Venti anni di attesa, un milione di euro di spesa ed alla fine Napoli ha il suo canile. O, meglio, il suo centro di accoglienza per i cani. Non è solo questione di termini, tiene a precisare Stella Cervasio, la garante dei diritti degli animali. “Qui dentro – dice – i cani non dovranno restare a lungo. Andranno in adozione a persone che siano preparate ad accoglierli. Per questo si organizzeranno momenti di formazione, di dialogo, di educazione. Vorremmo anche ospitare scuole e ragazzi, proprio per abituare i più piccoli a relazionarsi con rispetto e consapevolezza con gli animali”. È dunque un ‘canile dinamico’, così lo ha definito qualcuno, quello che è stato inaugurato in via Janfolla, non lontano dalla metro del Frullone, alla presenza del sindaco Luigi de Magistris e dell’assessore al Welfare Roberta Gaeta. Ad esso fornirà un contributo di uomini e competenze il Dipartimento di Veterinaria dell’Ateneo Federico II. Per gestirlo, il Comune ha infatti stipulato un protocollo d’intesa con quest’ultimo e con la Asl Napoli 1. Si conta molto anche sul sostegno delle associazioni di volontariato. A regime, il centro di via Janfolla potrà accogliere fino a cento cani. Per ora gli stalli, l’area sgambatura e l’ambulatorio restano vuoti, in attesa del primo ospite. Una quota degli animali in ingresso potrebbe arrivare dai canili convenzionati – sei – nei quali alloggiano attualmente circa 400 quadrupedi, per i quali il Comune versa una retta di poco più di due euro al giorno. Altri cani entreranno in via Janfolla perché provenienti da famiglie o singoli che non sono più in grado di accudirli – un caso classico è quello dell’anziano ospedalizzato – o potrebbero essere animali raccolti in strada i quali non hanno le caratteristiche – per esempio perché cuccioli – per essere reintrodotti sul territorio come cani di quartiere. Il centro di accoglienza sarà intitolato a Spike, il meticcio che due anni fa fu bruciato vivo a Pozzuoli.
“Noi partecipiamo al progetto – ha detto durante l’inaugurazione della struttura il Direttore del Dipartimento di Veterinaria, Gaetano Oliva – perché la nostra è una struttura che ha come cattedre e banchi il territorio. Vogliamo essere presenti laddove possano risultare utili le nostre competenze”. Ha aggiunto: “Sotto il profilo della didattica, poi, il protocollo d’intesa offrirà occasioni importanti. Formare uno studente significa calarlo sin dal primo anno nella più viva realtà del territorio e metterlo a contatto con la professione”. Ha concluso: “Mi fa piacere essere qui e dare una mano come Direttore del Dipartimento anche per un altro motivo. In un contesto nel quale il concetto di accoglienza va a farsi benedire perfino nei confronti degli umani, aprire un centro di accoglienza per cani è un bel segnale di resistenza. Dobbiamo sempre partire, nelle nostre azioni, dal rispetto di ogni forma di vita. Per noi veterinari è particolarmente vero, perché, se ci appiattiamo in un concetto di professione intesa solo come tecnica e perdiamo di vista il senso dell’umanità e dell’empatia che deve sempre accompagnare la nostra attività, non andiamo da nessuna parte”.
“Noi partecipiamo al progetto – ha detto durante l’inaugurazione della struttura il Direttore del Dipartimento di Veterinaria, Gaetano Oliva – perché la nostra è una struttura che ha come cattedre e banchi il territorio. Vogliamo essere presenti laddove possano risultare utili le nostre competenze”. Ha aggiunto: “Sotto il profilo della didattica, poi, il protocollo d’intesa offrirà occasioni importanti. Formare uno studente significa calarlo sin dal primo anno nella più viva realtà del territorio e metterlo a contatto con la professione”. Ha concluso: “Mi fa piacere essere qui e dare una mano come Direttore del Dipartimento anche per un altro motivo. In un contesto nel quale il concetto di accoglienza va a farsi benedire perfino nei confronti degli umani, aprire un centro di accoglienza per cani è un bel segnale di resistenza. Dobbiamo sempre partire, nelle nostre azioni, dal rispetto di ogni forma di vita. Per noi veterinari è particolarmente vero, perché, se ci appiattiamo in un concetto di professione intesa solo come tecnica e perdiamo di vista il senso dell’umanità e dell’empatia che deve sempre accompagnare la nostra attività, non andiamo da nessuna parte”.