Ha mantenuto il primato della proclamazione a dottore nell’ordinamento didattico 3+2. Emilia Sarno, ventiquattrenne originaria di Avellino, prima laureata triennale nel 2004, è stata anche la prima studentessa a conseguire la laurea specialistica in Giurisprudenza. Lo scorso 6 luglio ha discusso la tesi in Diritto Costituzionale su “La potestà regolamentare regionale”, relatore il prof. Paolo Tesauro. Risultato finale: 110 e lode. La media di partenza era alta ma la carriera di Emilia ha conosciuto anche un 18 a Diritto processuale civile e due bocciature, una in Diritto penale e una in Procedura penale. Lei ci scherza su: “l’università va vissuta fino in fondo, uscirne e dire di non essere mai stata bocciata non sarebbe stato corretto”. In realtà questi piccoli incidenti di percorso (ma la dott.ssa Sarno non li ritiene tali: “non ho trovato intoppi durante i miei studi”) valgono a testimoniare la serietà del suo proposito, seguito fino in fondo, di non scoraggiarsi mai. Ed è la prima raccomandazione che rivolge alle future matricole: “l’importante è non lasciarsi scoraggiare da niente e da nessuno. All’università non funziona come a scuola, dove i professori ti conoscono bene e capiscono quando e perché puoi avere avuto dei cali nello studio. Qui ti presenti all’esame e se non vai bene c’è poco da fare, devi riprovare. Però non ci si deve abbattere perché altrimenti si resta indietro”. Altro suggerimento è quello di cercare di laurearsi velocemente. “Meglio laurearsi in 4 anni e una sessione con una media del 25 che in 6 anni con la media del 28 altrimenti si perdono due anni di potenziali chance. E poi a lungo andare stare sempre sui libri è stancante. Io ho trovato particolarmente pesanti gli ultimi esami, anche se sono sempre riuscita a ottenere buoni voti. La fatica alla fine si è fatta sentire: 37 esami, tra quelli della triennale e quelli della specialistica, sono davvero tanti”. Dal prossimo anno, con il nuovo ordinamento quinquennale, il numero complessivo di esami si ridurrà notevolmente, senza contare che, essendo il corso di laurea a ciclo unico, si preparerà una sola tesi al termine dei cinque anni. “A Giurisprudenza non si è riusciti a razionalizzare la didattica con il 3+2 e non ci si riuscirà con l’1+4”, afferma, “l’unico risultato ottenuto con questi continui cambiamenti è quello di un allungamento dei tempi di studio: 5 anni invece di 4 e di ritardare l’ingresso nel mondo del lavoro”. Il che è un problema soprattutto quando non si ha ben chiaro quello che si vuole fare da grande. Emilia, invece, è ancora convinta, come due anni fa, di voler fare l’avvocato civilista. Ed è certa che per chi ha un obiettivo preciso il mercato del lavoro non può tenere il portone chiuso a lungo. Un messaggio di speranza alle matricole: “penso che gli sbocchi offerti da Giurisprudenza siano ancora validi. Certo, si deve lottare e, ancora una volta, non scoraggiarsi”. Scegliere il lavoro del domani è più difficile e impegnativo che dire sì al promesso sposo davanti all’altare: “il lavoro è come il compagno di vita, con la differenza che se a cinquant’anni non vai più d’accordo con tuo marito puoi divorziare, mentre se invece ti rendi conto che una certa professione non fa per te da dove ricominci?”. Perciò, ragazzi, sotto fin dall’inizio: non iscriversi a Giurisprudenza perché non si sa cosa si vuol fare e, quando ci si iscrive, lavorare sodo seguendo i corsi e studiando in maniera intelligente. “Adagiarsi pensando che tanto gli esami iniziano a febbraio è il primo errore da non commettere assolutamente” – spiega Emilia.
(Sa.Pe.)
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