“Da bambina seguivo il prof. Danilo Mainardi, l’etologo volto di SuperQuark che vedevo come la massima espressione della divulgazione scientifica. Sognavo, un giorno, di poter fare anch’io la stessa cosa”, racconta la prof.ssa Giovanna Battipaglia, docente di Tecnologia del legno ed utilizzazioni forestali al Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche e Farmaceutiche (DISTABiF), che finalmente ha realizzato questo suo desiderio. Lo scorso 28 luglio, infatti, è comparsa in un episodio del famosissimo documentario condotto dal senior di tutti i divulgatori scientifici, Piero Angela, spiegando quali sono le informazioni contenute negli anelli degli alberi. Tutti hanno presente le anellature concentriche visibili in una sezione orizzontale di albero, ma pochi sanno che cosa siano e specialmente che cosa vogliano dire. Ed è a questo che serve la dendrocronologia. “Nei climi temperati – spiega la prof.ssa Battipaglia – cioè in quei climi in cui il discrimine tra le stagioni è molto marcato, le piante hanno sviluppato dei meccanismi di difesa per affrancarsi dalle insidie del clima stesso. Così si hanno delle stagioni in cui, come la primavera, le risorse a disposizione sono maggiori e si ha quindi una maggiore produzione di legno (visibile nello strato più chiaro degli anelli), mentre nelle stagioni più rigide le piante rallentano il proprio metabolismo (come gli animali che vanno in letargo), così da poter superare al meglio la stagione”. L’anellatura delle piante è un’importantissima fonte di informazioni, una fonte che non può mentire e non può essere manomessa: “Innanzitutto è importante sapere che ogni anello (che comprende parte chiara e parte scura) corrisponde a un anno di vita. Se si trovano anelli più sottili rispetto agli altri – riprende la docente – significa che la pianta ha sofferto per qualche motivo e non ha potuto produrre molto legno; viceversa, se gli anelli sono spessi, è indice di un anno favorevole. Indicazioni di questo tipo possono fornirci molti dati su eventuali destabilizzazioni del clima, date, ad esempio, da eruzioni vulcaniche o da incendi. Dall’analisi degli anelli è infatti possibile rinvenire tracce di incendi o attacchi di parassiti”.
“Le piante non dimenticano”
“Le piante non dimenticano”
E a proposito di questo, la prof.ssa Battipaglia racconta un aneddoto molto significativo: “un mio studente stava analizzando alcuni campioni legnosi per un progetto di tesi sull’effetto dell’incendio del 2017 sulle piante del Vesuvio quando però vennero fuori le tracce di un incendio avvenuto nel 1993, che era stato molto più distruttivo. Contattammo i Vigili del Fuoco per chiedere la documentazione relativa agli incendi boschivi di quell’anno, ma in archivio non era presente alcun documento. Dissi loro che le tracce si trovavano su molte piante e davano la stessa informazione: si era trattato di un gravissimo rogo che non poteva essere passato inosservato. Alla fine si trovarono i documenti, che si erano smarriti nella conversione al digitale, e confermarono quello che avevamo sostenuto. L’incendio del 1993 era stato gravissimo, tanto che vi avevano perso la vita alcuni vigili. Questa è una dimostrazione elementare di come funzioni la dendrocronologia: la memoria si può fare più labile, ma le piante non dimenticano, è tutto scritto sulla loro ‘pelle’”. Gli impieghi di questa tecnica sono molti, come la datazione di oggetti legnosi quali i violini Stradivari o le pale dipinte, ma attualmente, data l’emergenza climatica, l’impegno della dendrocronologia è rivolto al modo in cui le piante hanno affrontato e superato precedenti avversità, così da poter capire come si comporteranno in futuro. Proprio la dendrocronologia, si spiega nel servizio andato in onda, ha dimostrato ad esempio come la quercia, da sempre simbolo di forza e possanza nell’immaginario collettivo, sia in realtà più vulnerabile alle instabilità climatiche. Oppure con questa tecnica è possibile confermare le fonti storiche: se in queste si parla di una grande siccità, dall’analisi delle anellature delle piante è possibile stabilirne la veridicità. “L’albero vivente più antico di cui abbiamo attualmente conoscenza – continua Battipaglia – si trova negli Stati Uniti, è chiamato Matusalemme ed ha un’età di oltre diecimila anni. Ma tracce più antiche possiamo ritrovarle nei fossili”. Insomma, l’ecologo forestale può agire insieme come un investigatore e uno storico, alla ricerca di tracce di cui si è persa ogni memoria. Al Distabif si è attualmente in attesa di alcuni campioni provenienti dall’Australia sui quali sono da ricercare le tracce di un impatto da meteorite, cosa che, se confermata, costituirebbe un oggetto di studio molto importante. “La divulgazione scientifica potrebbe sembrare una cosa semplice perché basta raccontare – dice ancora la docente – ma in realtà non c’è nulla di più complesso. Noi esperti del settore facciamo uso di un linguaggio tecnico-scientifico che non può essere di immediata comprensione al vasto uditorio. Devo complimentarmi quindi con la troupe di SuperQuark, primo tra tutti il giornalista Paolo Magliocco, per la capacità di rendere concetti molto complessi con una semplicità immediata”. Inoltre è rimarchevole la professionalità con la quale gli operatori hanno lavorato, “che per un servizio di circa sei minuti, hanno seguito le attività di laboratorio per due giorni”. “Sono molto contenta di aver avuto questa possibilità – conclude la professoressa – che non è la prima in quanto ero già andata in onda su Newton (programma di Rai Scuola) con lo stesso argomento. Non solo è un incentivo alla corretta divulgazione, ma anche un incoraggiamento per gli studenti interessati a intraprendere questo percorso, in un mondo in cui ormai le informazioni sono tante ed è sempre più difficile saper discernere tra valido e specioso”. E per chi volesse apprezzarne la visione, i due documentari sono disponibili su Rai Play: uno contenuto nella puntata di SuperQuark del 28 luglio e dedicata al Sole, l’altro visibile su Newton, episodio 22 della stagione 2020.
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