Abusivismo e Piano Casa, se ne discute ad Architettura

“L’abusivismo edilizio è una questione specificamente italiana, o meglio mediterranea”. Fabrizia Ippolito, ricercatore in Tecnica e pianificazione urbanistica dell’Università della Calabria e docente di Cinema, fotografia e televisione alla Federico II, parte da questa considerazione per raccontare agli studenti della Facoltà di Architettura cosa sia e cosa stia diventando l’Italia sotto i colpi del cemento illegale. Quello che alimenta, tra l’altro, l’economia della criminalità organizzata. Ippolito è intervenuta il 20 maggio al ciclo di incontri, film, dibattiti promosso dal collettivo Architettura preoccupata. Una rassegna che è iniziata da alcune settimane e prevede la proiezione di capolavori come Le mani sulla città, di Francesco Rosi, e Uccellacci e uccellini, di Pier Paolo Pasolini.
“C’è stato un momento”, ha detto, “in cui in Italia esisteva ancora un abusivismo di necessità. Quello, per esempio, che racconta il film che avete scelto di proiettare oggi: ‘Il tetto’, di Vittorio De Sica. E’ la storia dell’autocostruzione sofferta quanto precaria di un immobile da parte di una coppia di novelli sposi. Oggi l’abusivismo è prevalentemente speculativo e, in ogni caso, la somma degli interventi modifica profondamente il paesaggio e l’equilibrio dello stesso”. 
L’abuso edilizio, ha ricordato la docente, “agisce sui punti deboli delle regole, che spesso chi costruisce illegalmente conosce alla perfezione. Il Ministero per i Beni Ambientali e Culturali, infatti, inizia anche a chiedersi se siano sufficienti le leggi del 1939, del 1945 e la Galasso, per tutelare il paesaggio”.   
Ippolito si è soffermata sul caso particolarissimo delle costruzioni abusive realizzate nella zona rossa del Vesuvio, quella a più elevato rischio, in caso di eruzione. Vivono al suo interno circa 600mila persone. “Un caso emblematico”, riflette, “di ostinazione all’abitare, sottovalutazione dei pericoli e fortissima precarietà”. 
Un’altra vicenda particolare: la ristrutturazione post sismica delle periferie napoletane. “E’ un filone di ricerca sul quale stanno lavorando anche alcuni studenti di questa Facoltà”, ha ricordato la prof.ssa Ippolito. 
Ha dedicato l’ultima parte del suo intervento ad una riflessione sul piano casa. Quello che il governo Berlusconi intende realizzare e che consentirebbe di ampliare fino al 30% alcuni immobili in difformità del piano urbanistico, ma suscita forti perplessità tra chi ha a cuore le sorti del paesaggio. La docente ha letto diversi articoli dedicati alla questione, tra i quali quello di Boeri. “Non abbiamo bisogno di città che continuino a espandersi nelle campagne”, riflette l’economista, “ma di città che si occupino di se stesse”. Ovvero, dove le istituzioni pianifichino la riqualificazione degli immobili abbandonati, dei siti lasciati al degrado, delle aree produttive dimesse. “Non è più possibile”, ha ripetuto in più occasioni Vezio De Lucia, urbanista e per qualche tempo assessore in una delle prime giunte comunali guidate da Antonio Bassolino, “continuare a consumare spazi agricoli e terreno”.  
Il ciclo di incontri di Architettura preoccupata si concluderà il 10 giugno con la proiezione del film ‘Blade Runner’ di Ridley Scott (aula SO.4, ore 16.00) e con un’esposizione temporanea degli studenti sul volto futuro delle città.
Fabrizio Geremicca
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