Dalla calligrafia alle simulazioni: gli strumenti per apprendere il mestiere di insegnante

“Anche oggi che siamo immersi nel mondo digitale, la scrittura ha una grande importanza. La penna è insostituibile in alcune occasioni, basti pensare a quelle semplici operazioni abitudinarie che compiono gran parte degli studenti: costruire schemi, riassunti di un testo oppure prendere appunti durante le lezioni”, spiega il prof. Leopoldo Repola, coordinatore del Laboratorio di Calligrafia, un’interessante proposta nel percorso universitario degli studenti di Scienze della Formazione Primaria. Contenitore di tante informazioni sulla persona, la calligrafia è una scorciatoia di apprendimento per chi insegna ad un gruppo di bambini. “Questo laboratorio è nato dalla consapevolezza che bisogna formare insegnanti che sappiano scrivere ma soprattutto interpretare i messaggi comunicativi racchiusi nella scrittura dei bambini”, sottolinea il docente. D’altronde, anche scrittori e artisti ricorrono alla scrittura manuale come principale mezzo comunicativo, anche in un’epoca digitale in avanzato sviluppo come quella in cui viviamo. “La bellezza della grafia della principessa Pignatelli, animatrice della trasformazione del vecchio monastero di Suor Orsola Benincasa in un moderno istituto laico di cultura, è rimasta conservata nel nostro museo storico e basta osservarla solo un attimo per intuirne l’espressività. Ed è proprio quest’aspetto che i ragazzi devono imparare a cogliere in se stessi e negli altri: comprendere l’armonia e le proporzioni di ogni singola scrittura per sviluppare un orizzonte critico che inglobi anche l’estetica dei gesti espressivi”, spiega il prof. Repola. La scrittura può fungere anche da campanello d’allarme in alcune situazioni, perché è in rapporto diretto con la mente del bambino: “Quando un bambino scrive male, ha qualcosa dentro di sé che non va come dovrebbe. La dislessia, ad esempio, si manifesta anche attraverso la grafia e il suo mancato controllo. Quindi, se si scopre un problema nella scrittura, le condizioni del bambino devono essere indagate e approfondite”. Il laboratorio è obbligatorio e strutturato in quattro incontri. Cominciato l’11 ottobre, il percorso, che in conclusione prevede un colloquio orale, è strutturato in lezioni basate su esercizi di scrittura che riportano ai tempi dell’infanzia: “Gli studenti dovranno ritornare a scrivere tra le righe delle elementari, per riacquisire le proporzioni del foglio, dopodiché la concezione dei segni grafici si sposterà verso un meccanismo più rappresentativo”.
Dalla scrittura rivelatrice alle tecniche che consentono di comprendere il mondo dei bambini. “L’osservazione è lo strumento principale per un insegnante. Solo attraverso l’osservazione si può portare avanti la costruzione di programmi personalizzati, adatti ad ogni bambino, che riescano a potenziarne le qualità e a sopperirne i punti di debolezza”, sottolinea la prof.ssa Tiziana Salvati, docente del Laboratorio, obbligatorio, sulle Tecniche di osservazione del comportamento infantile che è cominciato il 26 ottobre. Fondamentale è la conoscenza approfondita del bambino per aver chiaro chi è e di cosa ha bisogno. “Il comportamento può essere sia una barriera sia un facilitatore e gli insegnanti devono imparare a gestirlo. Un bambino, ad esempio, che si sente incapace, non all’altezza degli altri compagni, non riuscirà ad essere concentrato, potrà diventare aggressivo o sfogare la sua smania nell’iperattività. L’insegnante, per questi motivi, deve sviare eventuali sentieri minati e imboccare un percorso di crescita”. Occorre per questo autorevolezza: “con la calma e la severità vanno trasmesse regole ferme senza mai cadere in esasperazioni. Perché nella maggior parte dei casi il bambino ha bisogno di freni, di limiti. Più ne avrà più si sentirà sereno”. Altro consiglio al futuro insegnante: “Il mondo del bambino passa soprattutto attraverso gli occhi della madre, che filtra i suoi pensieri e le sue sensazioni. Per questo è fondamentale diventare complici della famiglia, conquistare una buona triangolazione tra padre, madre e docente per creare un’alleanza, solo così l’insegnante non sarà visto come un nemico ma sarà ascoltato”. Il laboratorio prevede molta pratica (motivo per cui in conclusione è prevista solo la convalida e nessuna prova d’esame) e le proposte agli studenti sono varie: filmati in cui si osserva in gruppo un bambino e si costruiscono liste comportamentali perché “bisogna distinguere il proprio singolo giudizio da quello degli altri attraverso il confronto, necessario per capire quando si inciampa in un’impressione superficiale”; ma anche somministrazione di questionari, interviste, costruzioni di teorie comportamentali. “Quest’anno il laboratorio si articola in un unico gruppo, perché per terminare un’analisi più occhi sono meglio di un paio!”, spiega la docente. C’è una grande partecipazione tra gli studenti “perché la materia si lega particolarmente all’esperienza del tirocinio e molto spesso diventa argomento di tesi”.
Nel percorso di carriera, l’insegnante dovrà anche essere pronto ad affrontare realtà particolari, più delicate, come quelle che comprendono l’area della disabilità. “Ciascun insegnante prima o poi si troverà a lavorare con alunni con disabilità e dovrà in quel caso saper tutelare i bambini, saper approcciare con loro e con chi gli è vicino”, afferma il professore Carmine Riccio a cui è affidato il laboratorio sull’Area pedagogia delle disabilità cominciato il 22 ottobre. Avendo accumulato esperienza nel campo, il prof. Riccio, che è anche un insegnante di sostegno, è convinto che questi bambini abbiano bisogno di inclusione e debbano essere prima di tutto riconosciuti come individui uguali a tutti gli altri, anzi spesso con qualità da portare in risalto. “Sono dotati di un’intelligenza rilevante e la storia ne è testimone per i tanti che si sono distinti dalla massa – racconta il docente – Possiamo davvero imparare molto da loro. La diversità non deve essere considerata un problema da affrontare, ma deve essere valorizzata per ottenere cospicue risposte funzionali”. Per questi bambini la scuola riveste un ruolo centrale, perché è la prima esperienza di socializzazione che vivono dopo la famiglia. “La scuola è un ambiente protetto e professionale, un luogo di raccordo fra le famiglie, i servizi sociali, le A.S.L, i centri di disabilità e il territorio – sottolinea il prof. Riccio – La scuola fa quel che può con le proprie forze. Negli ultimi dieci anni c’è stato un forte miglioramento nelle risorse, ma ovviamente c’è sempre da migliorare come in tutte le cose”. Ma per una buona riuscita a livello educativo occorre una collaborazione di ampio raggio soprattutto con le famiglie. “Non ci si deve scoraggiare quando ci si imbatte in una famiglia molto disagiata, scostante e non si riesce a collaborare al primo tentativo. Proprio queste famiglie, infatti, hanno bisogno di più aiuto e, trovato il canale comunicativo giusto, sono quelle che alla fine si fideranno di più dell’insegnante”. Anche questo Laboratorio è obbligatorio, con un’esercitazione finale seguita da un colloquio, e comprende: lezioni frontali che includono un confronto interattivo con i ragazzi e quindi anche la scelta condivisa con l’insegnante di approfondire certi temi piuttosto che altri, simulate, gruppi di lavoro, elaborati scritti, schede di riflessione, proiezione di filmati e commenti, problematizzazione. “Si presentano ai ragazzi dei casi da studiare ma non solo, ci sono momenti in cui ognuno si mette in gioco calandosi in simulate che serbano il gusto della realtà perché evidenziano varie dinamiche. È fondamentale in questo lavoro saper andare oltre il linguaggio verbale per comprendere chi si ha di fronte, perché l’85% del nostro essere comunica in modi diversi tutti da scoprire”.
Francesca Corato
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