Pomezia, 17 aprile. Una destinazione e una data che hanno il sapore dell’appuntamento fisso a Farmacia. Anche quest’anno venti studenti di Chimica e Tecnologia Farmaceutiche (CTF), accompagnati dal prof. Paolo Grieco, Coordinatore del Corso di Studio, sono partiti da via Montesano sul bus messo a disposizione dal Dipartimento. Direzione: IRBM Science Park, società italiana specializzata nella scoperta e sviluppo di nuovi farmaci. “È stata un’opportunità vantaggiosa sotto molteplici aspetti. Un conto è immaginare la tecnologia coinvolta nel nostro settore, un altro è toccarla con mano. Ci ha dato una consapevolezza maggiore delle lacune della nostra formazione”. Ad affermarlo è Francesca D’Amico, laureanda che sta lavorando a una tesi sulla sintesi peptidica con il prof. Grieco. Quattro i settori aziendali visitati: “un laboratorio di sintesi, la parte di risonanza magnetica nucleare che ho visto per la prima volta dal vivo pur avendola studiata tante volte, il settore di screening, dove ci hanno mostrato come vengono valutati i composti sintetizzati, e un’ultima parte incentrata sugli studi di farmacologia. C’è un vero e proprio iter che va dalla sintesi fino alla validazione dei composti. Nel lavoro di tesi, invece, ci dedichiamo solo a una di queste fasi”. Strutture, ma non solo: “è stato importante poter parlare direttamente con chi lavora lì”. Le indicazioni arrivate: “ci hanno suggerito di compiere un’esperienza formativa all’estero. È un aspetto che valutano nell’analisi del curriculum”. L’età di molti dipendenti aziendali non è passata inosservata ad Anna Maddaluno: “erano tutti molto giovani, sulla trentina. Questo ci ha invogliati a porre domande”. Non sempre incoraggianti le risposte: “non è semplice accedere ad aziende così grandi. Ci hanno suggerito la strada del dottorato o almeno un periodo all’estero”. L’esperienza le ha lasciato “la consapevolezza di quanto sia difficile il passaggio dall’ambiente universitario al lavoro”. È andata via fiduciosa Giada Nardiello: “ho avuto la conferma di quanto i laboratori aziendali siano diversi da quelli universitari. Allo stesso tempo è cresciuta la consapevolezza che entrare in questo settore è difficile, ma non impossibile. Chi è motivato e preparato può farcela”. Ha scoperto che il mondo della ricerca non è solo laboratorio Kaotar Narhmouche: “ho capito l’importanza del mercato e delle relazioni con il cliente per garantire un’entrata da spendere nell’ambito della ricerca”. Sulla visita: “è fine a sé stessa se molte aziende sono restie nell’assumere neolaureati e alla fine siamo costretti a spostarci all’estero per trovare un’occupazione degna del percorso universitario che abbiamo scelto”. Quello a Pomezia è stato un viaggio verso la concretezza agli occhi di Rosa: “visitare l’IRBM ha finalmente dato una dimensione reale a molte cose che abbiamo soltanto studiato teoricamente negli anni. Ciò che mi ha più stupito è sicuramente il numero di apparecchiature avanzate di cui sono dotati i laboratori di ricerca, elementi che purtroppo mancano in quelli accademici”. Sarebbe meglio anticiparsi è il suggerimento di Giada: “ritengo che certe esperienze si debbano fare durante il percorso universitario e non in prossimità della laurea o da laureati addirittura”. Manca, secondo Francesca, una “interconnessione tra percorso universitario ed esperienza lavorativa in azienda. Su questo l’Università dovrebbe essere sostenuta da accordi e sovvenzioni che consentano allo studente di acquisire esperienza”. Una lacuna che può avere conseguenze poco felici, come sottolinea Chiara: “i rappresentanti dell’azienda, alla domanda di un possibile sbocco lavorativo da loro, non sono stati molto di conforto. Credo che l’Università debba indirizzare gli studenti verso esperienze pratiche che possano favorire l’inserimento nel mondo del lavoro”. Al momento, però, non sembra essere così. Basta ascoltare le parole di Alfredo: “il nostro Corso di Laurea è 98% teoria e 2% pratica, ovvero 98% fumo e 2% arrosto. Non si ha modo di vedere una reazione chimica. Come potremmo mai essere preparati al lavoro?”.
“98% teoria e 2% pratica: come potremmo mai essere preparati al lavoro?”
- Advertisement -