“Siate curiosi, catturate la complessità attraverso lo sguardo della mente”. E’ l’invito che rivolge alle future matricole di Architettura della Seconda Università il Preside Carmine Gambardella.
Come descriverebbe la Facoltà ai nuovi iscritti? “E’ un luogo dove si svolge didattica, ovviamente, ma è anche un centro di ricerca eccellente. I due aspetti si legano l’uno all’altro, perché se non c’è ricerca non può esserci buona didattica”.
Le caratteristiche dei due filoni, quello in Design e quello propriamente in Architettura, quali sono? “Sono percorsi differenti. I laureati in Design non hanno un proprio albo e non possono iscriversi a quello degli architetti, ma trovano molte opportunità di lavoro nelle imprese. Purché, naturalmente, abbiano capacità e disponibilità a spostarsi. I laureati in Architettura puntano alla professione libera. E’ importante, però, che ragionino sempre nell’ottica di confrontarsi, ormai, in un contesto europeo. Anche in questa chiave, la Facoltà il prossimo anno attiverà una versione completamente in inglese della nuova laurea biennale in Architettura degli interni per l’accessibilità. Contiamo di attirare studenti stranieri”.
Quali sono i settori della ricerca nei quali è maggiormente impegnata la Facoltà? “Per esempio partecipiamo al progetto Pompei, Fabbrica della Conoscenza. Siamo impegnati con il Centro regionale di competenza sui beni culturali Benecon, spin off di quattro Atenei campani e attorno al quale si è formato un comitato scientifico che insieme a prestigiosi docenti, dalla Sorbone di Parigi a dell’Ecole Tecnica Superior d’Arquitectura Barcelona, per citare solo alcune istituzioni, vede la Fulbright Commission e soprattutto la Commissione Nazionale Unesco”.
In concreto che fate? “Già due anni fa, prima del crollo, le indagini dei nostri ricercatori erano partite. Parliamo di un rilievo a tre dimensioni degli scavi e della rete geodetica. Se il Ministero per i Beni e le Attività culturali ci avesse ascoltato e installato i georadar e i sensori acustici all’interno delle case, la Schola probabilmente sarebbe ancora in piedi. Il lavoro portato avanti da Benecon con le università campane ha visto il coinvolgimento di gruppi di ricerca e giovani scienziati in costante sinergia con competenze archeologiche, sismiche, tecnologiche e sui materiali”.
Altri esempi? “Ne citerò uno che riguarda più direttamente gli studenti. Alcuni laureandi hanno dedicato le tesi alla progettazione della riqualificazione dei beni confiscati ai camorristi. Lo scorso anno fu organizzata anche una mostra per esporre i lavori. C’è un progetto avviato nell’aprile del 2008 con la firma dell’accordo di collaborazione per il riutilizzo sociale dei beni confiscati tra la Facoltà, il coordinamento provinciale di ‘Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie’, il comitato don Peppe Diana”.
Fabrizio Geremicca
Come descriverebbe la Facoltà ai nuovi iscritti? “E’ un luogo dove si svolge didattica, ovviamente, ma è anche un centro di ricerca eccellente. I due aspetti si legano l’uno all’altro, perché se non c’è ricerca non può esserci buona didattica”.
Le caratteristiche dei due filoni, quello in Design e quello propriamente in Architettura, quali sono? “Sono percorsi differenti. I laureati in Design non hanno un proprio albo e non possono iscriversi a quello degli architetti, ma trovano molte opportunità di lavoro nelle imprese. Purché, naturalmente, abbiano capacità e disponibilità a spostarsi. I laureati in Architettura puntano alla professione libera. E’ importante, però, che ragionino sempre nell’ottica di confrontarsi, ormai, in un contesto europeo. Anche in questa chiave, la Facoltà il prossimo anno attiverà una versione completamente in inglese della nuova laurea biennale in Architettura degli interni per l’accessibilità. Contiamo di attirare studenti stranieri”.
Quali sono i settori della ricerca nei quali è maggiormente impegnata la Facoltà? “Per esempio partecipiamo al progetto Pompei, Fabbrica della Conoscenza. Siamo impegnati con il Centro regionale di competenza sui beni culturali Benecon, spin off di quattro Atenei campani e attorno al quale si è formato un comitato scientifico che insieme a prestigiosi docenti, dalla Sorbone di Parigi a dell’Ecole Tecnica Superior d’Arquitectura Barcelona, per citare solo alcune istituzioni, vede la Fulbright Commission e soprattutto la Commissione Nazionale Unesco”.
In concreto che fate? “Già due anni fa, prima del crollo, le indagini dei nostri ricercatori erano partite. Parliamo di un rilievo a tre dimensioni degli scavi e della rete geodetica. Se il Ministero per i Beni e le Attività culturali ci avesse ascoltato e installato i georadar e i sensori acustici all’interno delle case, la Schola probabilmente sarebbe ancora in piedi. Il lavoro portato avanti da Benecon con le università campane ha visto il coinvolgimento di gruppi di ricerca e giovani scienziati in costante sinergia con competenze archeologiche, sismiche, tecnologiche e sui materiali”.
Altri esempi? “Ne citerò uno che riguarda più direttamente gli studenti. Alcuni laureandi hanno dedicato le tesi alla progettazione della riqualificazione dei beni confiscati ai camorristi. Lo scorso anno fu organizzata anche una mostra per esporre i lavori. C’è un progetto avviato nell’aprile del 2008 con la firma dell’accordo di collaborazione per il riutilizzo sociale dei beni confiscati tra la Facoltà, il coordinamento provinciale di ‘Libera. Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie’, il comitato don Peppe Diana”.
Fabrizio Geremicca