Dopo una lunga gestazione, nel 1967 vedevano la luce gli articoli che fondavano una delle più importanti acquisizioni scientifiche del XX secolo. Quella che ci ha svelato come funziona la Terra, fornendo una visione globale di tutti i processi che vi accadono. È la Teoria della Tettonica a Zolle, i cui primi cinquant’anni sono stati celebrati con una festa il 20 dicembre al Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse della Federico II. Una mattinata di divulgazione e convivialità, la prima nella nuova casa di Monte Sant’Angelo, alla quale è stato associato il tradizionale benvenuto alle matricole. “Non si tratta ancora dell’inaugurazione della nuova sede, ma è il primo evento che facciamo qui – dice il Direttore, il prof. Domenico Calcaterra – Questa teoria unificante ha messo insieme i riscontri provenienti da molte branche del sapere scientifico, mostrandoci le dinamiche del nostro pianeta e rivoluzionando le Scienze Geologiche”. Dopo i saluti istituzionali del prof. Piero Salatino, Presidente della Scuola Politecnica e delle Scienze di Base, si sono susseguiti brevi interventi illustrativi, volti ad esporre al pubblico presente le prove geologiche, e non solo, che continuano a confermare la coerenza e attendibilità della Teoria. Il geofisico Giovanni Florio ha spiegato i contributi della sua disciplina alla comprensione della dinamica della Terra: “gli elementi per una definitiva formalizzazione c’erano già a partire dagli anni ’40. In particolare, la Geofisica è stata importante per riuscire a comprendere la struttura interna del pianeta. Fin dal ’63, con l’osservazione delle anomalie magnetiche, ha saputo far comprendere il moto del Mantello”. Il prof. Stefano Mazzoli, geologo strutturale, ci riporta a casa descrivendo la formazione della Catena Appenninica, alla luce delle Tettonica: “l’Appennino è il prodotto del ‘raccorciamento’ e ‘impilamento’ della crosta”. Adria, infatti, il nome con il quale alcuni autori indicano il settore padano-adriatico, geologicamente stabile, un tempo era in Africa. Il petrologo e petrografo Leone Melluso racconta l’allontanamento delle placche che ha…
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