Da un lato gli studenti interessati solo ai corsi e agli esami. Dall’altro quelli che vedono nell’Università un luogo di aggregazione, un posto ideale per la conoscenza a 360 gradi, sia didattica che umana. Ci sono studenti che si interrogano sul come e sul perché cambia l’Università ed altri che non sanno neanche che sta cambiando. La mattinata del 7 marzo ne è la testimonianza. Un gruppo di studenti della Facoltà di Lettere si è riunito in aula LP (Lettere Precarie) in via Porta di Massa, per discutere sul nuovo Statuto di Ateneo. I presenti sono pochi ma interessati a studiare il fantomatico Statuto approvato il 18 ottobre 2011. Che fine faranno le Facoltà e i Corsi di Laurea? Quali saranno i nuovi Dipartimenti? Di cosa si occuperanno? Cosa sono le Scuole? Queste le domande che riecheggiano nell’aula. Catia Uccello, portavoce del movimento LINK-Coordinamento Universitario Napoli e di Lettere Precarie, spiega a cosa si va incontro. “Ci saranno quattro grandi Scuole, quelle che oggi sono Facoltà verranno accorpate. Altrettanto succederà per i Dipartimenti che saranno le strutture portanti dell’Ateneo, dato che si occuperanno di ricerca e didattica. Il problema è come verranno realizzati questi accorpamenti”. La Scuola delle Scienze Umane e Sociali comprenderà Lettere, Giurisprudenza, Sociologia, Economia, Scienze Politiche, Facoltà che attualmente hanno poco in comune. “I criteri di riorganizzazione sono puramente tecnico-economici e di sicuro non favoriscono l’investimento nella ricerca umanistica, che non può competere con quella scientifica a livello di finanziamenti. Le Facoltà vengono forzatamente accorpate dal Disegno di Legge Gelmini, di conseguenza questo non è un progetto che favorisce la cultura, al contrario la svilisce”, continua Catia. Dietro la riorganizzazione dei Dipartimenti, una valutazione tutt’altro che culturale dunque. “Esempio ne è il fatto che il Consiglio di Amministrazione (CdA) che delibera ha molti più poteri rispetto al Senato Accademico”. Un’altra questione trattata è l’esigua rappresentanza studentesca negli organi accademici (Senato, CdA, Nucleo di Valutazione, Consiglio di Dipartimento), soltanto il 15%. “In questo modo è impossibile far sentire in maniera incisiva la nostra voce”. Se un Dipartimento non è formato da almeno 50 docenti e ricercatori, chiude. Sono a rischio quelle competenze specifiche che non interessano ai più. “Così il Dipartimento e il Corso di Laurea perdono le loro peculiarità e diventa difficile investire in quelle caratteristiche particolari che differenziano un Ateneo dall’altro. I criteri di competitività economica non ci piacciono e non ci interessano, vogliamo che un Ateneo faccia cultura e vi investa”. Con molte perplessità e molti punti ancora da chiarire, termina l’incontro. I ragazzi chiedono assemblee istituzionali per avere maggiori informazioni e più chiarezza su qualcosa che li toccherà direttamente. “Rivendichiamo anche dei referendum studenteschi per una partecipazione più attiva di tutti gli studenti alla vita politica o alle decisioni che riguardano la nostra Università”, conclude Catia.