Vista la crescita economica della Cina, sono molti gli studenti de L’Orientale che scelgono di studiarne lingua e cultura speranzosi nel futuro lavorativo. Per chi è agli inizi, il programma è articolato in tre parti: grammatica (frase ed elementi che la costituiscono, gruppo verbale e nominale ecc), comunicazione (forme di saluti e cortesia, presentazione, descrizione della famiglia ecc) e traduttologia. Al termine del corso, l’esame è suddiviso, a sua volta, in tre sezioni: dettato, grammatica e prova orale. Al secondo anno, la struttura del corso è la stessa, ovviamente le complessità sono crescenti. Arrivati al terzo anno, gli studenti si cimentano nella critica dei brani, nel linguaggio della TV e così via; anche la parte riguardante la letteratura si fa più ardua. Ed è proprio il passaggio tra secondo e terzo anno ad essere vissuto con difficoltà dagli studenti “perché devono usare linguaggi diversi, ci sono più ideogrammi e i testi da tradurre sono più complessi”, spiega la prof.ssa Maria Cristina Pisciotta, docente di Letteratura Cinese. Che sottolinea: “non c’è una netta cesura tra lingua e letteratura; gli studenti, durante il mio corso, fanno traduzioni di testi letterari”, lavoro non proprio agevole se si tiene conto che la Cina, durante il periodo classico, aveva una lingua soprattutto scritta. “Solo i dotti potevano accedervi – illustra la docente – Poi, con lo svilupparsi della lingua orale, la letteratura si è modellata di conseguenza”. Insomma, è come se uno studente che sceglie di imparare l’italiano si trovasse a tradurre testi dal latino classico! Un consiglio dalla docente: “imparate il rapporto suono-immagine. L’ideogramma può cambiare a seconda di come lo si pronuncia, bisogna esercitarsi sia nella scrittura che nella pronuncia in modo da riuscire ad associare l’immagine al suono”.
La parola agli studenti. “È una lingua molto difficile – sostiene Rossana, studentessa ventunenne di Cinese III – Io l’ho scelta perché è molto interessante. Mi piace la cultura cinese. E poi è come affrontare una sfida. L’unico problema è che essendo un esame molto impegnativo ti lascia poco tempo per studiare il resto”. “A me piacciono le lingue orientali – dice Elena, studentessa 23enne di Cinese III – E tutto ciò che è Oriente per me si traduce in ‘Cina’. Certo è impegnativa. La maggiore difficoltà, secondo me, sta nell’imparare gli ideogrammi. Sono stata anche bocciata una volta all’esame”. Se dovesse consigliarla, non la suggerirebbe a chiunque, “per studiare cinese bisogna essere veramente determinati”. Anche Noemi, 22 anni, è stata bocciata più volte all’esame. Ora segue Cinese II. “Non lamento problemi tanto gravi – dice – Spesso, però, accade che le esercitazioni siano più semplici dell’esame. Ci sono, comunque, dei corsi di recupero per chi non riesce a superare le varie prove”. Segnala, poi, qualche disagio nella comunicazione con i lettori, che non utilizzano la mail, e negli orari delle lezioni. In ogni caso, la lingua – che ha scelto “perché la Cina è la seconda potenza economica dopo l’America e dovrei avere più opportunità lavorative” – le piace. Diversa è la storia di una studentessa che preferisce restare nell’anonimato. Ha scelto di studiare il cinese per passione (“ho sempre trovato ‘miracolosa’ la possibilità di infrangere barriere linguistiche e quindi in un certo senso culturali, semplicemente iniziando a pensare, e successivamente parlare, una lingua diversa dalla propria”) e per le possibilità future. “Quando ho iniziato – racconta – eravamo in 300, poi siamo rimasti in 80! Sì, perché più si va avanti, più si scopre che lo studio di una lingua come quella cinese presuppone un rapporto profondo con una cultura millenaria che, in ogni ideogramma, porta un pezzo di tradizione. Chi non riesce in quest’impresa è tagliato automaticamente fuori”. La difficoltà fondamentale del cinese? “E’ una lingua ideografica che manca di alfabeto, ogni ideogramma deve quindi essere riscritto svariate volte per poter essere memorizzato e, per sostenere una conversazione elementare, bisognerebbe conoscerne almeno 1200. E’ una lingua tonale, quindi per risalire al significato di una parola ascoltata è necessario carpirne il tono”. Nonostante le difficoltà, “studiare cinese arricchisce profondamente perché ci si confronta con una lingua che ha secoli di storia alle spalle e che non lascia niente al caso. Studiare cinese significa rimettere in discussione le proprie attitudini, valori e modi di pensare”.
Marilena Passaretti
La parola agli studenti. “È una lingua molto difficile – sostiene Rossana, studentessa ventunenne di Cinese III – Io l’ho scelta perché è molto interessante. Mi piace la cultura cinese. E poi è come affrontare una sfida. L’unico problema è che essendo un esame molto impegnativo ti lascia poco tempo per studiare il resto”. “A me piacciono le lingue orientali – dice Elena, studentessa 23enne di Cinese III – E tutto ciò che è Oriente per me si traduce in ‘Cina’. Certo è impegnativa. La maggiore difficoltà, secondo me, sta nell’imparare gli ideogrammi. Sono stata anche bocciata una volta all’esame”. Se dovesse consigliarla, non la suggerirebbe a chiunque, “per studiare cinese bisogna essere veramente determinati”. Anche Noemi, 22 anni, è stata bocciata più volte all’esame. Ora segue Cinese II. “Non lamento problemi tanto gravi – dice – Spesso, però, accade che le esercitazioni siano più semplici dell’esame. Ci sono, comunque, dei corsi di recupero per chi non riesce a superare le varie prove”. Segnala, poi, qualche disagio nella comunicazione con i lettori, che non utilizzano la mail, e negli orari delle lezioni. In ogni caso, la lingua – che ha scelto “perché la Cina è la seconda potenza economica dopo l’America e dovrei avere più opportunità lavorative” – le piace. Diversa è la storia di una studentessa che preferisce restare nell’anonimato. Ha scelto di studiare il cinese per passione (“ho sempre trovato ‘miracolosa’ la possibilità di infrangere barriere linguistiche e quindi in un certo senso culturali, semplicemente iniziando a pensare, e successivamente parlare, una lingua diversa dalla propria”) e per le possibilità future. “Quando ho iniziato – racconta – eravamo in 300, poi siamo rimasti in 80! Sì, perché più si va avanti, più si scopre che lo studio di una lingua come quella cinese presuppone un rapporto profondo con una cultura millenaria che, in ogni ideogramma, porta un pezzo di tradizione. Chi non riesce in quest’impresa è tagliato automaticamente fuori”. La difficoltà fondamentale del cinese? “E’ una lingua ideografica che manca di alfabeto, ogni ideogramma deve quindi essere riscritto svariate volte per poter essere memorizzato e, per sostenere una conversazione elementare, bisognerebbe conoscerne almeno 1200. E’ una lingua tonale, quindi per risalire al significato di una parola ascoltata è necessario carpirne il tono”. Nonostante le difficoltà, “studiare cinese arricchisce profondamente perché ci si confronta con una lingua che ha secoli di storia alle spalle e che non lascia niente al caso. Studiare cinese significa rimettere in discussione le proprie attitudini, valori e modi di pensare”.
Marilena Passaretti