Un gruppo di studenti e laureandi alla scoperta del Giardino Inglese della Reggia

Alla scoperta del Giardino Inglese della Reggia di Caserta. Studenti del IV anno del Corso di Laurea in Architettura, con l’aiuto di nove laureandi, sono alle prese con un progetto inedito e complesso che riguarda il fiore all’occhiello di Palazzo Reale. Ad aver ideato ed organizzato già due sopralluoghi è stato il professore Paolo Giordano che, nell’ambito del Laboratorio di Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente, ha pensato di colmare una profonda lacuna documentaristica che interessa malauguratamente quel patrimonio architettonico e micro infrastrutturale esistente appunto nel Giardino Inglese. “Sono da sempre un esploratore – spiega il prof. Giordano – che si muove ed opera tra architettura e paesaggi nei luoghi dimenticati del patrimonio architettonico partenopeo”. E spinto da un buon legame con il nuovo Direttore del complesso vanvitelliano, il bolognese Mauro Felicori, ha deciso lo scorso anno di scrivere e realizzare un progetto “che intende porre rimedio ad una inspiegabile disattenzione conoscitiva che non ha consentito di trasportare nel terzo millennio un bene culturale nella sua massima potenzialità di espressività architettonica, fruibilità d’uso e adattabilità a funzioni contemporanee”, ribadisce il professore. La realtà è la seguente: il Giardino Inglese è un recinto vegetazionale di 25 ettari che ospita una serie di padiglioni architettonici mai rilevati e disegnati e progettati da Luigi Vanvitelli e il figlio Carlo nella loro
unicità e nei loro reciproci rapporti relazionali. Questa tendenza ha prodotto e generato nel tempo una dannosa carenza documentativa che ha condotto inevitabilmente a restauri discutibili, di scarsa qualità, e, peggio ancora, a un vero e proprio degrado del patrimonio architettonico ed infrastrutturale che dimora in un contesto ambientale di
rara bellezza paesaggistica che tutto il mondo ci invidia. Il Direttore Felicori ha concesso di entrare in tutti i padiglioni e permesso una completa campagna di rilevamento architettonico. Il Giardino Inglese, che venne realizzato in due fasi diverse (prima da Luigi Vanvitelli e poi, 32 anni dopo, dal figlio Carlo), è un “giardino di delizie”, così come il Petit Trianon alla Reggia di Versailles di cui è l’alter ego, ovvero è un ambito intimistico appartato rispetto alla vita ufficiale di corte che doveva suscitare nei pochi privilegiati dell’epoca meraviglia e stupore con i suoi corsi d’acqua, le sue aiuole fiorite, i suoi alberi rari, i tempietti e i padiglioni, le serre botaniche e le piccole grotte. Ma cosa ci riserva questa piccola meraviglia quasi dimenticata e poco conosciuta che conserva
ancora quei caratteri innovativi dei progetti di suolo vegetazionale che si stavano disseminando nei maggiori parchi europei? L’architettura monumentale del Giardino Inglese è oggi rappresentata dall’Aperia reale, un edificio che dal 1826 assume una configurazione ad esedra neoclassica semicircolare che va a completare un frammento infrastrutturale che risale alla sesta decade del diciottesimo secolo. A valle c’è la Piramide, un elemento architettonico che diventa un punto di snodo idraulico per l’approvvigionamento dell’acqua a quella concatenazione
idrica formata dalla Fontana del Pastore e a tutto il sistema di canali che occupa la parte centrale del giardino che si prolunga fino a un laghetto artificiale dove c’è un finto rudere. Sul lato opposto è collocato il Tempio Italico, una ricostruzione di ruderi, rocchi di colonne, parti di architrave e decorazioni scolpite. Sul versante orientale, per volontà di re Ferdinando IV, si struttura l’Orto Botanico, una successione di blocchi edilizi, orti, serre, vivai e fontane tutti addossati al muro di cinta dell’antica Via de’ Molini. Qui ha abitato il giardiniere John Andreas Graeffer: la Casa del Giardiniere è un edificio a due livelli che a valle ospita la Serra Ottocentesca e la Scuola Botanica. La ricerca del prof. Giordano e dei suoi studenti continua. Un contributo fondamentale e necessario alla letteratura architettonica e paesaggistica di un gioiello che merita tutta l’attenzione possibile.
Claudia Monaco
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