai valori sperimentali. Questo ha tolto del tempo, ma la pausa invernale era prevista”. Michele De Gruttola, 25 anni, dottorando originario di Ariano Irpino (Avellino), quel giorno c’era. “Ho seguito l’accensione dalla sala accanto a quella di controllo. Quando siamo tornati al lavoro abbiamo visto le tracce sul computer”. La passione per la Fisica è nata a scuola. “Le particelle rappresentano la parte più ricca della Fisica. La ricerca è interessante, ma è un lavoro come altri, davanti al computer. Però sentirsi parte di una cosa unica, è affascinante”.
“Al CERN incontri premi Nobel e capi di Stato. Hanno iniziato a costruire l’edificio in cui ha sede il nostro esperimento quando mi sono iscritto all’università. Praticamente mi è cresciuto intorno”, racconta Vincenzo Izzo, giovane ricercatore di 32 anni, appassionato di basket e videogiochi, originario di Telese (Benevento). Alle spalle studi sulle fibre ottiche da adoperare all’acceleratore. “Ho voluto realizzare una tesi sperimentale perché in Fisica non teorizzi e basta. La sera prima di andartene sai già se hai fatto qualcosa di utile o no”. È entusiasta di Ginevra. “Una città piena di cultura dove tutti parlano almeno due lingue e i ragazzi vanno a scuola di musica, invece che a giocare a pallone”.
“Non ti 
annoi mai”
Pasquale Noli, 29 anni, dottorando, ha sempre avuto pochi dubbi sul suo futuro. “Da bambino guardavo Quark e sognavo di fare lo scienziato, o il calciatore. Mio padre è un matematico, perciò sono cresciuto in un ambiente di questo tipo”. Dopo la laurea ha vinto un dottorato a Barcellona, che ha lasciato per tornare a Napoli e seguirne un altro. “La mia fidanzata ha un lavoro fisso qui e quando ho avuto l’opportunità sono tornato”. Ha deciso di diventare ricercatore all’ultimo anno di università. “Ma non avrei mai immaginato che significasse stare davanti al computer. Ho iniziato lavorando a dei particolari tipi di sottorilevatori. Il bello di questo lavoro è che un giorno sei al computer, l’altro hai il caschetto e avviti un pezzo, non ti annoi mai”. 
“Sono figlia di due ricercatori chimici, però io ho scelto la Fisica perché è più bella, meno arida ed ha un impatto sociale”, afferma Anna Cimmino, 27 anni, di Varcaturo, dottoranda sul sistema di controllo. Ormai lavora quasi stabilmente al centro di ricerca svizzero. “Questo lavoro non ti lascia molto tempo libero, vista la massa impressionante di dati, però laggiù mi sono fatta una bella famiglia, con cui giocare a tennis, o andare a correre”. Fa parte di una rete europea che promuove gli studi scientifici, presso i giovani, in particolare presso le ragazze. “Non si tratta di cose fuori dal mondo. Questa non è un’oasi di geni, siamo tutti normali, anche un po’ noiosi”. E aggiunge: “la matematica non gode di buona fama, ma è colpa degli insegnanti”.    
“Sto eseguendo gli ultimi test sui rilevatori”, dice Francesca Toglia, 26 anni, laurea attesa entro la fine dell’anno. È stata per la prima volta al CERN nel 2005, selezionata fra i 120 ‘summer students’ provenienti da tutto il mondo. “Ci volevo andare fin da bambina, quando lessi sul sussidiario una lettura tratta da un articolo di Rubbia che aveva vinto il Nobel da poco”. Ha lavorato con una ricercatrice tedesca famosa per essere severissima, “che mi ha trasmesso la sua incredibile passione. Una volta mi ha chiamata in piena notte, perché aveva avuto un’illuminazione su dei test che non andavano bene. Lì hanno tutti una grande voglia di fare. E poi c’è il mondo e anche quelli che non conoscono bene l’inglese, comunicano con il linguaggio della scienza”. La sua vita non è solo lavoro, coltiva la passione per la letteratura, lavorando in una piccola casa editrice come lettrice e correttrice di bozze. 
Orso Iorio ha 23 anni e si è appena laureato. “Ho sempre avuto il sogno della scienza. Le particelle sembrano astruse e lontane dalla realtà pratica, ma per me sono la cosa più fondamentale e materiale che ci sia. La mia tesi è basata su un metodo statistico per verificare i risultati di alcune simulazioni”. Ha anche un’altra grande passione, le arti marziali, in special modo una tecnica di difesa giapponese: il budotaijutsu. “Siamo riuniti in un’associazione e durante l’anno partecipo ai seminari internazionali tenuti dai maestri della disciplina, che si svolgono in giro per l’Italia”.
“La Fisica ha una
grande eleganza”
Annapaola De Cosa, 24 anni, ha iniziato da poco la tesi. “Sono sempre stata affezionata agli studi scientifici perché sono curiosa. Dopo aver pensato di iscrivermi a Medicina, Biologia, Ingegneria e Architettura, al quinto anno del liceo ho capito che per fare qualcosa di insolito avrei dovuto raccogliere la sfida”. Continua: “all’inizio hai molti dubbi mai poi ti rendi conto che la Fisica ha una grande eleganza”. Il sogno della ricerca: “sai di non aver finito e che c’è altro da studiare” e le rinunce “ho conservato solo la passione per la fotografia. Scatto le mie foto e le modifico con Photoshop”. 
“Il bello di un acceleratore è che è un microscopio aperto sull’infinitamente piccolo”, dice entusiasta Salvatore Di Guida, 28 anni di Vico Equense. “Ho conosciuto il CERN durante i primi tempi di università e mi sono detto che un giorno ci sarei andato. È stata un’esperienza totalizzante. Sono anche stato tra gli ultimi a vedere l’acceleratore aperto, ho le foto”. Si è laureato con una tesi sul decadimento di alcune particelle e a dicembre parteciperà al concorso di dottorato. Anche lui ci tiene a sottolineare che è un ragazzo normale, “come tanti con la passione del calcio, gioco e fantagioco”. 
Elisa Musto, 28 anni, viene da Rapolla (PZ) e collabora con l’università. Le è scaduto da poco un contratto di venti mesi ed ora aspetta il concorso per il dottorato: “perché da noi è l’unico modo per fare ricerca”. Ha scelto la sua strada a scuola. “Ho sempre pensato, in parte sbagliando, che una laurea scientifica ti desse maggiori opportunità lavorative ed ho scelto la disciplina che mi piaceva di più, perché un fisico si fa domande e cerca risposte e questo mi ha sempre affascinato”. È stata in Svizzera solo per poco, ma ha voglia di tornare. “È un ambiente stimolante e si fa un lavoro bellissimo”. Le piacciono lo sport e i giochi di società: “ma il tempo libero è davvero poco”.
Partire o
 restare?
Ragazzi normali, quindi. Che potrebbero essere obbligati per la loro passione ad andar via dal nostro Paese. “Quando scegli questa strada metti in conto molte cose, comunque resto” (Orso). “Fare il lavoro che piace è un privilegio, però andare fuori significa mettere da parte la vita privata, anche se Ginevra è stupenda e quando torni a Napoli diventi insofferente” (Annapaola). “Ho dei legami affettivi qui e sono pronto anche ad occuparmi d’altro” (Michele). “Andar via non mi spaventa” (Francesca). “Me ne sono già andato una volta e so cosa significa, sei completamente solo. Quando il cellulare non prende e non conosci la lingua, sei fuori dal mondo” (Pasquale). “Se dovrò andare all’estero, lo farò” (Vincenzo). “Se potessi mettere a frutto quello che ho imparato, partirei” (Salvatore). “Trascorrere dei periodi all’estero fa parte del mestiere” (Elisa). “E’ dal 2004 che faccio la spola avanti e indietro. Come in passato i miei. Però non farei tutto per la ricerca. Spero in una via di mezzo” (Anna).
E i buchi neri? I ragazzi non hanno dubbi “L’eventualità che si formino è remotissima e quella che possano resistere tanto da essere pericolosi, lo è ancora di più”.
                                                                                         Simona Pasquale 
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