Miniero, il regista di ‘Benvenuti al Sud’, incontra gli studenti

Una lezione su tecniche pubblicitarie e valorizzazione dei beni culturali. L’ha tenuta Luca Miniero, sceneggiatore e regista di film di grande successo come ‘Benvenuti al Sud’, il 2 maggio, nell’aula Quadri di Mezzocannone 4, nell’ambito del corso di Diritto europeo dei beni culturali svolto dalla prof.ssa Daniela Savy presso il Dipartimento di Giurisprudenza. La pubblicità può essere un mezzo utile per promuovere i musei? È questa la domanda intorno alla quale ruota l’incontro. Per rispondervi occorre, però, dapprima comprendere il ruolo della pubblicità in quanto format comunicativo. “Gli anni duemila si caratterizzano per la frammentarietà della comunicazione a livello mondiale”, afferma il regista, che ha lavorato e ancor oggi si diletta come creativo in campagne pubblicitarie per brand italiani e internazionali. “Internet, la televisione, i social, in quanto contenitori di un messaggio, si fanno promotori del suo contenuto, ma il contenuto a sua volta deve adeguarsi alla forma attraverso la quale è presentato al pubblico”. Dunque, la tecnologia ha influenzato in maniera radicale la concezione della pubblicità. Nel caso specifico degli spot di promozione, vi sono delle tecniche comunicative utili a ridurre il gap tra le varie piattaforme in cui il prodotto è sponsorizzato. La rivoluzione del secolo scorso sta proprio in un’intuizione geniale, il ‘concept’: “ogni pubblicità deve rispondere a un singolo messaggio. Sebbene la stessa azienda voglia promuovere diverse qualità del prodotto, ciascuno spot deve essere costruito intorno a un’unica proposizione di vendita”. Questo per non creare confusione nello spettatore e indurlo ad acquistare il prodotto. Colui che si occupa di ideazione e regia pubblicitaria, infatti, non può prescindere da nozioni di marketing. In verità, anche se sembrano mondi lontani, non c’è nulla di diverso nel lavoro di un filmmaker. “Chi si occupa di produzione cinematografica nell’ambito specifico di quel cinema cosiddetto commerciale, per intenderci i ‘cinepanettoni’, sa che deve incontrare i gusti del pubblico e quindi rispondere a un preciso benefit: ad esempio, la comicità”, prosegue il regista napoletano. “Le strategie di comunicazione pubblicitaria insegnano che non bisogna puntare esclusivamente alla caratteristica più forte del prodotto, ma al modo in cui tale qualità è raccontata: in questo sta l’originalità di un’idea”. 
All’incontro hanno preso parte alcuni studenti della Laurea Magistrale in Management del Patrimonio Culturale che subito chiedono: ‘Come valorizzare allora in maniera vincente un prodotto?’ (che possa essere anche una mostra all’interno di un museo). Due le strade possibili: il linguaggio e l’immagine. Cioè “pensare a qualcosa che gli altri, la concorrenza, non possono dire al fine di accattivarsi la simpatia di uno spettatore. Lo slogan, per esempio, contribuisce moltissimo alla costruzione di una marca che resta impressa nella memoria di chi guarda e ascolta”. Al contrario, bombardare lo spettatore con una miriade di informazioni non fa che dissuaderlo dall’acquisto. Oggi, ma anche in passato, un’altra strategia che favorisce la memorizzazione del prodotto è la figura di un testimonial. “In quel caso, il personaggio famoso che appare nello spot diventa mezzo, cioè veicolo del messaggio pubblicitario”. Da tener presente, tuttavia, che la pratica pubblicitaria è regolamentata da un’apposita normativa. “Non si può screditare un altro prodotto, anche perché i competitors sono molteplici, ma fare in modo che demonizzando il proprio emerga il valore di ciò che si promuove, riducendo la distanza tra le necessità dei committenti, le proprie scelte artistiche e l’attenzione dell’utente”. Se è vero che creatività e informazione devono procedere di pari passo, un rischio della comunicazione è cadere nell’errore di essere autoreferenziali. “Quando si fa un film o si gira una pubblicità, in genere ogni qualvolta si produce arte, non si può sottovalutare la reazione dell’altro, anzi bisogna prevederla oppure scatenarla, come in una commedia lo sceneggiatore punta alla risata”. Quando l’altro è in grado di recepire quel messaggio, l’idea diventa automaticamente il frutto di un’operazione soddisfacente.
Il cineturismo
‘Cosa succede nel momento in cui, invece, non bisogna promuovere un brand bensì un museo?’, domandano ancora gli studenti. “La pubblicità è uno strumento prezioso per la valorizzazione dei beni culturali. Ciò significa che il museo in sé non basta più per attrarre visitatori. Occorre ‘sponsorizzare’ l’identità forte di quel luogo e delle collezioni di opere d’arte in esso raccolte per recuperare il suo valore di fruizione”. Nulla cambia rispetto alle tecniche pubblicitarie: “il museo diventa la marca, la collezione permanente i suoi prodotti”. Negli ultimi anni, una strategia di marketing museale che spinge un maggior numero di persone a entrare in un museo è quella di ‘la prima domenica del mese musei gratis in tutta Italia’ lanciata dal Ministero. “Eppure anch’essa si può rivelare fallace, perché si creano file interminabili e nelle altre giornate il museo resta vuoto. Si potrebbe, invece, agire fidelizzando gli appassionati e trovare uno stimolo che possa attrarre anche chi non è solito andare per mostre”. Per esempio, “dire che un museo sia enorme non porta gente, anzi scoraggia in partenza chi sa che dovrà visitare un certo numero di ore per vedere tutte le opere. La cosa paradossale, invece, è che se al cinema danno un tale film su Caravaggio o Van Gogh, la gente ci va poiché può veder tutto in poche ore”. Analogo discorso si faccia per i videogiochi interattivi sull’arte. Indubbio, insomma, è che la comunicazione sia una potente risorsa per lo sviluppo del territorio. “Un film come ‘Benvenuti al Sud’, campione di incassi, ha incentivato un fortissimo turismo nelle aree del Cilento e nelle location dove abbiamo girato, perché lo spettatore vuole esperire dal vivo i luoghi visti nella pellicola che gli era particolarmente piaciuta: ecco il cineturismo. Anche per i musei la pubblicità potrebbe svolgere questa funzione e minimizzare il divario tra la ricostruzione visiva e l’esperienza fisica dell’opera d’arte”.
Sabrina Sabatino
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