Una settimana in Sardegna sulle tracce delle miniere e dei giacimenti minerari che cominciarono per primi a coltivare i Fenici e che fino a 20 anni fa rappresentavano una voce importante dell’economia di Iglesias, in provincia di Cagliari. È l’esperienza che si accingono a vivere gli allievi del corso di Giacimenti Minerari (Laurea Magistrale – percorso A1) che è tenuto dalla prof.ssa Maria Boni. L’escursione è in programma tra il 31 maggio ed il 7 giugno. La quota di partecipazione per gli studenti non iscritti al corso i quali abbiano voglia di aggregarsi è di circa 350 euro. “Da 40 anni e più – racconta la prof.ssa Boni – lavoro sulla Sardegna, un’area interessante e complessa. Ci sono i residui dell’attività mineraria, evidenze di materiali magmatici e sedimentologia. Tutto ciò offre l’opportunità agli studenti di una escursione interdisciplinare”. Ragazze e ragazzi alloggeranno in alcuni alberghi della zona, che già in passato hanno ospitato gli studenti ed i docenti di Geologia impegnati nella campagna. “La loro giornata di rilevamenti e visite – sottolinea Boni – comincerà presto. Intorno alle otto si inizia a girare tra le varie località. Abbiamo relazioni con compagnie ed ex compagnie minerarie le quali ci accompagneranno in zone di solito poco aperte: vecchie gallerie e vecchi scavi. Resteremo sul terreno fino alle sei o alle sette di sera, poi rientreremo alla base. Un po’ di riposo, la cena e, prima di andare a dormire, discuteremo, anche con l’aiuto di foto e filmati, di quello che abbiamo osservato nel corso della giornata”. Sarà, dunque, una immersione totale perché, tiene a ricordare Boni, “in queste occasioni bisogna sfruttare ogni minuto a disposizione. Il buon geologo deve coniugare attività di campagna con ricerca e laboratorio. Per noi la Terra è quello che per un buon medico rappresenta il corpo umano. Dobbiamo conoscerla, calpestarla, toccarla”.
Nel corso degli anni si sono avvicendati centinaia di studenti alle escursioni promosse dalla docente. “Alcune delle persone che sono venute con me – racconta – ora lavorano all’Università nel campo Giacimentologico oppure all’estero, sempre nel settore dei giacimenti. Insomma, l’esperienza in Sardegna ha acceso in loro una passione che li accompagnerà per tutta la vita”.
La prima esperienza della prof.ssa Boni risale ad alcune decine di anni fa. “Scesi – ricorda – in un giacimento di bauxite in Ungheria. Avevo 21 anni e pensavo di non uscirne viva. Poi uno ci prende la mano e si appassiona. Oggi considero il settore dei giacimenti minerari tra le attività più belle alle quali possa dedicarsi un geologo. Ho avuto modo di scendere in miniere di stupefacente fascino: in Sardegna quella di San Giovanni, dalla quale già in epoca romana si estraeva argento; un’altra nel nord del Canada, scavata in un paesaggio glaciale. Per non parlare delle miniere d’oro in Sudafrica”.
Quella dei minatori, per secoli, è stata un’attività di bestiale fatica e che ha comportato rischi elevatissimi. Non sono mancate tragedie e lutti. Oggi, poi, che è finalmente maturata una coscienza sulla necessità di tutelare aria, acqua e terra, per garantire uno sviluppo sostenibile e non lasciare un deserto di macerie a chi abiterà il Pianeta dopo di noi, si discute molto circa la sostenibilità delle attività estrattive per l’ecosistema. La prof.ssa Boni è convinta che un compromesso sia possibile. “Premettiamo – dice – che l’estrazione dei minerali resta fondamentale per garantire materiali indispensabili alle nostre attività, compreso il computer che lei ora sta utilizzando. Ciò detto, si sono fatti passi straordinari in gran parte dei Paesi sul fronte della sicurezza delle attività estrattive e della riduzione dell’impatto ambientale delle medesime attività”. Restano irrisolti molti nodi e problemi ma, secondo Boni, con il tempo anche nei Paesi meno avanzati l’attività mineraria potrà inserirsi nel contesto ambientale in maniera meno brutale e dannosa di quanto accada ora.
Fabrizio Geremicca
Nel corso degli anni si sono avvicendati centinaia di studenti alle escursioni promosse dalla docente. “Alcune delle persone che sono venute con me – racconta – ora lavorano all’Università nel campo Giacimentologico oppure all’estero, sempre nel settore dei giacimenti. Insomma, l’esperienza in Sardegna ha acceso in loro una passione che li accompagnerà per tutta la vita”.
La prima esperienza della prof.ssa Boni risale ad alcune decine di anni fa. “Scesi – ricorda – in un giacimento di bauxite in Ungheria. Avevo 21 anni e pensavo di non uscirne viva. Poi uno ci prende la mano e si appassiona. Oggi considero il settore dei giacimenti minerari tra le attività più belle alle quali possa dedicarsi un geologo. Ho avuto modo di scendere in miniere di stupefacente fascino: in Sardegna quella di San Giovanni, dalla quale già in epoca romana si estraeva argento; un’altra nel nord del Canada, scavata in un paesaggio glaciale. Per non parlare delle miniere d’oro in Sudafrica”.
Quella dei minatori, per secoli, è stata un’attività di bestiale fatica e che ha comportato rischi elevatissimi. Non sono mancate tragedie e lutti. Oggi, poi, che è finalmente maturata una coscienza sulla necessità di tutelare aria, acqua e terra, per garantire uno sviluppo sostenibile e non lasciare un deserto di macerie a chi abiterà il Pianeta dopo di noi, si discute molto circa la sostenibilità delle attività estrattive per l’ecosistema. La prof.ssa Boni è convinta che un compromesso sia possibile. “Premettiamo – dice – che l’estrazione dei minerali resta fondamentale per garantire materiali indispensabili alle nostre attività, compreso il computer che lei ora sta utilizzando. Ciò detto, si sono fatti passi straordinari in gran parte dei Paesi sul fronte della sicurezza delle attività estrattive e della riduzione dell’impatto ambientale delle medesime attività”. Restano irrisolti molti nodi e problemi ma, secondo Boni, con il tempo anche nei Paesi meno avanzati l’attività mineraria potrà inserirsi nel contesto ambientale in maniera meno brutale e dannosa di quanto accada ora.
Fabrizio Geremicca