C’è sempre “il tutto esaurito” nell’Aula Acquario

È uno dei pochi spazi condivisi della Scuola d’Ingegneria a non essere mai stato chiuso, un punto di riferimento indispensabile per tutti gli studenti in cerca di un posto per studiare o lavorare ai progetti di gruppo. Stiamo parlando dell’Aula Acquario che si trova al piano terra dell’edificio di Piazzale Tecchio, soprannominata così perché le pareti sono costituite da vetrate. Luminosa, posta in posizione strategica fra la segreteria e l’ex presidenza, affaccia sul giardino interno ed in poco tempo è possibile raggiungere le aule di lezione.
Apre alle otto del mattino e, sebbene sia molto ampia ed arredata con grandi tavoli, è pressoché impossibile vederla vuota e, in generale, è molto difficile trovarvi un posto. Il flusso degli studenti comincia appena aperta e, dopo mezz’ora, tutti i posti a sedere sono già occupati, da persone fisiche o da…oggetti. “È tipico, una persona arriva e sparge in giro dieci quaderni, occupando i posti per persone che arriveranno ore dopo e chi arriva in orario non trova posto”, commenta Maria Perez, studentessa di Ingegneria Edile. “Lo so che non si dovrebbe, ma questo è l’unico posto in cui possiamo studiare in gruppo e non dare fastidio a nessuno. Ci abbiamo provato anche in biblioteca, ma gli altri ragazzi non facevano che richiamarci al silenzio”, si difende Carmela Cimmino, studentessa di Ingegneria Gestionale che ha occupato il posto per sè e le sue tre compagne di studio. 
Per il resto della mattinata, le presenze in aula restano costanti. Si studia da soli e in gruppo. Ogni tanto qualcuno va via per seguire le lezioni ed il suo posto è subito occupato da altri studenti. Sebbene ci siano una quindicina di tavoli, ai quali potrebbero tranquillamente sedere comodamente almeno otto persone (anche dieci volendo limitare un po’ lo spazio vitale), balzano subito all’occhio i numerosi ‘buchi’, perché quelle che mancano sono le sedie. Alcune sono state spostate ai tavoli piccoli, lungo la parete interna rivolta verso la segreteria, dove gli studenti lavorano in coppia, collegando il proprio computer alla rete, ma, a guardare bene, la mancanza di sedie è palese. Tante di quelle presenti, poi, sono rotte. Ad alcune mancano gli schienali e ad altre: “il sedile – come fa notare scherzando Michele Silvestri, iscritto ad Ingegneria per l’Ambiente ed il Territorio, al quale è rimasto in mano il sedile di plastica della sedia che aveva afferrato per accomodarsi – Sembra incredibile che in una università si possa avere strutture di questo tipo, ma è una delle poche aree disponibili in cui, se trovi posto, puoi restare per tutta la giornata”. 
In effetti, la ragione per cui l’Aula Acquario risulta essere così nevralgica è proprio la sua destinazione d’uso: salvo eventi speciali, ma che rappresentano degli unicum nel corso dell’anno, è l’unica sala di grandi dimensioni della sede centrale d’Ingegneria ad essere esclusivamente adibita allo studio. “Le altre aule dell’edificio restano aperte solo per le lezioni, poi vengono chiuse. Anche se nel corridoio del primo piano hanno posizionato dei tavoli, non bastano per tutti. L’aula da disegno, poi, non è sempre disponibile. Qui, invece, ci puoi restare finché non chiude l’università”, spiega Gianluca Albo, studente triennale di Ingegneria Meccanica.
La sala si svuota un po’ solo durante la pausa pranzo perché molti si spostano a mangiare in giardino. Intorno alle due del pomeriggio, però, c’è di nuovo il tutto esaurito. “Non è solo che qui ti puoi ‘piazzare’ e stare tranquillo, ma hai anche un’ottima connessione wi-fi. Se prima più che un’Aula Acquario sembrava un’aula serra, perché non c’era alcun condizionamento e mancava l’aria, da quando, un mesetto fa, hanno installato i condizionatori, si sta molto meglio”, commenta infine Roberto Cozzolino, anche lui iscritto ad Ingegneria Meccanica.
Lasciamo la sede oltre le diciassette passate, ma sembra che sia primo mattino. Tutti i posti disponibili, compresa qualche sedia ‘precaria’, sono occupati. I ragazzi studiano, chiacchierano, navigano in rete, vivono l’università.
Simona Pasquale
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