Mura colorate e decorate con tanti disegni. Letti, armadi, giochi e suppellettili nuove e moderne. Un ambiente completamente rimodernato per cercare di dare un po’ di serenità a quei bambini che sono costretti a starci giorni e giorni per curare i propri problemi. Il 6 febbraio, è stato inaugurato il rinnovato reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera Universitaria della Sun, diretto dal professor Antonio Pascotto. “Il reparto nasce nel 1973, allora si trovava al centro, dopo il terremoto è stato spostato al Secondo Policlinico – spiega Pascotto – Ora è stato completamente rinnovato grazie al fondamentale apporto dell’Abio che ha donato gli arredi e insieme al mio personale ha ridipinto il reparto e lo ha abbellito. Ci sono 15 posti letto, è l’unico posto in Campania che ricovera in degenza ordinaria bambini e adolescenti con patologie neuropsichiatriche: epilessia, ritardo mentale, autismo, disturbi della condotta”. Adesso l’accoglienza sarà certamente migliore. “I piccoli avranno un reparto più a dimensione di bambino – continua il professore – Questo avrà anche delle conseguenze positive dal punto di vista diagnostico perché potremo vedere come si comportano i bambini in un ambiente non strettamente medico e in momenti di gioco e socialità”.
L’idea dell’Abio, l’Associazione bambini in ospedale (www.abionapoli.org), infatti era proprio quella di trasformare il reparto in qualcosa di totalmente differente da una grigia sala di ospedale. La trasformazione è stata possibile grazie ai volontari, ai medici e agli infermieri che si sono rimboccati le maniche e hanno dipinto le pareti in prima persona, e grazie al fondamentale contributo economico donato dalla famiglia Palazzeschi. “A Napoli siamo presenti da 10 anni in sette ospedali, in ognuno abbiamo costruito almeno una ludoteca, al Santobono addirittura sette – spiega Irene Palazzeschi dell’Abio – La nostra missione è migliorare la degenza per i pazienti e i loro familiari, renderla meno difficile e pesante. Siamo 250 volontari in città, facciamo giocare i bambini, organizziamo attività e momenti di svago. E l’ambiente è importantissimo. Questo reparto prima, dal punto di vista estetico, mi metteva tanta tristezza. Così abbiamo pensato che fosse necessario fare qualcosa e per un anno abbiamo lavorato a questo progetto, ora possiamo dire di essere veramente soddisfatti”. La struttura è prevalentemente diagnostica, i bambini, con i loro genitori, vi rimangono almeno una settimana, giorno e notte, per consentire ai medici di capire e studiare bene i loro problemi.
Per cercare di migliorare questo lavoro, il 32enne Eduardo Ammendola, nell’ambito del suo dottorato in Scienze del comportamento e dei processi di apprendimento alla SUN, sta lavorando con l’intento di contribuire a modernizzare questa branca della medicina. “Il più grande beneficio per questi bambini può venire dal benessere sociale. Se pensiamo al lavoro di Basaglia nella Psichiatria dell’età adulta ci rendiamo conto che a maggior ragione la psichiatria dell’età evolutiva deve essere de-istituzionalizzata, il reparto deve essere visto come una struttura aperta e in continuo cambiamento. Questo perché accoglie sia la crescita che i disturbi psichici. Le difficoltà sono enormi”. “La scommessa quindi – continua Ammendola – è mettere a punto interventi clinici che includano di fatto nella salute il benessere sociale. Qui abbiamo ideato un ‘training ludico-teatrale’ in reparto, uniamo attività che vengono dalla riabilitazione e dalla psicoterapia a quelle di training artistici, per sviluppare le capacità psichiche sociali e comunicative del paziente e del suo genitore. La sequenza di esercizi così vari è molto elaborata e accurata, ed è rivolta al gruppo dei bambini ricoverati e ai loro genitori, tutti insieme. Il primo risultato che otteniamo è che il bambino impara a fidarsi del medico perché vede che la persona con il camice non è solo quella che lo cura, ma nello stesso tempo è quella che lo fa relazionare meglio coi suoi genitori e con ‘gli altri’”. Lo studio nella sua complessità ha trovato anche spazio nelle pubblicazioni degli atti del congresso nazionale SINPIA (Società Italiana di NeuroPsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) del 2008 e del 2009.
Insomma sono tante le strade per dare gioia e sollievo ai piccoli affetti da problemi neurologici e psichici. Tra questi non può mancare l’allegria e il sorriso. Non a caso all’inaugurazione del reparto è stato invitato Alessandro Siani, che ha scherzato coi bambini e col personale, e ha fatto una foto con tutti. “Vorrei tornare ancora – ha detto Siani – e non trovare più nessun bambino. Vorrei che i loro problemi potessero essere completamente risolti. Non so se una risata può essere utile. Io lo spero davvero”.
Alfonso Bianchi
L’idea dell’Abio, l’Associazione bambini in ospedale (www.abionapoli.org), infatti era proprio quella di trasformare il reparto in qualcosa di totalmente differente da una grigia sala di ospedale. La trasformazione è stata possibile grazie ai volontari, ai medici e agli infermieri che si sono rimboccati le maniche e hanno dipinto le pareti in prima persona, e grazie al fondamentale contributo economico donato dalla famiglia Palazzeschi. “A Napoli siamo presenti da 10 anni in sette ospedali, in ognuno abbiamo costruito almeno una ludoteca, al Santobono addirittura sette – spiega Irene Palazzeschi dell’Abio – La nostra missione è migliorare la degenza per i pazienti e i loro familiari, renderla meno difficile e pesante. Siamo 250 volontari in città, facciamo giocare i bambini, organizziamo attività e momenti di svago. E l’ambiente è importantissimo. Questo reparto prima, dal punto di vista estetico, mi metteva tanta tristezza. Così abbiamo pensato che fosse necessario fare qualcosa e per un anno abbiamo lavorato a questo progetto, ora possiamo dire di essere veramente soddisfatti”. La struttura è prevalentemente diagnostica, i bambini, con i loro genitori, vi rimangono almeno una settimana, giorno e notte, per consentire ai medici di capire e studiare bene i loro problemi.
Per cercare di migliorare questo lavoro, il 32enne Eduardo Ammendola, nell’ambito del suo dottorato in Scienze del comportamento e dei processi di apprendimento alla SUN, sta lavorando con l’intento di contribuire a modernizzare questa branca della medicina. “Il più grande beneficio per questi bambini può venire dal benessere sociale. Se pensiamo al lavoro di Basaglia nella Psichiatria dell’età adulta ci rendiamo conto che a maggior ragione la psichiatria dell’età evolutiva deve essere de-istituzionalizzata, il reparto deve essere visto come una struttura aperta e in continuo cambiamento. Questo perché accoglie sia la crescita che i disturbi psichici. Le difficoltà sono enormi”. “La scommessa quindi – continua Ammendola – è mettere a punto interventi clinici che includano di fatto nella salute il benessere sociale. Qui abbiamo ideato un ‘training ludico-teatrale’ in reparto, uniamo attività che vengono dalla riabilitazione e dalla psicoterapia a quelle di training artistici, per sviluppare le capacità psichiche sociali e comunicative del paziente e del suo genitore. La sequenza di esercizi così vari è molto elaborata e accurata, ed è rivolta al gruppo dei bambini ricoverati e ai loro genitori, tutti insieme. Il primo risultato che otteniamo è che il bambino impara a fidarsi del medico perché vede che la persona con il camice non è solo quella che lo cura, ma nello stesso tempo è quella che lo fa relazionare meglio coi suoi genitori e con ‘gli altri’”. Lo studio nella sua complessità ha trovato anche spazio nelle pubblicazioni degli atti del congresso nazionale SINPIA (Società Italiana di NeuroPsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) del 2008 e del 2009.
Insomma sono tante le strade per dare gioia e sollievo ai piccoli affetti da problemi neurologici e psichici. Tra questi non può mancare l’allegria e il sorriso. Non a caso all’inaugurazione del reparto è stato invitato Alessandro Siani, che ha scherzato coi bambini e col personale, e ha fatto una foto con tutti. “Vorrei tornare ancora – ha detto Siani – e non trovare più nessun bambino. Vorrei che i loro problemi potessero essere completamente risolti. Non so se una risata può essere utile. Io lo spero davvero”.
Alfonso Bianchi