Possono la pandemia e la sostenibilità entrare a far parte di un’unica narrazione? La risposta è sì, secondo la prof.ssa Maria Antonia Ciocia, Direttrice del Dipartimento di Economia, ordinario di Diritto Privato, autrice dell’e-book “La sostenibilità ambientale in epoca pandemica”, edito da Wolters Kluwer. La presentazione del libro si è tenuta online, su piattaforma Teams, lo scorso 10 febbraio, con la partecipazione di alcune autorità istituzionali ed esperti del settore. Un momento di riflessione sui temi caldi della contemporaneità anche per gli studenti del secondo anno delle Triennali per i quali l’appuntamento ha costituito un’attività integrativa seminariale (con il riconoscimento di un credito formativo).
Il volume tratta due tematiche fondamentali, ha spiegato la prof.ssa Ciocia: “L’incidenza del deterioramento della biodiversità sull’insorgenza delle pandemie (teorizzato tra gli altri da WWF, Agenzia delle Nazioni Unite per l’Ambiente e Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services dell’ONU) e la preservazione della biodiversità tramite l’integrazione del modello di economia circolare”. Nel report che la docente propone nel suo testo, si legge che l’uomo ha modificato con la sua attività il 75 per cento dell’ambiente terrestre e il 66 per cento di quello marino, mettendo a rischio di estinzione circa un milione di specie animali e vegetali. La temperatura globale è aumentata di un grado rispetto all’epoca preindustriale e dei 6000 miliardi di alberi presenti all’inizio della rivoluzione agricola ne sono rimasti la metà. Il cambiamento d’uso del suolo e la distruzione di habitat naturali sono responsabili di circa la metà delle zoonosi emergenti. Per zoonosi si intendono le malattie infettive degli animali trasmissibili all’uomo. Le foreste pullulano di organismi, in gran parte batteri, virus, funghi e parassiti, ancora sconosciuti alla scienza moderna. La costruzione di strade interne alle foreste, l’espansione di zone di caccia di animali selvatici (bushmeat), la costruzione di villaggi in zone precedentemente selvagge e incontaminate, hanno esposto l’uomo a molti di questi microrganismi, che possono rappresentare dei vettori per la trasmissione di malattie. Si è venuta così a costituire un’influenza reciproca (e dannosa) tra uomo e territorio, nella quale l’uno è potenzialmente in grado di distruggere l’altro. “Il processo per cui una malattia effettua il salto di specie (cioè passa dall’animale all’uomo) si chiama spillover”, ha spiegato la prof.ssa Ciocia. Le ripercussioni delle attività antropiche sull’ambiente sono di grande entità: “Bisogna stabilire fino a che punto siano reversibili, ma certamente possiamo intervenire affinché la biodiversità non ancora danneggiata venga posta sotto tutela. Un modello di economia circolare potrebbe effettivamente ridurre l’impatto dell’opera dell’uomo sull’ambiente”. I capisaldi dell’economia circolare, peraltro uno degli obiettivi primari dell’Unione Europea in materia di tutela ambientale, sono il reimpiego dei materiali, quindi il riciclo dei rifiuti, e la riduzione delle emissioni di CO2. Rifacendoci ancora al report, infatti, appare chiaro come l’aumento della temperatura terrestre (dovuto ai cosiddetti gas serra) incida sulla creazione di un ambiente ideale per la proliferazione di virus e agenti patogeni, favorendo così i casi di zoonosi e gli eventi pandemici. Ma perché è importante parlare di zoonosi? “C’è chi sostiene che il Covid sia stato creato in laboratorio – ha detto la prof.ssa Ciocia – Io propendo per l’origine naturale del virus, avallata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Secondo la scienza, il Coronavirus sarebbe il risultato di uno spillover dal pipistrello all’uomo. I mercati che vendono carni di fauna selvatica, infatti, rappresentano un vettore di trasmissione di malattie infettive, anche se non possiamo essere certi circa le effettive circostanze della trasmissione. Anche se non disponiamo ancora dell’evidenza scientifica della correlazione tra attività dell’uomo e insorgenza di pandemie, le basi teoriche sono molto solide ed è per questo che ho deciso di affrontarle nel mio libro”. Un libro in formato digitale, coerentemente col tema della sostenibilità e della dematerializzazione, che è stato pubblicato nel 2020, ma che viene presentato soltanto oggi. “Non mi piace essere autoreferenziale – ha affermato la docente – e la timidezza non mi ha permesso prima di valorizzare il mio lavoro. Poi, grazie alla spinta di alcuni colleghi, ho deciso di espormi, data l’importanza del tema in questione”. Certo, qualcuno potrebbe muovere qualche obiezione: perché, ad esempio, una giurista come Ciocia abbia valicato i confini del proprio ambito disciplinare per parlare di scienza, sostenibilità e pandemie? La risposta della docente è adamantina: “Bisogna chiarire questo equivoco – ha affermato – La tutela dell’ambiente passa per il diritto. La gestione del territorio, lo smaltimento dei rifiuti e le modalità d’uso del territorio sono infatti regolati da precise norme. Nessuna invasione di campo, dunque. Si tratta solo di un approccio doverosamente multidisciplinare a un problema che non può riguardare un unico ambito. Al fine di promuovere un codice normativo funzionale alla risoluzione di questi problemi, è necessaria una conoscenza quanto più approfondita. È per questo che da trent’anni lavoro sul tema della sostenibilità ambientale”.
La pandemia ha offerto la possibilità di ripensare a possibili interventi in chiave polivalente, ha chiosato la docente: “Non si parla, infatti, di ripercussioni future sulla popolazione mondiale, ma di conseguenze attuali e immediate che possono essere tramandate ai posteri. Se è vero che l’intervento dell’uomo incide sulla diffusione delle pandemie, e lo fa tramite la distruzione della biodiversità, è fondamentale intervenire subito. Non c’è più tempo da perdere”.
Nicola Di Nardo
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