“Si dice che il mare sia un sesto continente. Ha habitat, forme di vita e colori totalmente diversi rispetto a quelli che appartengono alle terre emerse. Immergersi è come andare su un altro pianeta; pianeta che, però, bisogna conoscere bene”. Usa parole intense e appassionate il prof. Giovanni Fulvio Russo per descrivere il lavoro sul campo in immersione che il gruppo di Biologia dell’Università Parthenope sta conducendo nelle aree marine protette della Campania. “In base ad un progetto nazionale di Contabilità Ambientale stiamo valutando il capitale naturale degli habitat presenti nelle aree marine protette”, spiega il docente, Ordinario di Ecologia. Il gruppo che guida si sta concentrando naturalmente sulle aree della nostra regione: “Siamo stati a Punta Campanella e ora siamo a Castellabate. Dopo il Cilento, seguiranno Ischia e Ventotene”. Questi mari offrono “un mosaico veramente ampio e variegato di habitat, ad esempio, ad alghe fotofile, coralligeni, di praterie di Posidonia, di fondo molle”. A Punta Campanella, nell’ultimo anno, “abbiamo lavorato sulle praterie di Posidonia, qui a Castellabate ci stiamo occupando dei popolamenti algali a cystoseire – un genere di alghe brune – Nella nostra squadra, normalmente composta da ricercatori, dottorandi, post-doc, adesso ci sono anche tre algologhe specializzate in questo tipo di contabilità ambientale”. L’attività che il team sta portando avanti “prevede una prima fase di prospezione subacquea; poi si stabiliscono le stazioni dove campionare. Devono essere il più possibile non distruttive: utilizziamo aspiratori subacquei per non distruggere il fondo e sui pesci si fanno censimenti visivi, quindi non vengo pescati né disturbati in alcun modo”. Al “lavoro sul campo” seguono le attività di laboratorio per determinare le biomasse e la fase di modellistica che serve per ricavare lo sforzo che la natura fa per produrre certe quantità di biomasse sia animali che vegetali. “La fase laboratoriale è di grande interesse anche per i nostri studenti che impiegano il materiale raccolto per le loro tesi di laurea. Qualche ragazzo che è già esperto nelle immersioni ci può seguire anche nel rilevamento subacqueo, ma parliamo di un’attività che richiede una forte specializzazione tecnica e per cui è necessario un addestramento molto lungo”. Per gli studenti, però, c’è un bel corso di introduzione alle tecniche di campionamento per la Biologia Marina “organizzato in collaborazione tra il Corso di Laurea in Scienze Biologiche e Punta Campanella. Di solito si organizza nell’ultima settimana di giugno ma il Covid, negli ultimi due anni, lo ha impedito. Immagino, e spero, potrà ripartire nel 2022”. Dodici i partecipanti “che vengono divisi in tre gruppi da quattro persone affiancati da istruttori e guide subacquee, due per ciascun gruppo, da me e dal prof. Roberto Sandulli. Ogni gruppo organizza un piccolo piano di campionamento e un’esperienza di ricerca subacquea – non oltre i 19 metri – La mattina si va al mare, il pomeriggio ci sono le lezioni teoriche e pratiche e, nella giornata conclusiva, i ragazzi presentano il loro lavoro sperimentale”. Il corso ha anche la sponsorizzazione della Società Italiana di Biologia Marina “e ha sempre attratto studenti non solo napoletani, ma da tante regioni italiane. Era anche una bella occasione di incontro”. Il mare, “come dicevamo all’inizio, è un mondo che trasmette sensazioni molto particolari. E, man mano che si scende in profondità, la luce si attenua e cambia ulteriormente. Ecco perché sottolineavo l’importanza di avere delle conoscenze tecniche specifiche. Chi fa immersioni deve saper riconoscere e comprendere le differenze per capire dove vale la pena di campionare. Bisogna conoscere bene per cogliere”.
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