Una mostra e un volume su “La Scuola di Posillipo”

Settantaquattro dipinti, tutti provenienti da collezioni private ed in gran parte esposti per la prima volta al pubblico, sono da alcune settimane in mostra al Maschio Angioino ed all’interno della Cappella Palatina, unico sito angioino sopravvissuto dell’edificio monumentale. I quadri offrono una preziosa testimonianza di quella che fu la Scuola di Posillipo ed una anticipazione della successiva stagione del Realismo. La mostra è stata promossa grazie al contributo del Comune di Napoli, in particolare dell’assessore alla Cultura Nino Daniele, nell’ambito della programmazione dell’Estate a Napoli, la rassegna che nacque nel 1979, all’epoca della giunta Valenzi. L’ingresso alla mostra, che resterà al Maschio Angioino fino al 1° ottobre, è gratuito. Gli orari: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 18; la domenica dalle 10 alle 13. L’evento è curato dalla prof.ssa Isabella Valente, che insegna Storia dell’arte contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’ateneo Federico II. Un volume, “La Scuola di Posillipo. La luce di Napoli che conquistò il mondo” presentato il 18 settembre, mentre andiamo in stampa,  celebra l’evento.
“L’ultima mostra interamente dedicata alla Scuola di Posillipo – ricorda la docente – risale al 1945 e fu promossa al Museo Filangieri. Poi ci sono state varie sezioni nell’ambito di rassegne più ampie. Una, per esempio, a Milano, nel contesto di un’esposizione, peraltro molto bella ed interessante, dedicata al romanticismo. Un’altra qui a Napoli nel 1997 nel contesto di un evento che si tenne a Capodimonte e che riguardava la civiltà dell’Occidente”. 
Valente è una profonda conoscitrice, perché lavora sull’argomento da molti anni, dei pittori che nella prima metà dell’Ottocento raggiunsero Napoli da ogni parte d’Europa e dipinsero i suoi paesaggi. Russi, belgi, francesi, tedeschi, inglesi i quali, insieme ai napoletani ed agli italiani, diedero vita a quella che sarebbe stata poi definita la Scuola di Posillipo. “Proprio come per i Macchiaioli e gli Impressionisti – sottolinea – l’espressione fu inizialmente utilizzata in senso critico e quasi dispregiativo. Divenne poi la bandiera di un gruppo di artisti – molti dei quali vivevano proprio a Posillipo – che immortalarono i paesaggi  di Napoli o che, più in generale, spaziarono con i propri dipinti su tutta quella che all’epoca era la Campania Felix, dalla costiera sorrentina ai Campi Flegrei, da Capri a Mergellina”. Fu – sottolinea la docente – un movimento certamente legato a quello più vasto del Romanticismo, del quale condivideva, tra l’altro, la passione per gli spazi aperti e per la Natura. “La luce di Napoli – riflette – fu l’elemento attrattore di artisti che venivano dal Nord Europa e dai Paesi scandinavi. Realizzarono una rivoluzione, perché fino ad allora il quadro si componeva in atelier. Si effettuavano rilievi e sopralluoghi all’aperto, ma la realizzazione era al chiuso, negli studi di pittura. Mezzo secolo prima degli Impressionisti, gli artisti della Scuola di Posillipo dipinsero i paesaggi stando immersi in quegli stessi paesaggi. Anche per questo realizzarono dipinti di dimensioni più contenute rispetto al passato. Usavano olio su carta e poi incollavano su supporti più resistenti come la tela”. 
La mostra sta riscuotendo interesse. “Ad oggi, quindi a metà settembre – quantifica la prof.ssa Valente – abbiamo avuto 45 mila presenze. Una delle giornate record è stato Ferragosto: 750 persone nelle tre ore di apertura. Negli occhi dei visitatori rimane la nostalgia e forse perfino la rabbia che suscita il paragone tra quei meravigliosi paesaggi e la realtà attuale di una città che, per quanto ancora bellissima, è stata pesantemente offesa dalla cementificazione selvaggia. C’è un quadro di Mergellina dipinto da Quintilio Michetti che fotografa in maniera impietosa quello che è accaduto. Ritrae una collina del Vomero completamente verde, perfino irriconoscibile”. Il sacco edilizio degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, l’incapacità e la mancanza di volontà della classe dirigente fino alla metà degli anni Settanta di governare le trasformazioni senza lasciare mano libera alla rendita immobiliare ed ai palazzinari hanno poi assassinato quella Napoli che tanto colpì ed emozionò i pittori della Scuola di Posillipo.
Fabrizio Geremicca
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