Anastasiya Perunova, 24 anni, è nata in Ucraina. Originaria della città di Mykolaïv, non troppo distante dalle sponde del Mar Nero, oggi è una studentessa del Corso di Laurea in Lingue e Culture Orientali e Africane presso il Dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo de L’Orientale. Sarebbe scontato immaginarla tra i discenti di Russo, perché questa è a tutti gli effetti la sua lingua madre. Tutt’altra scelta ha deciso di intraprendere Anastasiya venendo a studiare presso quest’Ateneo, “un piccolo mondo – come lei lo descrive – per imparare a comprendere non solo le origini e le differenze tra i popoli,
dal punto di vista etno-antropologico, ma scoprirne di nuove nell’incontro con gli altri”. Solo due esami la separano dal riconoscimento del titolo Triennale, ma lei intende godersi a pieno quest’ultimo anno di sprint, in vista di approfondire gli studi con la Laurea Magistrale, per poi trasferirsi forse all’estero. Intanto, a parlare – oltre che le sue passioni – sono una voglia e curiosità sconfinata di approfondire le culture e le storie di certi paesi, sperando in
questo modo di identificare lungo il cammino i confini nitidi di altri luoghi in cui potersi sentire come a casa. Da quanto tempo vivi in Italia? E cosa, invece, permane in te del vissuto in Ucraina? “All’età di sei anni mi sono trasferita, prima però abitavo nei pressi di Roma. Dopodiché, qualche anno
fa, abbiamo nuovamente traslocato per venire a stare in un paesino in provincia di Avellino. Le uniche ucraine della famiglia siamo io e mia madre, perché mio padre è campano doc. Dunque, noi siamo le sole a portare avanti le tradizioni del nostro Paese: cuciniamo i piatti tipici durante le feste, oppure siamo abituate a toglierci le scarpe appena entriamo in casa. Ovviamente, tra di noi molto spesso parliamo in russo. In realtà, penso che ogni famiglia abbia dei rituali quotidiani, abitudini che forse provengono da altre culture. Io, per esempio, uso le bacchette durante i pasti. Eppure si direbbe una ‘cosa asiatica’,
che non c’entra nulla con le mie tradizioni. Ecco, allora credo molto nei più improbabili incontri interculturali”. Quante lingue conosci? E quali
hai deciso di studiare? “Studio coreano, inglese e cinese. Sono sempre stata affascinata da culture diverse dalla mia, anche se apparentemente così lontane. Quale modo migliore se non quello di studiare una lingua per capire fino in fondo l’universo culturale di un popolo? È quello che ho sempre pensato sin da piccola. Inevitabilmente ho cominciato a studiare lingue sin dalle scuole elementari e da allora non ho più smesso. Continuerò a ribadire che secondo me approfondire il discorso sulla ‘lingua’, che sia di un ceppo indo-europeo o afro-asiatico, è un tramite per penetrare i tesori e tutte le altre ricchezze custoditi nella storia deipopoli. Una storia di cui tutti facciamo parte”. Come sei arrivata a scegliere coreano e cinese? “Sono sempre stata fissata con l’immaginario orientale, per via di manga e anime da bambina e poi da grande con lo studio del cinema, della letteratura, della storia e filosofia che provengono da certi territori, come l’Estremo Oriente. Coreano è la mia prima lingua e sono sempre stata sicura della scelta. Inizialmente, ero interessata anche all’aspetto storico-letterario del Giappone, così provai a seguire qualche lezione durante il primo anno di Università, ma poi
la lingua non mi è piaciuta affatto e ho deciso per il cinese, che era un’altra delle opzioni in ballottaggio. Oggi non posso affermare di conoscerlo a menadito, ma posso dire di parlare almeno 7 lingue: russo, italiano, inglese, tedesco, francese, coreano e ucraino. In passato ho provato anche a seguire il corso di Lingua Russa, perché volevo inserirlo come esame a scelta, ma ho lasciato perdere, troppa competizione”. Quali sono i vantaggi più evidenti di appartenere a due culture? “Il più grande è senza ombra di dubbio l’apertura mentale che ne deriva. Per esempio, so bene cosa significa sentirsi ‘straniero’, provare il disagio dell’essere diverso. Ma questo non ha fatto altro che arricchirmi, incuriosirmi, stimolare domande. Essendo cresciuta con due tradizioni diverse ma messe alla pari, adesso trovo interessante scoprirne di nuove. A volte mi riconosco di più nella cultura russa, in altri momenti mi sento più italiana che mai. Tutto sommato, entrambe le culture fanno parte di me e ogni giorno si bilanciano e si compensano”. Cosa ti affascina di più dell’uno e dell’altro Paese? “Ciò che mi affascina più dell’Italia sono gli italiani stessi. È un popolo molto festoso, cordiale, sempre in cerca di compagnia. In particolare, Napoli è una di quelle città dove ho sempre voglia di tornare. Adoro la gente, i luoghi, gli odori e i rumori: è come un quadro del quale entri a far parte. Ciò che mi ha sempre colpito di più dell’Ucraina invece è la mitologia, la storia delle origini. Purtroppo, le fonti sulla mitologia slava scarseggiano. Il cristianesimo lì è arrivato un po’ più tardi rispetto ad altri Paesi dell’Europa orientale e la classe dirigente dell’epoca tentò di integrare il più possibile le tradizioni cristiane coi riti pagani. Oggi, infatti, molte feste che tuttora si celebrano sono fondate su antiche credenze pagane. Mi interessa molto questo aspetto del folklore e di commistione tra la tradizione popolare e la religione ufficiale”. Puoi raccontare un’esperienza legata al mondo universitario che ti ha particolarmente segnato? “Sono stata per un semestre in Corea grazie a una borsa di studio concessami da L’Orientale, a cavallo tra 2014-15. È stata un’odissea già prima di partire, ma ne è valsa la pena. Siamo partite in quattro e abbiamo dovuto dal primo momento fare tutto da sole: inviare documenti alle Università coreane, perfezionare le iscrizioni, imparare a gestire tutto autonomamente. È stata dura, ma non volevo concludere il percorso universitario senza aver prima visitato il Paese di cui studio la lingua. Finché non si vive in prima persona un certo ambiente, non si può mai sapere se ci si troverà bene o meno. Io sono stata nella capitale, a Seoul, un posto in cui si fondono e convivono l’antico e il nuovo. Ne è una testimonianza lo stesso paesaggio urbano, palazzi reali immensi al fianco di grattacieli e strutture moderne. Una grande città da vedere e da vivere”. Pensi mai di ritornare nel Paese che ti ha dato i natali? “A dire la verità ci ritorno quasi ogni estate. I miei nonni, mio fratello maggiore e tutti gli altri parenti del ramo materno abitano lì. Mi fa piacere trascorrere del tempo con loro oltre che parlarci tramite skype e altri social network. In più, la mia città è fantastica. Mykolaïv è il nome ucraino, mentre quello russo è Nikolaev. È chiamata così in onore di San Nicola. Fu fondata verso la fine del XVIII secolo. È attraversata dal fiume Bug meridionale ed è a circa 60 km dal mare. Mi piace stare lì quando vado a trovare i miei familiari. I miei nonni abitano a una fermata dal centro della città, quindi posso passeggiare per i lunghi viali. Amo soprattutto andare nei parchi, dove ci sono le attrazioni per i bambini, e godermi l’atmosfera di serenità che si respira in mezzo a piante e fiori. In questa città, inoltre, c’è uno zoo. Ci lavorava la sorella di mio nonno e adoravo recarmi lì, perché a volte ci faceva tenere in braccio i cuccioli. Ritorno sempre con piacere in quei luoghi e le storie del passato mi parlano”. Qual è il tuo punto di vista in merito alle tensioni attuali che vedono coinvolte l’Ucraina? “Credo che la crisi interna ucraina necessiti di un intervento da parte della Russia. Negli ultimi anni chiunque è salito al potere ha agito sperperando il patrimonio dello Stato. I prezzi sono saliti alle stelle e la maggioranza della popolazione civile fugge dai parenti in Russia o si riversa in altri paesi dell’Est pur di sottrarsi alla miseria. Il fratello di mia nonna un anno e mezzo fa ha abbandonato la sua casa con l’intera famiglia ed è venuto a stare appunto dalla sorella, perché abitava in una zona vicino al confine russo dove erano scoppiate delle guerriglie e si sparava a vista. È il maggiore conflitto armato in Europa degli ultimi anni e, malgrado gli accordi firmati, siamo in una situazione di stallo che faticherà a sbloccarsi senza l’intermediazione di altri Paesi”. Quali sono le passioni che coltivi con maggiore dedizione? “Adoro leggere, dopotutto è vero
che la lettura eleva la mente. Probabilmente ce l’ho nel sangue, anche se non ho letto tutta la letteraturarussa, ma solo i classici di Tolstoj, Puškin, Gogol’, Dostoevskij. Inoltre, amo le favole russe. Quando ero piccola, mio nonno me le raccontava tutte le sere, tant’è che le imparai a memoria. È uno dei ricordi più belli della mia infanzia. Mi piace molto viaggiare, indagare la storia remota che si cela dietro un fenomeno, capire i processi e i meccanismi che hanno – per fare un volo pindarico – portato dal Big Bang fino a ieri. Leggo perché mi piace anche conoscere storie di persone. Per esempio, una volta ho seguito per curiosità una rassegna di cinema indonesiano all’Università e sono rimasta immensamente colpita dalle peculiarità di quella
cultura, pur non avendone mai sentito parlare prima. Questo genere di ricerche mi restituisce emozioni autentiche”. Come vedi il tuo futuro prossimo? “Quando pronuncio la parola ‘futuro’ mi sembra sempre qualcosa di così lontano, quando in realtà il tempo passa e il proprio avvenire è giusto dietro l’angolo. Il mio obiettivo per adesso è quello di terminare gli studi, poi vorrei trasferirmi all’estero. Ho delle metepredilette, come la Danimarca o la Svezia, che mi affascinano per due ordini di ragioni: la mitologia, in particolare quella norrena, è l’oggetto di molte delle mie letture che hanno come tema la Scandinavia; e poi i paesaggi. Mi capita spesso di andare alla ricerca di immagini che ritraggano questi Paesi. Sono una persona che adora il freddo, la neve – anche questo forse me lo porto dietro dalle mie radici – quindi, perché no, magari è quello il mio posto e non vedo l’ora di scoprirlo”.
Sabrina Sabatino
dal punto di vista etno-antropologico, ma scoprirne di nuove nell’incontro con gli altri”. Solo due esami la separano dal riconoscimento del titolo Triennale, ma lei intende godersi a pieno quest’ultimo anno di sprint, in vista di approfondire gli studi con la Laurea Magistrale, per poi trasferirsi forse all’estero. Intanto, a parlare – oltre che le sue passioni – sono una voglia e curiosità sconfinata di approfondire le culture e le storie di certi paesi, sperando in
questo modo di identificare lungo il cammino i confini nitidi di altri luoghi in cui potersi sentire come a casa. Da quanto tempo vivi in Italia? E cosa, invece, permane in te del vissuto in Ucraina? “All’età di sei anni mi sono trasferita, prima però abitavo nei pressi di Roma. Dopodiché, qualche anno
fa, abbiamo nuovamente traslocato per venire a stare in un paesino in provincia di Avellino. Le uniche ucraine della famiglia siamo io e mia madre, perché mio padre è campano doc. Dunque, noi siamo le sole a portare avanti le tradizioni del nostro Paese: cuciniamo i piatti tipici durante le feste, oppure siamo abituate a toglierci le scarpe appena entriamo in casa. Ovviamente, tra di noi molto spesso parliamo in russo. In realtà, penso che ogni famiglia abbia dei rituali quotidiani, abitudini che forse provengono da altre culture. Io, per esempio, uso le bacchette durante i pasti. Eppure si direbbe una ‘cosa asiatica’,
che non c’entra nulla con le mie tradizioni. Ecco, allora credo molto nei più improbabili incontri interculturali”. Quante lingue conosci? E quali
hai deciso di studiare? “Studio coreano, inglese e cinese. Sono sempre stata affascinata da culture diverse dalla mia, anche se apparentemente così lontane. Quale modo migliore se non quello di studiare una lingua per capire fino in fondo l’universo culturale di un popolo? È quello che ho sempre pensato sin da piccola. Inevitabilmente ho cominciato a studiare lingue sin dalle scuole elementari e da allora non ho più smesso. Continuerò a ribadire che secondo me approfondire il discorso sulla ‘lingua’, che sia di un ceppo indo-europeo o afro-asiatico, è un tramite per penetrare i tesori e tutte le altre ricchezze custoditi nella storia deipopoli. Una storia di cui tutti facciamo parte”. Come sei arrivata a scegliere coreano e cinese? “Sono sempre stata fissata con l’immaginario orientale, per via di manga e anime da bambina e poi da grande con lo studio del cinema, della letteratura, della storia e filosofia che provengono da certi territori, come l’Estremo Oriente. Coreano è la mia prima lingua e sono sempre stata sicura della scelta. Inizialmente, ero interessata anche all’aspetto storico-letterario del Giappone, così provai a seguire qualche lezione durante il primo anno di Università, ma poi
la lingua non mi è piaciuta affatto e ho deciso per il cinese, che era un’altra delle opzioni in ballottaggio. Oggi non posso affermare di conoscerlo a menadito, ma posso dire di parlare almeno 7 lingue: russo, italiano, inglese, tedesco, francese, coreano e ucraino. In passato ho provato anche a seguire il corso di Lingua Russa, perché volevo inserirlo come esame a scelta, ma ho lasciato perdere, troppa competizione”. Quali sono i vantaggi più evidenti di appartenere a due culture? “Il più grande è senza ombra di dubbio l’apertura mentale che ne deriva. Per esempio, so bene cosa significa sentirsi ‘straniero’, provare il disagio dell’essere diverso. Ma questo non ha fatto altro che arricchirmi, incuriosirmi, stimolare domande. Essendo cresciuta con due tradizioni diverse ma messe alla pari, adesso trovo interessante scoprirne di nuove. A volte mi riconosco di più nella cultura russa, in altri momenti mi sento più italiana che mai. Tutto sommato, entrambe le culture fanno parte di me e ogni giorno si bilanciano e si compensano”. Cosa ti affascina di più dell’uno e dell’altro Paese? “Ciò che mi affascina più dell’Italia sono gli italiani stessi. È un popolo molto festoso, cordiale, sempre in cerca di compagnia. In particolare, Napoli è una di quelle città dove ho sempre voglia di tornare. Adoro la gente, i luoghi, gli odori e i rumori: è come un quadro del quale entri a far parte. Ciò che mi ha sempre colpito di più dell’Ucraina invece è la mitologia, la storia delle origini. Purtroppo, le fonti sulla mitologia slava scarseggiano. Il cristianesimo lì è arrivato un po’ più tardi rispetto ad altri Paesi dell’Europa orientale e la classe dirigente dell’epoca tentò di integrare il più possibile le tradizioni cristiane coi riti pagani. Oggi, infatti, molte feste che tuttora si celebrano sono fondate su antiche credenze pagane. Mi interessa molto questo aspetto del folklore e di commistione tra la tradizione popolare e la religione ufficiale”. Puoi raccontare un’esperienza legata al mondo universitario che ti ha particolarmente segnato? “Sono stata per un semestre in Corea grazie a una borsa di studio concessami da L’Orientale, a cavallo tra 2014-15. È stata un’odissea già prima di partire, ma ne è valsa la pena. Siamo partite in quattro e abbiamo dovuto dal primo momento fare tutto da sole: inviare documenti alle Università coreane, perfezionare le iscrizioni, imparare a gestire tutto autonomamente. È stata dura, ma non volevo concludere il percorso universitario senza aver prima visitato il Paese di cui studio la lingua. Finché non si vive in prima persona un certo ambiente, non si può mai sapere se ci si troverà bene o meno. Io sono stata nella capitale, a Seoul, un posto in cui si fondono e convivono l’antico e il nuovo. Ne è una testimonianza lo stesso paesaggio urbano, palazzi reali immensi al fianco di grattacieli e strutture moderne. Una grande città da vedere e da vivere”. Pensi mai di ritornare nel Paese che ti ha dato i natali? “A dire la verità ci ritorno quasi ogni estate. I miei nonni, mio fratello maggiore e tutti gli altri parenti del ramo materno abitano lì. Mi fa piacere trascorrere del tempo con loro oltre che parlarci tramite skype e altri social network. In più, la mia città è fantastica. Mykolaïv è il nome ucraino, mentre quello russo è Nikolaev. È chiamata così in onore di San Nicola. Fu fondata verso la fine del XVIII secolo. È attraversata dal fiume Bug meridionale ed è a circa 60 km dal mare. Mi piace stare lì quando vado a trovare i miei familiari. I miei nonni abitano a una fermata dal centro della città, quindi posso passeggiare per i lunghi viali. Amo soprattutto andare nei parchi, dove ci sono le attrazioni per i bambini, e godermi l’atmosfera di serenità che si respira in mezzo a piante e fiori. In questa città, inoltre, c’è uno zoo. Ci lavorava la sorella di mio nonno e adoravo recarmi lì, perché a volte ci faceva tenere in braccio i cuccioli. Ritorno sempre con piacere in quei luoghi e le storie del passato mi parlano”. Qual è il tuo punto di vista in merito alle tensioni attuali che vedono coinvolte l’Ucraina? “Credo che la crisi interna ucraina necessiti di un intervento da parte della Russia. Negli ultimi anni chiunque è salito al potere ha agito sperperando il patrimonio dello Stato. I prezzi sono saliti alle stelle e la maggioranza della popolazione civile fugge dai parenti in Russia o si riversa in altri paesi dell’Est pur di sottrarsi alla miseria. Il fratello di mia nonna un anno e mezzo fa ha abbandonato la sua casa con l’intera famiglia ed è venuto a stare appunto dalla sorella, perché abitava in una zona vicino al confine russo dove erano scoppiate delle guerriglie e si sparava a vista. È il maggiore conflitto armato in Europa degli ultimi anni e, malgrado gli accordi firmati, siamo in una situazione di stallo che faticherà a sbloccarsi senza l’intermediazione di altri Paesi”. Quali sono le passioni che coltivi con maggiore dedizione? “Adoro leggere, dopotutto è vero
che la lettura eleva la mente. Probabilmente ce l’ho nel sangue, anche se non ho letto tutta la letteraturarussa, ma solo i classici di Tolstoj, Puškin, Gogol’, Dostoevskij. Inoltre, amo le favole russe. Quando ero piccola, mio nonno me le raccontava tutte le sere, tant’è che le imparai a memoria. È uno dei ricordi più belli della mia infanzia. Mi piace molto viaggiare, indagare la storia remota che si cela dietro un fenomeno, capire i processi e i meccanismi che hanno – per fare un volo pindarico – portato dal Big Bang fino a ieri. Leggo perché mi piace anche conoscere storie di persone. Per esempio, una volta ho seguito per curiosità una rassegna di cinema indonesiano all’Università e sono rimasta immensamente colpita dalle peculiarità di quella
cultura, pur non avendone mai sentito parlare prima. Questo genere di ricerche mi restituisce emozioni autentiche”. Come vedi il tuo futuro prossimo? “Quando pronuncio la parola ‘futuro’ mi sembra sempre qualcosa di così lontano, quando in realtà il tempo passa e il proprio avvenire è giusto dietro l’angolo. Il mio obiettivo per adesso è quello di terminare gli studi, poi vorrei trasferirmi all’estero. Ho delle metepredilette, come la Danimarca o la Svezia, che mi affascinano per due ordini di ragioni: la mitologia, in particolare quella norrena, è l’oggetto di molte delle mie letture che hanno come tema la Scandinavia; e poi i paesaggi. Mi capita spesso di andare alla ricerca di immagini che ritraggano questi Paesi. Sono una persona che adora il freddo, la neve – anche questo forse me lo porto dietro dalle mie radici – quindi, perché no, magari è quello il mio posto e non vedo l’ora di scoprirlo”.
Sabrina Sabatino