“Non conviene tentare la sorte”

248 gli ammessi al primo anno del Corso di Laurea Magistrale in Architettura dell’Ateneo Federico II, di durata quinquennale, oltre alla riserva di tre posti per i non comunitari che risiedano all’estero; 148 gli ammessi al Corso di Laurea Triennale in Scienze dell’architettura, più una riserva di 4 posti destinata agli studenti non comunitari che risiedono all’estero. Per Urbanistica, l’altro Corso di Laurea Triennale attivato dal Dipartimento, le prove sono fissate a settembre.
È la prof.ssa Daniela Lepore, delegata all’orientamento, a fornire qualche consiglio ai diplomandi. 
Come ci si prepara alla prova di ammissione? “Per le domande di Cultura generale è utile leggere i quotidiani, informarsi, vivere il proprio tempo. Ciò detto, se uno non ha acquisito ad oggi le conoscenze minime, in questo campo, è complicato possa farlo in due mesi. Per i quiz di Ragionamento logico ci si esercita sulle prove degli anni scorsi e sui quiz in commercio. Conviene farne molti, per acquisire il metodo. Storia, matematica, fisica si preparano un po’ sui libri, un po’ esercitandosi sui quiz. Per Disegno e rappresentazione sono ovviamente avvantaggiati gli studenti che provengono da particolari percorsi scolastici. Anche in questo caso, è buona strategia scaricare da internet le prove degli anni scorsi e ripeterne il più possibile”. 
In aula, come comportarsi? “Se si è incerti su una domanda, meglio passare oltre e limitarsi, in prima battuta, a rispondere ai quesiti dei quali si è certi. Non conviene tentare la sorte, perché se si sbaglia c’è una penalità. Poi, esaurite le domande sulle quali si è sicuri, dedicare il tempo che resta alle altre, per ragionarci su con più calma”.
Quest’anno c’è la novità del voto di diploma. Avrà un peso anch’esso nella valutazione finale dei candidati, sia pure ridotto rispetto all’esito della prova. Ritiene sia giusto? “In teoria sì, perché il percorso di cinque anni di studio scolastico è un parametro certo più attendibile rispetto all’esito di una prova di esame su quiz che dura un’ora e mezza. Tuttavia, c’è il problema dell’omogeneità delle scuole. Ad un 90 conseguito da un diplomato in una scuola molto severa corrisponde certo un livello di preparazione superiore a quello che si riscontra in un 100 conquistato in un istituto molto meno esigente. Peraltro, non esistono criteri di selezione che garantiscano la totale equità. In ogni selezione si annida un certo grado di ingiustizia e di arbitrarietà”.
Quanti candidati si sono iscritti negli anni scorsi alla prova? “In genere i candidati sono circa il doppio, rispetto al numero dei posti disponibili”. 
Come racconterebbe Architettura alle matricole? “È un percorso che propone materie teoriche, come le storie, discipline scientifiche (per esempio Scienza delle costruzioni, Analisi), Disegno e rappresentazione, Estimo. Insomma, nel corso degli studi un ragazzo troverà certamente qualcosa che non ama, che non tollera, che gli crea problemi. Allora, il punto è affrontare queste difficoltà con il massimo impegno, con spirito di sacrificio, senza accantonarle. Non ha senso posticipare gli esami che non piacciono. Anche perché, con gli sbarramenti, si rischia di restare al palo”.
Perché tanti studenti continuano ad incontrare molte difficoltà sulle materie scientifiche, dall’Analisi a Scienze delle Costruzioni? “Certamente alcuni si pongono male, partono con il pregiudizio di non capire. Per Scienze delle costruzioni, però, ritengo ci sia anche un problema nei docenti. C’è una sorta di ossessione della severità e non c’è sufficiente capacità di adeguare la didattica. Per esempio, fornendo materiali didattici agili o provando a rendere la materia accattivante. Non è questione di rinunciare alla serietà, ma di aiutare ad apprendere”. 
Quanti architetti, dopo la laurea, svolgono poi esattamente il lavoro per cui hanno studiato? “Pochi, temo, se pensiamo all’architetto classico che progetta, magari su ampia scala. Però restano aperti i campi della progettazione a scala minore, del design, dell’arredo d’interni. Lo stesso insegnamento a scuola può essere una alternativa”.
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