“Istituire una divisione in tre cattedre”, l’unica soluzione per i numeri di Inglese

Si è svolto nella prima metà del semestre il corso di Lingua Inglese per gli studenti di Lettere Moderne. Il corso, che annovera tra i frequentanti oltre trecento studenti del Dipartimento di Studi Umanistici, è terminato nel mese di dicembre. Il 10 gennaio scorso alcuni studenti hanno sostenuto l’esame. Un’occasione questa per ritornare a riflettere sugli interventi necessari da portare avanti per ottimizzare l’organizzazione didattica adottata per l’insegnamento della Lingua e porre rimedio a una questione annosa che vede per l’inglese il numero di partecipanti due volte superiore rispetto ai posti a sedere disponibili nelle aule didattiche. “Già al tempo del passaggio delle Facoltà in Dipartimenti, il numero di studenti che prediligevano tra le lingue a scelta lo studio dell’inglese è sempre stato molto alto, creando difficoltà all’interno di una lezione che per la sua natura frontale prevede necessariamente l’interazione e il confronto con il docente. Una situazione, dunque, consolidata che ha reso col passare del tempo, in concomitanza con l’aumento degli iscritti al Corso di Studi, il problema sempre più serio”. Parla la docente Flavia Cavaliere, professore associato di Lingua e Traduzione Inglese presso il Dipartimento. In una rete globale di contatti che pone l’inglese in primo piano, “risulta, direi, fisiologico che le scelte degli studenti siano orientate in questa direzione, unica opzione possibile tra le lingue insieme a Spagnolo”. Siccome tacciono quest’anno accademico sia il francese che il tedesco, la scelta risulta abbastanza vincolata. Andrebbe, pertanto, ripensata l’erogazione del corso e la divisione in più gruppi, vista l’ampia domanda. “Agli studenti va garantita la possibilità di riuscire a seguire in condizioni adeguate, assicurando a ognuno un posto a sedere per prendere appunti, riuscire a visualizzare le slide e seguire con attenzione. Cosa quest’ultima sempre più difficile, oggi abituati come si è al cosiddetto fast thinking”. Anche perché dall’anno scorso per ridimensionare le folle di Lettere sul primo e secondo anno gli insegnamenti di base sono stati spalmati su quattro o tre docenti, come per Letteratura, Storia della Lingua e Filologia Italiana o Geografi a. “Ma non tutti tra questi corsi sfiorano le centinaia di iscritti. È nel rispetto degli studenti progettare le medesime soluzioni per la cattedra di Inglese. Con i sacrifici che molti fanno per accedere all’Università, è inaccettabile ignorare una storia che si ripete da anni allo stesso modo per un corso che avrebbe dovuto essere sospeso”. Accade a molti di assistere alla lezione seduti sul pavimento o in piedi, oltre i limiti di capienza degli spazi, la cui mancata osservanza inevitabilmente confligge con le norme di prevenzione e disposizioni vigenti presso l’Ateneo in materia di sicurezza. “Alcuni non riescono proprio ad entrare in aula e restano nei corridoi, altri si demoralizzano e non seguono. Di fronte a questo scenario, diventa per me molto complicato riuscire a tenere il polso e portare a termine con lo stesso impegno una lezione con oltre 280 corsisti. Quest’anno abbiamo fatto i salti mortali per riuscirci”. Per esempio, “ho introdotto una prova intercorso scritta per snellire l’esame. 180 i presenti quel giorno”. Per ovviare in maniera provvisoria al sovraffollamento, negli scorsi mesi la docente, grazie anche all’assistenza del personale tecnico amministrativo – e in particolare dei collaboratori della sede di Corso Umberto, Michele Cesariello e Vincenzo Comparone – ha sdoppiato la lezione in due aule collegate in videoconferenza. “Una soluzione tampone perché un docente non può clonarsi. La programmazione dei corsi all’interno del Dipartimento va pianificata in base ai numeri, non nel mio interesse specifico, bensì nella tutela dei diritti e della dignità di studenti a cui l’Università è tenuta a corrispondere un servizio”. Un insieme di criticità che lascia un po’ l’amaro in bocca, anche perché “l’internazionalizzazione delle Università, argomento così attuale, passa del resto attraverso l’inglese, lingua franca del mondo”. Eppure “non abbiamo mai avuto un lettore. Agli studenti, in questo modo, ritorna un feedback negativo, un’immagine di noncuranza che penalizza l’istituzione che io rappresento”. Sono tante, perciò, le speranze per un intervento entro il prossimo anno. “Credo molto nel mio lavoro e nella solidarietà degli studenti, che sono molto più motivati di come spesso a torto li si dipinge. Non possiamo più andare avanti in questo modo. Speriamo con l’esperienza del nuovo Rettorato di ricevere l’attenzione dovuta per istituire una divisione in tre cattedre”.
Sabrina Sabatino
Dicono gli studenti
“Perché i corsi di lingua non seguono una suddivisione per cognome?”: un interrogativo che resta senza risposta. A formularlo è Alfonso Scibelli, studente del terzo anno di Lettere Moderne, che ha superato brillantemente l’esame di Inglese nell’appello del 10 gennaio. “Prima di seguire il corso non avevo alcuna competenza linguistica – racconta il laureando – Ho sempre avuto voglia di imparare questa lingua per me così ostica, che mi aveva dato problemi anche durante alcuni viaggi, in cui non ero riuscito a proferire una sola parola”. Un miglioramento che lo studente attribuisce alle lezioni impartite dalla prof.ssa Cavaliere, “una docente molto disponibile al confronto, ma allo stesso tempo ligia al dovere, di una integerrima professionalità”. Nonostante il gran numero di frequentanti, “ha dato ad ognuno la giusta attenzione, ribadendo che non esistono studenti di serie A e studenti di serie B”. Attenzione che “le consentiva di poter riprendere anche l’ultimo studente in fondo all’aula, che per diversi motivi si distraeva e disturbava gli altri”. Il corso, quindi, “mi ha aiutato tantissimo, ovviamente insieme ad una buona dose di studio, impegno e dedizione”. Sebbene la grammatica si possa reperire da ogni manuale, “è anche vero che per ottenere risultati soddisfacenti debbano esserci gli strumenti giusti e una guida per chiarire ogni dubbio”. Ma Inglese, a detta dello studente, “è un corso frequentatissimo non perché sia la lingua più semplice – anzi, nel mio caso non lo è stata per niente – ma per la puntualità e precisione della docente nelle informazioni e spiegazioni in aula”. È della stessa opinione anche il suo collega Francesco Speranza, laureando: “Lavoro con l’inglese, lo parlo di frequente e sono stato in Inghilterra più volte, ma devo ammettere che non avevo mai visto una trattazione così esaustiva dei tempi verbali e delle altre regole grammaticali. Un metodo comodissimo quello adottato dalla docente che facilita la ripetizione dell’inglese appreso in tanti anni di studio”. Trattandosi di un corso base e “avendo sostenuto già degli esami per ottenere delle certificazioni, non pensavo sinceramente di poter migliorare. Mi sono dovuto, però, ricredere perché eravamo continuamente stimolati a interagire. Ed è evidente l’enorme sforzo che la professoressa fa per trasferire i concetti a un gruppo di studenti così ampio”. In un corso di lingua la presenza è fondamentale, tuttavia “le strutture che ci forniscono sono del tutto inadeguate: dovremmo avere aule molto più grandi o, se ciò non è possibile, almeno un sistema di videoconferenza avanzato”.
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