Il fascino della danza aerea: “una botta di adrenalina”

Adrenalina ed eleganza, una caduta nel vuoto sulle note di una canzone: è il fascino della danza aerea, particolarmente amata al CUS Napoli. Il motivo, a detta delle tantissime studentesse che praticano questa disciplina, è che riempie le loro vite di elementi e sensazioni spesso assenti dalla quotidianità universitaria.
Una testimonianza in tal senso è quella di Antonella Melandri, studentessa di Ingegneria Biomedica alla Federico II, che in palestra ha ritrovato la creatività e la spensieratezza di quando era bambina: “A meno che non si scelga un percorso universitario più creativo, ci si ritrova ad affrontare cose abbastanza seriose ogni giorno, mentre questo sport ti fa ritrovare quella parte di te un po’ infantile. Soprattutto per una persona che, come me, da bambina praticava danza classica, è una possibilità per tornare a sentire quelle sensazioni divertenti senza sentirsi in imbarazzo”.
Nel raccontare, poi, che emozioni prova quando volteggia in aria, risponde che è come andare sulle montagne russe: hai paura quando stai per fare quello scatto, ma una volta finito vuoi subito rifarlo”. Infatti, come spiega la sua compagna Sara Valeria Piccolo, al terzo anno di Odontoiatria alla Vanvitelli, “durante gli allenamenti ci leghiamo facendo una serie di giri col tessuto per poter eseguire le ‘cadute’, cioè quando ti lasci nel vuoto per fare poi le capriole e le acrobazie, un momento in cui la paura di cadere si fa sentire ma, un po’ come nella vita, devi solo tirare un bel respiro e lasciarti andare”.

Mentalità che l’ha aiutata anche a superare l’ansia dovuta agli esami, durante i quali applica la stessa identica strategia: “un bel respiro e poi dritta senza paura”. Insomma, una vera e propria cura contro lo stress alla quale non si può assolutamente rinunciare, motivo per cui afferma: “nei giorni in cui ho palestra ruota tutto attorno a questo, posso rinunciare a tutto, ma non all’allenamento, a volte vado già con lo zaino all’università per poi andare direttamente al CUS. Ai corsi ho l’obbligo di frequenza e spesso mi capita di finire anche alle 18 e dover correre in palestra alle 19, ma la vivo come una grande valvola di sfogo”. Considerazioni identiche quelle di Nicoletta Calcagno, studentessa di Scienze della Formazione Primaria al Suor Orsola.

Sebbene si divida tra studio, palestra e l’inizio del lavoro da insegnante, continua a porre “tutto sullo stesso piano perché sì, lo studio fornisce le basi per il mio futuro, ma non è corretto per il benessere psicologico dello studente alternare solo casa, studio e università. Serve ogni tanto una botta di adrenalina”. Qualche difficoltà all’inizio per il trascorso nel basket, con i movimenti e la cura al dettaglio, oltre che il dover fare i conti con la paura di lanciarsi, ma “ad un certo punto trovi il coraggio di dire ‘vabbè, alla peggio cado’ e, se sbagli, hai subito voglia di riprovare e lanciarti di nuovo. Quando riesci, hai una soddisfazione in tutto il corpo: senti di avere raggiunto i tuoi cinque minuti di gloria”.
Giulia Cioffi

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Ateneapoli – n.04 – 2024 – Pagina 35

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