A Scienze Politiche della SUN un caffè con l’onorevole Khalid Chaouki

Davanti ad un bella tazza di caffè si può discutere di tutto, anche di politica. Con queste premesse si è consumato il 18 novembre presso il Dipartimento di Scienze Politiche Jean Monnet della Seconda Università l’incontro con l’onorevole Khalid Chaouki, deputato del Partito Democratico eletto alla Circoscrizione XX Campania 2. L’evento si colloca nel ciclo “Un caffè con la politica” organizzato dalla cattedra di Storia delle Dottrine Politiche del dott. Diego Lazzarich in collaborazione con i rappresentanti degli studenti. Un pocket coffee per tutti gli studenti intervenuti sostituisce la tazzina di rito. “Ho voluto questo confronto con un giovane politico perché i giovani si sono disaffezionati alla politica, la vedono come qualcosa di sporco – spiega il dott. Lazzarich – Dal 1948 ad oggi il tasso di assenteismo alle urne è cresciuto a dismisura. Prima del 1979 si registravano cifre che l’intera Europa ci invidiava, attorno al 90%, dal 1979 c’è stata una frattura e nel 2013 siamo scesi al 75%. Il primo partito in Italia attualmente è quello del non voto, a quota 10 milioni, contro gli 8 del primo partito italiano, il Pd”. A confermare la situazione l’ospite di giornata, l’On. Chaouki, nato in Marocco e residente in Italia da quando aveva 7 anni: “con tutte le malefatte e gli scandali degli ultimi anni poteva andare anche peggio. C’è da dire, però, che spesso anche percentuali così alte non corrispondevano a variabili virtuosistiche, ma nascondevano voti di scambi e favori”. Chaouki individua due tipi di non votanti: “quanti si astengono per gli scandali e la sfiducia da un lato, e dall’altro i giovani, che non comprendono l’importanza della partecipazione”. Spesso la colpa è comunque da attribuire ad una classe politica troppo concentrata su se stessa e poco pronta ad ascoltare le esigenze del Paese: “Molti politici non solo ascoltano poco, ma si sentono al di sopra della legge, credono che sia tutto permesso. Stiamo attenti a non cadere nel populismo, in convinzioni del tipo la politica non serve, il Parlamento non risolve nulla ecc. Ci sono persone che lottano per le loro cause. A marzo in Parlamento eravamo moltissimi giovani, c’erano moltissime donne, ma ci siamo dovuti scontrare con una generazione che fa fatica a capire che il modo di confrontarsi con gli elettori è diverso. È una lotta nei partiti con chi si rassegna a non voler cambiare le cose”. Tutto ciò rende l’operato di un politico ancor più difficile: “In questo clima è quasi impossibile portare a termine i propri compiti. Pensavo sarebbe bastata la mia buona fede ma c’è troppa rassegnazione, che può sfociare addirittura in odio. Dobbiamo spogliarci di quanto è stato fatto finora e iniziare da capo”. 
Come in ogni chiacchierata che si rispetti, la parola è quindi passata all’altra parte, gli studenti, che si sono susseguiti con una lunga serie di domande che hanno toccato i temi più svariati.
Al Ministro Kyenge stanno arrivando moltissime critiche perché accusata di dare troppa importanza al tema dell’immigrazione rispetto ad altre questioni. La spesa del suo Ministero è superiore a quella di molti altri. Questo non può contribuire ad aumentare ulteriormente il rancore nei suoi confronti?
“Non c’è da dimenticare che abbiamo degli obblighi nei confronti dell’UE, come la tutela di diritti umani. Quello della Kyenge è un Ministero abbastanza debole, non gestisce chissà quali fondi. L’Italia è un Paese in cui vivono 5 milioni di immigrati e non si può trascurare il tema dell’immigrazione e delle politiche pertinenti. Mettiamo il caso si decida anche di chiudere le frontiere, resterebbe comunque il problema di quelle persone che regolarmente lavorano nel nostro Paese, anche in settori strategici, come le badanti. La cosa peggiore in tutta questa storia è lo sminuire le offese razziste di una gravità inaudita rivolte al Ministro”.
Come va combattuto il populismo? Sarebbe bene tornare alla politica dei grandi partiti che parlavano in piazza?
“Quel tipo di politica è un po’ superato, oggi i partiti devono farsi mediatori. Per combattere l’anti politica servono partiti più aperti dove ci sia dialogo con le persone e non si faccia solo dibattito, ma si offrano possibilità e servizi. Sono arrivato al PD dopo aver tentato diverse strade per cambiare le cose, dalle associazioni sociali al giornalismo, e mi sono convinto che questo sia lo strumento più efficace per realizzare sul campo i cambiamenti che voglio”.
Cosa pensa della riforma del sistema elettorale?
“Non possiamo farne un alibi per spiegare il malfunzionamento della politica. Questa legge ha contribuito a creare le distanze tra cittadini e politica ma non può diventare una scusa, ci sono anche altri meccanismi che ci influenzano. Una buona legge deve garantire una maggioranza governabile. Il problema è anche chi fa la legge elettorale, troppo pronto a guardare al proprio tornaconto personale. C’è un problema di senso dello Stato di fondo”.
La situazione attuale della sinistra in Italia non è delle migliori, le larghe intese più che guadagni hanno portato alla disfatta. E attualmente sembra che il Movimento 5 stelle sia l’unico a continuare quella che inizialmente era l’attività del Partito Comunista.
“La sinistra non è tramontata ma ha assunto forme diverse. Guardate a New York dove da sempre impera la finanza ed invece è proprio un uomo del centro sinistra, tra l’altro di origine italiana, a parlare di aiuto alle fasce deboli. Siamo in una fase di cambiamento. Prima bisognava tutelare solo gli operai, oggi le classi deboli sono cresciute e inglobano piccoli artigiani, imprenditori, commercianti, così la sinistra è diventata più ampia. Se la sinistra non ha contorni ben definiti, lo stesso si può dire per la destra”.
Si parla sempre di crisi, eppure sono recenti le notizie di un condono alle slots machine da parte di Letta, che ha ridotto da 2,5 miliardi a 600 milioni la sanzione ai concessionari condannati.
“Questo meccanismo è stato attuato per mettere subito i soldi nelle casse dello Stato, senza dover attendere tempi troppo lunghi per incassare cifre superiori. Lo Stato incassa da alcol, macchinette e gioco d’azzardo, è una questione di finanza. Soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale, cresce la volontà di tentare la sorte col gioco, che rappresenta quindi un’importantissima fonte di entrate”.
Cosa pensa della questione Cancellieri che in Paesi come Germania e USA si sarebbe dimessa mentre in Italia si discute ancora delle sue sorti?
“Sono assolutamente d’accordo con le sue dimissioni. Ne discuteremo a breve, ma credo che Letta la pensi come me. In Italia dimettersi è considerato da fessi, si pensa sempre che le cose si dimenticheranno, passeranno. La politica deve anche fare i conti con l’opinione pubblica e in un periodo di crisi come quello che viviamo, questioni come questa hanno poca presa. All’estero i mass media invece fanno informazione a 360 gradi”.
Siamo tutti consapevoli che viviamo una situazione di stallo dalla quale bisogna uscire il prima possibile. Ma da dove deve partire il cambiamento?
“Bisogna ridurre i costi e le spese, cambiare il bicameralismo perfetto e fortificare il nuovo organo del Senato delle regioni. Sono scettico in merito al presidenzialismo. L’Italia ha una storia diversa dalla Francia, ed è bene che il Presidente resti una figura per mantenere equilibrio e garanzia”. 
Ogni mese c’è il rischio di elezioni anticipate. Crede che oltre a Renzi ci possano essere altre figure per rappresentare il centrosinistra?
“Renzi è una figura giovane e carismatica, ma non darei per scontato che abbia tutte le soluzioni. L’attuale Governo di Letta non è visto male né in Italia né in Europa. Non dimentichiamo che eravamo un Paese sull’orlo del baratro, tenuto sotto sorveglianza e col rischio che accadesse quanto era successo in Grecia. Se Letta porterà avanti qualche piccolo progresso non sottovalutiamo la possibilità di un testa a testa tra lui e Renzi. Si aprono scenari interessanti anche dall’altro lato: ci sono nuovi movimenti come quello di Alfano e non date per scontata l’uscita di Berlusconi”.
Nel contesto di un’Italia globalizzata, cosa pensa della presenza dei crocifissi nelle aule?
“L’Italia ha una storia molto particolare in cui la religione ha un ruolo centrale. Non è importante che sia lo Stato a togliere il crocifisso, decidano liberamente gli alunni se la maggioranza di loro professa altre religioni. Trovo che l’intera questione sia stata strumentalizzata da alcuni musulmani”.
Si può essere indignati anche se non si è 5 Stelle?
“Assolutamente sì. Chi ha votato 5 Stelle dovrebbe indignarsi per come stanno andando le cose nel loro partito. Molti dei loro parlamentari vivono questa situazione con imbarazzo, magari sono d’accordo con le nostre scelte ma non possono manifestarlo apertamente, sono vincolati. Ci sono problemi di democrazia interna nel partito. Certo, il successo di alcune iniziative, come i tagli alle Camere, si deve anche a loro, ma un patto all’inizio di questo mandato sarebbe stato molto favorevole piuttosto che una chiusura così netta”.
L’epilogo è dedicato ad un tema molto caro a Chaouki, quello dei “nuovi italiani”. “Ci sono ragazzi nati e cresciuti in Italia che possono aiutare il nostro Paese, per cui dovremmo guardare a tutto con un’ottica più moderna. Molti studenti scelgono di fare l’ERASMUS in Scandinavia e non conoscono realtà a loro più vicine come la Spagna, la Grecia, il Marocco”. Realtà vicine che spesso hanno epiloghi piuttosto noti, come quello di Lampedusa: “quello che succede a Lampedusa deve farci riflettere e interrogare sul tema dell’immigrazione, non solo sugli immigrati. Che politiche dobbiamo attuare? È possibile fermare i sogni di queste persone? Voi che siete studenti ancora in formazione, andate all’ex Canapificio, parlate con queste persone, cercate di capire perché vengono qui. In Siria c’è una guerra, noi abbiamo il dovere di accettare delle richieste d’asilo, ma non da soli, è necessario l’aiuto dell’Europa”. E dovrebbe essere l’Europa tutta a cercare una soluzione: “Si crea una comunità laddove c’è la volontà di farlo, come nel caso dell’Unione europea che ha visto la creazione di una moneta unica e l’abbattimento dei confini nazionali. Nel caso di alcuni Paesi, questa volontà non c’è. Il problema è alla base, bisogna spingere sulla cooperazione perché nei Paesi degli attuali immigrati si creino le basi per una vita migliore senza bisogno di cercarla altrove”.
Anna Verrillo
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