Giancarlo Siani: un nome sentito molte volte, al quale corrispondono oggi concorsi letterari per le scuole o premi giornalistici. Ma pochi delle nuove generazioni conoscono realmente la storia di questo giovane professionista, ucciso nel 1985 per aver raccontato gli equilibri di potere tra i clan camorristici e le connessioni con la politica locale nella Campania del post-terremoto. A ricordarne la vita e l’esempio ha contribuito ‘Fortapàsc’, il film di Marco Risi uscito a marzo nelle sale, che è stato riproposto il 28 maggio all’Astra con una proiezione organizzata dal Cirleg, Centro Interuniversitario di ricerca su letteratura e giornalismo della Federico II, insieme al giornale degli studenti di Lettere, l’Eco di Cassandra. Nella sala dell’Astra piena di studenti (l’incontro dava anche la possibilità di acquisire crediti formativi) è stato il prof. Raffaele Giglio ad analizzare e commentare il film dopo la proiezione, in qualità di direttore del Cirleg, nonché curatore del testo “Le parole di una vita” da poco pubblicato dalla Phoebus edizioni che raccoglie finalmente gli scritti giornalistici di Siani tra il 1979 ed il 1985. Un’opera importante, sostenuta e promossa anche dalla stessa famiglia del giornalista, che insieme al film restituisce almeno in parte la figura di Siani a chi oggi voglia riscoprirla. “Perché questo film? Perché credo sia importante riproporre ai giovani questa figura”, spiega il prof. Giglio alla platea, annunciando anche che riprenderà l’anno prossimo il Laboratorio di giornalismo a Lettere, dopo due anni di sospensione, e che sarà basato proprio sugli scritti di Giancarlo. “Le immagini del film, più delle parole, arrivano in maniera immediata e diretta allo spettatore; nonostante nel film manchi la parte della formazione di Giancarlo e del suo impegno politico”, nota il professore. Di certo il film – che non è il primo su Siani (nel 2003 è uscito l’apprezzato “E io ti seguo”, di Maurizio Fiume) – ha il merito di ricostruire, attraverso un racconto lucido e asciutto, il lavoro e il contesto quotidiano di Siani, come inviato ‘abusivo’ del Mattino a Torre Annunziata; i suoi rapporti con gli amici ma anche quelli con le sue fonti, che gli avevano permesso di farsi un quadro sempre più chiaro dei rapporti di potere tra i vari clan camorristici della regione e non solo, attraverso le alleanze stipulate dal boss locale Valentino Gionta con i Nuvoletta, a loro volta alleati con i Riina, e gli scontri con i Bardellino. Un’analisi che si fa sempre più precisa soprattutto nel descrivere l’influenza dei clan sulla politica locale da una parte, e dall’altra nel mettere a nudo la complicità dei Nuvoletta nel fare arrestare Gionta dalla polizia, per compiacere i Bardellino; rivelazioni che determinano la decisione da parte dei boss di mettere a tacere quella voce scomoda, di un giornalista di 26 anni soltanto, bravo a fare il suo mestiere. Ma se le immagini fotografano in maniera impressionistica gli ultimi mesi di vita di Giancarlo, dandone un quadro d’insieme, è soprattutto negli scritti che si ritrovano le idee e l’impegno del cronista. Come nel primo articolo inserito nella raccolta, che non segue l’ordine cronologico in cui sono inseriti gli altri ma è una vera e propria dichiarazione di intenti: si intitola, infatti, “Da grande voglio fare il giornalista” e argomenta come, nonostante in Italia il giornalismo sia una professione spesso non regolamentata, sottopagata, che non prevede nessuna specifica formazione universitaria, Siani abbia deciso di portare avanti questa strada fino in fondo come impegno sociale perché, leggendo, le persone potessero avere elementi per decidere e scegliere. “Nei suoi articoli c’era già tutto quello che poteva essere utile ad un giudice per incriminare le varie parti”, aggiunge il professore. Eppure il percorso giudiziario, come sempre, è stato molto più lungo: come viene ricordato anche nel film di Risi, ci sono voluti ben 12 anni per accertare i mandanti dell’esecuzione di Siani.
Viola Sarnelli
Viola Sarnelli