1968-2018: ripensare un’utopia collettiva

150 studenti sono accorsi, il 23 aprile, nell’Aula Appia del Dipartimento di Lettere e Beni Culturali (Dilbec) per assistere al convegno “1968-2018: Ripensare un’utopia collettiva”. Il 1968 è stato un anno intriso di fermenti sociali capaci di segnare uno stravolgimento dei costumi e dei modi di essere della società. A questa tematica il Dilbec insieme alla Direttrice Maria Luisa Chirico, e con i professori Federico Paolini e Elena Porciani, docenti di Storia contemporanea e Letteratura italiana contemporanea, e le dott.sse Paola Broccoli e Luigia Grillo, ha dedicato un incontro seminariale volto ad approfondire i lasciti culturali e sociali di quella fervida annata. I cori di protesta sollevati contro l’assetto della società non hanno riguardato la sola penisola italica. “Le fratture sociali emerse nel ’68 conobbero un’ampia diffusione – ha precisato il prof. Paolini – Ebbero il proprio epicentro nelle Università statunitensi per poi propagarsi velocemente nel vecchio Continente. La matrice delle tensioni sociali è pressoché uguale: un  sentimento avanguardistico avverso una società espressiva di paradigmi culturali accolti con insofferenza. In Germania, ad esempio, i giovani accusarono la Repubblica federale di essere troppo strettamente legata alla tradizione nazista. E qui arriviamo ad uno dei primi paradossi. In Italia, in Germania e, in misura minore, in Francia, i giovani contestavano la nascente società di tipo capitalistico guardando non più all’Unione sovietica ma alla Cina di Mao”. Su questa scia i moti di protesta del ’68 si diffusero in tutto il mondo: in Messico dove la ribellione prese l’avvio dalle fortissime differenze sociali tra ricchi e poveri, in Jamaica dove da un lato si protestava contro la dura repressione e dall’altro avveniva la rivoluzione musicale, in Brasile, in Sud Africa con la lotta per l’apartheid, in Asia, in Giappone, in Cina. “La società che era impegnata a costruire il benessere cittadino – afferma il prof. Paolini – veniva vissuta non come qualcosa di positivo ma un limite. E allora succede che ogni paese secondo il proprio ideale sviluppa un’idea diversa di libertà. Ma che tipo di libertà era? Si voleva sostenere non tanto la libertà collettiva ma individuale, di ciascuno, che è molto diversa rispetto a quella di una categoria sociale”. La rottura del patto collettivo e l’affermazione dell’individualismo è un’eredità che il ’68 ha impresso nel nostro bagaglio culturale e di pensiero. Protagonisti indiscussi di quella temperie furono i movimenti di massa, animati per lo più da giovani temerari e desiderosi di aprirsi verso nuovi orizzonti culturali con cui emanciparsi dalla grettezza di pensiero allora imperante. L’obiettivo cui si tendeva era ben preciso: innestare in seno ad una società retriva un’idea effettiva di libertà di pensiero. Il flusso delle rimostranze espresse nel ’68 destarono la riprovazione del poeta Pier Paolo Pasolini, un vero e proprio cittadino in terra di nessuno per quel periodo: 46enne, dunque più grande rispetto ai giovani in protesta, ed al contempo troppo giovane per rientrare nella categoria dei “padri” legati ad ideologie passate. È un intellettuale conosciuto, regista, con opinioni scomode e fuori dal coro che affluiscono nella poesia “Il Pci ai giovani” comparsa il 16 giugno del 1968 su “L’Espresso”. Si tratta dei versi sugli scontri di Valle Giulia. Senza mezzi termini Pasolini ebbe a definire quella temperie come una speciosa rivoluzione. “Pasolini da par suo espresse una stroncatura risoluta contro i movimenti di massa che furoreggiarono – ha rilevato la prof.ssa Porciani – evidenziando come i giovani, autentico nerbo delle proteste, a loro insaputa fossero mezzo di implementazione di un disegno neocapitalistico con cui si apriva la strada all’avvento del consumismo”.
Foto e documenti sul ’68 sono stati mostrati dalla dott.ssa Grillo, responsabile dell’Archivio di Stato di Caserta, e dalla dott.ssa Broccoli che si è dilungata sulle lotte sindacali che hanno interessato Terra di Lavoro. In conclusione, l’esposizione di una documentazione (locandine di convegni, giornali, volantini) di due archivi privati appartenenti a personaggi che hanno vissuto in prima persona il ’68 a Caserta: un esponente politico del Pci e uno della Cgil. “Da archivisti – ha chiosato la Broccoli – abbiamo cercato di estrapolare la documentazione che ci sembrava più adatta a rappresentare cosa accadeva in quegli anni”. 
Maria Teresa Perrotta
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