“L’Ateneo che vorrei”

Una veloce colazione al bar e poi via a lezione. Si pranza con i colleghi, c’è l’esercitazione in laboratorio, poi un salto in biblioteca ed eccoci in aula studio. Uno studente trascorre, in genere, buona parte della sua giornata all’università imparando a viverla, a sfruttarla al meglio e a convivere con le sue criticità. Funzionalità e vivibilità delle strutture, trasporti, didattica, rapporti con il territorio… se uno studente potesse rivolgersi direttamente ai candidati al Rettorato dell’Università Federico II quali priorità da affrontare indicherebbe? Un variegato gruppo di studenti racconta qual è… “L’Ateneo che vorrei”.
La didattica
I pollici sono in su per i docenti e per gli insegnamenti, ma ogni studente ha la sua sensibilità e aspettative ben precise. Per Augusto Minieri (sesto anno di Medicina), il contatto con il docente è centrale: “Medicina è trivalente. Siamo luogo di formazione, ospedale e azienda. Il docente è una figura fondamentale ai fini dell’apprendimento, ma è chiaro che, essendo circa 400 persone, non è facile avere un rapporto diretto. Una maggiore interfaccia, in studi come i nostri in cui il contatto umano è importante, sarebbe necessaria”. Un approfondimento dei contenuti è quello che chiede Giovanni Liguori (terzo anno di Lettere Moderne): “L’università è un bellissimo ambiente. Al primo anno seguivo assiduamente. Al secondo ho ridotto, al terzo vengo in Dipartimento solo per studiare. Il fatto è che l’esame si basa solo sul manuale e a lezione il docente non esce dai soliti concetti di base. Capisco che sono questi di cui abbiamo bisogno, ma siamo un Corso di area umanistica e un po’ di approfondimento non guasterebbe, anche perché ci si possano aprire gli orizzonti”. Le matricole sembrano un po’ meno preoccupate dalla tipologia dei contenuti, si soffermano più sulla quantità e chiedono semplicemente una gestione più libera delle date d’esame. Chiara D’Alonza (primo anno Ingegneria Aerospaziale) si fa portavoce della classe: “Per ora non abbiamo ottenuto nulla, ma forse è anche un po’ colpa nostra. I docenti ci sono venuti incontro, ma noi, come gruppo classe, non siamo riusciti a comunicare. Questo mi fa riflettere su cosa sia l’università e quale sia il modo migliore per affrontarla. È giusto chiedere una maggiore libertà? O forse dovremmo cambiare il nostro approccio?”.
Le strutture
AULE. Benedetta Pascarella è al primo anno di Psicologia e “non conosco ancora molto bene l’università – ammette – perché per ora ho solo seguito i corsi nella sede centrale di Corso Umberto e adesso sono molto concentrata sugli esami”. Ha, però, una piccola perplessità che riguarda il rapporto raccolta differenziata-aule. “All’inizio dei corridoi abbiamo i contenitori per carta, plastica e indifferenziata. Nelle nostre aule, invece, abbiamo solo un piccolo contenitore per la carta. Così, se dobbiamo gettare altro, dobbiamo andare a cercare il contenitore adatto”. Come sono le aule? “Seguiamo nelle Ottagono. Sono davvero belle, ma le sedute in legno sono scomode. In una mattinata abbiamo più ore di lezione di fila con un piccolo spacco e la schiena ne soffre. Anche la concentrazione, a dire il vero… È un problema comune di chi frequenta queste aule?”. Tra il serio e il faceto risponde Michele Di Maio (ultimo anno di Giurisprudenza): “Ebbene sì! Ma quella di Corso Umberto è una sede storica e nessuno si sognerebbe mai di chiedere che le sue aule vengano stravolte. Noi troviamo più comode le nostre sedi di Giurisprudenza a via Porta di Massa e via Marina”. Qualche difficoltà con le aule la stanno incontrando gli studenti al secondo anno della Magistrale in Ingegneria Chimica. Spiega la situazione Margherita Negri: “Seguiamo le lezioni a Piazzale Tecchio. All’inizio del semestre siamo stati collocati nelle aule H e G al secondo piano. Ma sono oggettivamente piccole e, essendo noi in circa 150, non ci stavamo: la corsa al posto è cominciata dai primi giorni. Così ci hanno spostato nelle aule C e D, aule dalla conformazione particolare. Per il modo in cui sono disposte, un po’ al centro dell’edificio, non hanno finestre che danno all’esterno, ma solo delle aperture da cui vedi il corridoio. Di conseguenza, manca la luce e facciamo fatica a seguire alla lavagna e a prendere appunti. Dal momento che vengono impiegate per tenerci le lezioni, forse andrebbero adattate”. Anche il gruppo composto da Federica Apa, Sara Brandolini e Valentina Brangi (fuori corso alla Triennale di Ingegneria Edile) conoscono queste aule e raccontano un episodio che le ha messe in allarme: “A gennaio eravamo lì per un esame. Abbiamo letteralmente salvato il cellulare della professoressa che stava per essere sottratto da una persona sconosciuta che è entrata all’improvviso. Abbiamo chiesto spiegazioni al vigilante all’ingresso, ma chiaramente la sede ha un accesso che è libero. Da quel giorno siamo più attente alle nostre cose quando siamo in aula”. Qualche richiesta arriva anche dal campus di Monte Sant’Angelo e, per la precisione, dall’edificio 8 di cui sono assidui frequentatori gli studenti al primo anno della Magistrale in Innovation and International Management. “Ci sentiamo un pochino abbandonati lassù – dice Chiara Sassone – Le aule T 2, 3, 4 non sono funzionali. Microfoni e proiettori non funzionano e quando piove ci gocciola all’interno. In più, in quelle aule non funzionano la connessione dati e nel nemmeno il wi-fi unina, con il risultato che si finisce per essere perennemente isolati”. Al Dipartimento di Studi Umanistici, invece, ci vorrebbe un po’ più di tecnologia, come suggerisce Ciro Lamberti, studente triennale di Filosofia fuoricorso: “Perché nelle nostre aule, ad esempio, non ci sono le LIM? Questo le renderebbe molto più tecnologiche e sarebbero un valido supporto per le lezioni. Durante Filosofia Teoretica, ad esempio, il professore voleva mostrarci alcune immagini. Il proiettore era rotto come sempre e se avessimo avuto la LIM avremmo potuto fare una lezione molto più interattiva”.
AULE STUDIO. Annosa questione che ogni studente ha affrontato almeno una volta nella sua vita è ‘troverò posto in aula studio?’. La risposta, spesso negativa, sembra accomunare un po’ tutti i poli universitari. Augusto Minieri trascorre all’università all’incirca 12 ore al giorno: “C’è tanto da fare tra lezioni, tirocini e attività extra curriculari. Per studiare non conviene tornare a casa, ma nelle nostre aule studio è difficile trovare un posto”. Facciamo un calcolo: ogni edificio ha delle sedute nei corridoi. Una novantina di posti ci sono all’edificio 20 con due aule studio da 30 e 60 posti, un’altra sessantina nell’edificio 6, i più gettonati: “Se penso al mio primo anno di Medicina… . È chiaro che non c’è spazio per tutti. In più, le aule sono spesso poco pulite. Io sono allergico alla polvere e a volte non riesco proprio ad entrarci. Lo stesso dicasi per i bagni”. Apprezzati gli spazi esterni “dove ci sono sedute con gazebo. Peccato solo che lì non si possa mangiare”. “Aule studio non ne abbiamo – spiega, invece, Serena Facchini (ultimo anno Chimica e Tecnologie Farmaceutiche) – abbiamo una biblioteca dove c’è l’obbligo del silenzio, il che è ottimale, ma se vuoi ripetere a voce alta non si può. Mi dispiace perché vorrei studiare nella mia sede, che è nuova, con un bel bar fornito e degli spazi esterni confortevoli. Invece, spesso vado al Policlinico… chissà se gli studenti di Medicina se la prendono”, scherza. Pollici in su per Monte Sant’Angelo, invece, dove “ci sono aule studio praticamente ovunque” a parer di Stefano Pastore (terzo anno di Fisica) che, però, chiede maggiore attenzione alle aule laboratorio per gli studenti: “A dicembre ho sostenuto una prova intercorso nel laboratorio di Elettronica. Avevo costruito un circuito e non funzionava. Ho chiesto aiuto alla professoressa e anche lei non è riuscita a capire quale fosse il problema, finché ci siamo resi conto che l’amplificatore operazionale era rotto. Si tratta di un pezzo che costa davvero poco. Anche l’oscilloscopio è difettoso, i cavi LEMO, i transistor… sono tutti pezzi molto economici. In questo modo fare gli esperimenti diventa un’impresa titanica”.
AULE INFORMATIZZATE. Nell’era degli smartphone e del 5G, ancora molti studenti cercano nella loro sede un’aula informatizzata. “Ahi ahi – commenta Giovanni Liguori – qualche settimana fa sono stato in quella di Porta di Massa. È sotterranea così non riuscivo ad utilizzare la connessione dati e, dovendo fare una ricerca, ho provato ad accendere un computer. Niente. Così mi sono spostato. Ancora niente. Le postazioni sono circa 25 e almeno dieci computer fanno bizze”. Stesso problema lo riscontrano Luca De Matteis (secondo anno Magistrale in Ingegneria Meccanica) per l’aula informatizzata a disposizione degli studenti al primo piano – “Informatizzata per modo di dire, perché i computer non sono connessi a Internet e il paradosso è che in quell’aula non puoi portare il tuo computer personale. Di fronte ce n’è un’altra, ma quella si usa per gli esami. Anche lì però i computer sono molto vecchi” – e Chiara Sassone con l’aula al piano interrato nell’edificio 8 – “I computer andrebbero aggiornati perché spesso non riconoscono le tue credenziali unina. Visto che ci sono… perché non fare in modo che funzionino?”.
PERDERSI NEI LABIRINTI. Francesca Schiano e Bruno Nespolino (matricole in Biotecnologie Industriali al Dipartimento di Scienze Chimiche) si guardano e sorridono: “Tutti dicono che il campus è brutto. Che assomiglia ad un’industria, che le sedi del centro storico sono più belle. Il nostro problema qui è un altro… non facciamo altro che perderci!”. Dipartimento un po’ labirintico? “Sì, lo è. Ma non si potrebbe mettere una tabella con delle indicazioni all’ingresso? Qualche giorno fa cercavamo il laboratorio di Chimica. Abbiamo chiesto in guardiola, attraversato corridoi, ma niente… alla fine era praticamente di fronte a noi, nel corridoio parallelo”. Un episodio simpatico che accomuna studenti alle prime armi e colleghi più grandi. “Il Policlinico è ben organizzato – dice Augusto Minieri – Ma è grande. Molti edifici, reparti… e non ci sono indicazioni chiare. Succede spesso che i pazienti non sappiano dove andare. Gli studenti più grandi, che passano qui molte ore al giorno, imparano a muoversi… ma per gli altri non è facile. Io ho anche scaricato una mappa che mi è di aiuto quando devo dare indicazioni”.
BIBLIOTECHE, MENSE E RESIDENZE. La biblioteca è il cuore del sapere ed è casa, soprattutto, per lo studente di area umanistica, come non manca di sottolineare Ciro Lamberti che non ha più necessità di seguire le lezioni, ma frequenta il Dipartimento di Studi Umanistici per preparare gli esami che gli mancano alla laurea. “Frequento la biblioteca occupata a cui si accede dalla scala B, la biblioteca Battaglia nella sezione di Filologia Moderna e la Brau. Questi servizi andrebbero potenziati, magari si potrebbe effettuare un piccolo investimento in più”. Incremento dei titoli e aggiornamento è quanto chiede Ciro: “Vorrei che alle mie discipline fosse dato più spazio, che venissero acquistati più testi. Inoltre, non guasterebbe un aggiornamento con qualche nuova edizione in più. Queste risorse sono fondamentali”. Altra parola d’ordine potrebbe essere proprio… ordine: “La biblioteca Battaglia è un po’ confusionaria e i libri, spesso, non sono nella posizione in cui dovrebbero trovarsi. Nella biblioteca occupata, invece, è stato fatto un buon lavoro: i ragazzi hanno rietichettato i libri, segnalato i tomi mancanti e hanno indicizzato tutto”. Martina Micillo (terzo anno di Storia), in merito ai servizi per gli studenti, si fa portavoce dei pendolari e dei fuorisede: “Anche io sono una pendolare – racconta – Abito a Torre del Greco e mi muovo con la Vesuviana. La mia esperienza universitaria è assolutamente positiva, in tutto, ma qualche appunto va fatto in merito a quei servizi che ci fanno sentire un po’ la mancanza di casa propria”. Che cosa semplificherebbe la vita di uno studente fuorisede? “Parlo a nome di chi frequenta le sedi di area umanistica chiaramente. Una mensa sarebbe gradita. Certo, abbiamo molti locali qui in zona e c’è la mensa occupata che non tutti conoscono. Un servizio di Ateneo, in tal senso, avrebbe anche un valore comunitario. Lo stesso per una residenza in zona o quantomeno nei pressi. I fuorisede devono prendere casa o una stanza e, quando viene proposto loro un contratto, spesso non è molto vantaggioso”.
TRASPORTI. Giulia Rondinella studia al Dipartimento di Biologia e sta concludendo il suo percorso in Biologia Generale e Applicata. “Arrivare al campus? Un’impresa da eroi! – scherza – Ad essere sincera non dovrei protestare. Io abito nei pressi di Piazza Leopardi e con la metropolitana posso arrivare a Campi Flegrei. Ma, da lì, salire al campus, talvolta, non è semplice perché i pullman non si muovono ad orari regolari e sono sempre molto affollati, soprattutto in tempo di lezioni, il che complica la vita a chi soffre di claustrofobia, come qualche studente che conosco”. Potrebbe esserci un’alternativa: “Alcune università mettono a disposizione dei ragazzi un servizio di navette. Potrebbe essere un’idea anche in questo caso. Potrebbero partire da Piazzale Tecchio o da Piazza Garibaldi. Almeno al mattino, visto che molti di noi spesso tardano a lezione”. Un servizio simile è attivo al Policlinico, ma andrebbe migliorato. Ne evidenzia le criticità Augusto Minieri: “Non è possibile raggiungere i vari edifici in auto perché, chiaramente, non bisogna creare traffico. C’è una navetta che parte dall’ingresso in via De Amicis e arriva fino all’ingresso opposto, ma è molto lenta, non ha orari regolari e molto spesso capita di aspettare alla fermata anche una mezz’oretta”. Il servizio non si adatta pienamente alle esigenze degli studenti: “Al sesto anno seguiamo le lezioni al Dipartimento di Biotecnologie. Subito dopo la lezione, magari, con uno spacco di una decina di minuti, abbiamo un tirocinio in uno degli edifici del Policlinico. Abbiamo bisogno di spostarci velocemente. Io, generalmente, preferisco muovermi a piedi”.
PARCHEGGI. Anna Lauro (terzo anno Economia Aziendale) e Federico Gatta (secondo anno Magistrale in Matematica) sono fortunati: possono raggiungere il campus di Monte Sant’Angelo con la loro auto. Allora il gioco è fatto? “Nel campus possono sostare gratuitamente i motorini. Ma le auto, a meno che tu non sia docente, dottorando, personale tecnico-amministrativo o non abbia un permesso speciale restano fuori. Attigui al campus, su via Cinthia, ci sono due parcheggi. La tariffa è conveniente, all’incirca un euro e cinquanta per l’intera giornata e i posti auto sono numerosi. Ma c’è da dire che noi studenti di Monte Sant’Angelo siamo davvero tanti…”, spiega Federico. Dai parcheggi è anche possibile arrivare direttamente dentro il campus, “ma – prosegue Anna – devi ugualmente alzarti all’alba come se venissi con i mezzi. Trovare un posto dopo le sette e trenta? Vuoi scherzare? O così o ti tocca il parcheggio del centro commerciale lungo la strada. E dopo corri per arrivare a lezione. All’interno del campus, non ci sarebbe la possibilità di realizzare dei parcheggi anche per noi studenti?”. Le avventure con il parcheggio di Luca De Matteis, talvolta, si tingono d’azzurro: “Noi di Ingegneria possiamo usufruire dei parcheggi dello stadio che, in concomitanza con le partite, vengono chiusi per motivi di ordine pubblico. E chi resta all’università tutto il giorno? Io, ad esempio, preferisco parcheggiare a via Claudio”. Anche le sedi di area umanistica hanno il loro S.O.S. parcheggio. Giovanni Liguori è un giovane centauro: “Abito al Vomero, disto una ventina di minuti dalla funicolare, ma sono abituato a muovermi in moto. Però, quando arrivo a via Porta di Massa, devo fare almeno un paio di volte il giro dell’isolato prima di poter parcheggiare. Immagino la difficoltà di chi arriva in auto. So che a Monte Sant’Angelo le auto possono sostare gratuitamente all’interno del campus. Qui in zona ci sono alcuni parcheggi. Non si potrebbe prendere contatto con questi per venire incontro a chi ha questa esigenza?”.
Contatti con il territorio
“Chi dice siano solo per i Corsi di area scientifica? – si chiede Ciro Lamberti – Anche noi umanisti potremmo lavorare in azienda. Sembra che come unica possibilità ci sia solo l’insegnamento. Ma pensiamo, ad esempio, alle risorse umane. Se l’università incoraggiasse in tal senso forse potremmo avere qualche chance di riuscita”. Secondo Cristina Iannicelli (secondo anno Magistrale in Ingegneria Gestionale), un’opportunità di avvicinamento nel mondo del lavoro potrebbe risiedere nelle uscite sul territorio: “Per il momento è ancora a discrezionalità del docente, ma dovrebbe diventare una norma di Ateneo. Non parlo solo di Ingegneria. La Federico II è un’università dall’impronta molto teorica. Dovremmo conoscere determinate realtà in corso d’opera e non soltanto alla fine. Vedere un laboratorio in più per l’esame di Chimica, dei motori per un esame di Meccanica razionale. Sarebbe un incentivo oltre essere istruttivo”. Concordano i colleghi Vincenzo Ricchiuti e Gianluca Benucci: “Incontri con aziende ne abbiamo e partecipiamo anche a diverse iniziative a livello di ateneo. Ma questo contatto spesso non porta ad un passo successivo”, commenta Vincenzo. Gli fa eco Gianluca: “Ho frequentato la Triennale a Pavia. Lì si riceve un contatto tramite Almalaurea già dopo la Triennale. Qui a volte è difficile anche con la Magistrale. Non discutiamo la quantità degli incontri e dei contatti, ma forse potrebbero essere più incisivi”.
Carol Simeoli
- Advertisement -




Articoli Correlati