A Psicologia “Finestre sulla diversità”

Se si pensa ad altre culture, alle usanze e alle tradizioni che ne fanno parte, ci viene in mente una parola: diversità. Ed è qui che entra in gioco l’antropologia, con il suo tentativo di indagare le realtà “altre” che fanno parte del variegatissimo genere umano. Nasce per questo il ciclo di seminari, proposto annualmente, dal titolo “Finestre sulla diversità”, aperto agli studenti del Corso di Laurea Magistrale in Psicologia clinica, che quest’anno pone l’attenzione anche sulle conseguenze dell’emergenza sanitaria cui il mondo intero si è trovato di fronte a partire dal marzo di un anno fa. “lo scopo dei seminari è quello di fornire agli studenti di Psicologia clinica conoscenze approfondite sul tema della diversità, dato che un giorno dovranno avere a che fare con pazienti provenienti da diversi contesti culturali”, spiega la prof.ssa Fulvia D’Aloisio, associato di Antropologia culturale al Dipartimento di Psicologia e coordinatrice del ciclo di seminari. Saranno tre gli incontri, che si svolgeranno sulla piattaforma Microsoft Teams nei giorni 22 e 29 aprile e 6 maggio, durante i quali sarà lasciato ampio spazio agli studenti per eventuali interventi, dubbi o quesiti. “Nel primo il prof. Fabio Mugnaini, docente e folklorista dell’Università di Siena, spiegherà antropologicamente la più celebre festa senese, il Palio, alla luce della situazione straordinaria  determinata dall’epidemia da Coronavirus – racconta la prof.ssa D’Aloisio – La città toscana si muove da secoli intorno a questa importante celebrazione, che divide la popolazione in contrade e genera inclusione sociale nei membri che vi appartengono; ebbene, per la prima volta nella sua storia, quest’anno non si farà. Il prof. Mugnaini ci spiegherà dunque il significato della sua assenza per la città, interpellando anche una contradaiola, Alessia Bruchi, che porterà la sua testimonianza di cittadina”. Il secondo incontro verterà invece sull’Antropologia medica e sarà tenuto dal prof. Eugenio Zito, docente alla Federico II: “nel panorama occidentale il trattamento di una malattia cronica quale il diabete non entra in conflitto con le pratiche tradizionali o religiose, ma non possiamo dare per scontato che sia per tutti così – dice la prof.ssa D’Aloisio – In Marocco, infatti, durante il periodo di Ramadan, il trattamento della malattia può subire un’interruzione o comunque delle variazioni che potrebbero mettere a rischio la salute del paziente: come gestiscono il problema le autorità sanitarie? Questo è un argomento di grande interesse per degli studenti che un giorno dovranno lavorare a contatto con i pazienti. Il prof. Zito ci guiderà quindi verso la scoperta delle tecniche adottate dai medici marocchini per far convergere cultura e profilassi del diabete”. Il terzo e ultimo incontro, sempre di grandissimo spessore culturale, sarà tenuto dal prof. Osvaldo Costantini, ricercatore presso le Università di Messina e Vanvitelli: “Costantini è un giovane antropologo africanista, molto attento alle dinamiche che orbitano intorno ai flussi migratori; questo incontro affronterà infatti l’argomento del Pentecostalismo tra gli eritrei a Roma”, racconta la D’Aloisio. Il Pentecostalismo, religione nata in America nei primi anni del Novecento come costola del Cristianesimo, si è poi diffusa a macchia d’olio anche in Africa. Il prof. Costantini spiegherà “come le usanze religiose e tradizionali degli eritrei si combinano col nuovo contesto alla luce delle loro aspettative sociali nella capitale”. La diversità è data dal bisogno di appartenere a una comunità ristretta, ed è per questo che l’essere umano necessita di distinguersi per definizioni: “quando chiedo agli studenti a quale contesto appartengano, loro rispondono sempre a partire dal particolare per arrivare al generale: Napoli, Campania, Italia, Europa e infine Occidente. Noi siamo occidentali, dunque, ma perché? E in che modo? Di fatto gli italiani non condividono nulla con gli scandinavi, eppure entrambi sono occidentali. Ecco – dice la docente – questo ciclo di seminari cerca di porre il focus sulla diversità perché venga percepita semplicemente come una diversa narrazione della vita e sul fatto che non c’è alcun motivo per cui si debba temere la parola ‘diversità’”, conclude la D’Aloisio. E viene in mente il murale pisano dipinto da Keith Haring nell’ormai lontano 1989, Tuttomondo: siamo sì tutti diversi, tutti colorati, ma tutti umani, e la diversità è pur parte di questa uguaglianza.
Nicola Di Nardo

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