Salute e territorio: il valore nutraceutico degli alimenti tradizionali campani

Il finocchio, o meglio il suo scarto, mele annurca e limoncella, pizza marinara napoletana. C’è un fil rouge che lega questi alimenti, tipici della nostra regione, e che conduce al Dipartimento di Farmacia, al laboratorio di Chimica degli Alimenti del prof. Alberto Ritieni. Gli studi condotti su questi prodotti, alcuni dei quali in collaborazione con altri Dipartimenti, e sul loro valore nutraceutico hanno inteso anche ribadire l’importante legame che c’è tra salute e territorio.
Lo studio sul finocchio, in collaborazione con il Dipartimento di Agraria e con un’azienda, “ha voluto rendere un servizio al nostro territorio, valorizzando un prodotto che, in Campania, è molto diffuso – spiega il prof. Ritieni, docente di Chimica degli Alimenti – Quando compriamo il finocchio, il prodotto è stato già privato della sua parte aerea, la parte alta. Questo scarto per lo più va all’agricoltura, ma non viene considerato utile per la creazione di un nuovo alimento”. Contiene, invece, polifenoli e acidi flavonoidi e “ha un certo valore nutraceutico per cui lo si potrebbe impiegare sul mercato alimentare. Immaginiamo, ad esempio, poi si vedrà, per una bevanda, un integratore o una farina”. Tra i frutti più apprezzati, nonché tra i più esportati, “il nostro studio sulle mele – in collaborazione con i Dipartimenti di Agraria e Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche – ha confrontato due varietà nazionali, la Red Delicious e la Golden Delicious, con le locali Limoncella e Annurca”. Dalla ricerca è emerso che “la Limoncella ha il contenuto più elevato di polifenoli e un’eccellente attività antiossidante. I dati della digestione simulata hanno poi evidenziato una maggiore bioaccessibilità dei suoi polifenoli”. Ed ecco, dunque, l’importanza di una corretta valorizzazione di questi prodotti “che hanno un mercato un po’ più piccolo, ma dalle caratteristiche nutraceutiche estremamente interessanti”. Profumata e saporita, la pizza tradizionale napoletana è conosciuta in tutto il mondo. “Abbiamo valutato il potenziale nutraceutico della pizza napoletana marinara, che è inserita nel registro delle specialità tradizionali garantite STG – prosegue il prof. Ritieni – confrontandola con quello di altre pizze marinare preparate con ingredienti diversi da quelli previsti dal disciplinare di produzione”. Pomodori pelati, cosiddetti frantumati, aglio, origano, olio extravergine, come da disciplinare, “nelle varie pizze abbiamo mantenuto uguale l’impasto e cambiato soltanto il pomodoro e l’olio. Abbiamo comparato il potenziale antiossidante, il contenuto di polifenoli e licopene e visto come la tradizione sia sinonimo di una migliore scelta”. Il docente chiude, infine, con un accenno ad uno studio in corso, in collaborazione con l’Università Vanvitelli, “per cui abbiamo somministrato oltre 1500 questionari, relativamente al lockdown dello scorso anno. Quella è stata un’occasione per re-impadronirsi della propria alimentazione. Dovendo stare in casa, infatti, c’è stata l’opportunità di riscoprire il valore del cucinare”.
 
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