Didattica ineccepibile, assoluta disorganizzazione

Lo scelgono per il prestigio e la lunga tradizione nelle lingue, ma poi si trovano pentiti per l’organizzazione, o meglio la disorganizzazione che, a detta loro, regna sovrana in Ateneo. È L’Orientale, croce e delizia di un esercito di studenti – all’incirca dodicimila iscritti – che arriva all’università con le valigie piene di sogni e speranze e se ne esce sì arricchito sul piano culturale, ma anche notevolmente temprato nel carattere. Poche parole – ma efficaci – per cantare le lodi di un Ateneo unico nel suo genere: inconfutabile l’offerta didattica, ricca e innovativa, come pure i docenti, preparati e disponibili; fumi d’inchiostro, invece, per un cahier de doléance che investe allo stesso modo didattica e strutture. 
Lucia Martucci, studentessa al secondo anno di Lettere, scrive racconti e s’interessa di regia. Frequenta il Corso di Laurea in Filosofia e comunicazione. “Se sai scegliere, in quest’Ateneo riesci a trovare la Facoltà su misura per te”, afferma convinta. Alessandro Etzi, Presidente del Consiglio degli Studenti ed iscritto al terzo anno di Scienze Politiche, apprezza la vivacità culturale dei professori. “Ne ho incontrato di eccezionali, come Paolo Jedlowsky di Sociologia e Franco Mazzei di Relazioni internazionali. Docenti innovativi, capaci di instaurare un ottimo rapporto con gli studenti”. 
Sul fronte opposto, è l’assoluta mancanza di informazioni ciò che, in assoluto, gli studenti contestano de L’Orientale. “Immagino una matricola che mette piede per la prima volta in questa Università: viene assalita dal panico, perché non c’è nessuno a dirle come funzionano le cose”, osserva Lucia. Segreteria studenti, Presidenze, Centro di Orientamento: per gli studenti sono tutti canali poco praticabili. Che fare, allora? “Anzitutto, non avvilirsi alle prime difficoltà – la ricetta di Alexander, terzo anno di Lingue – Secondo, chiedere consiglio ai colleghi più anziani o direttamente ai docenti”.
Sul piano  logistico, a far infuriare gli iscritti, i continui spostamenti da una sede all’altra per seguire corsi e laboratori. “Che almeno imparino a redigere un orario coerente – sbotta Alexander – Lo scorso anno accademico avevamo lezione dalle 8 alle 10 a Palazzo Giusso e dalle 10 alle 12 al Palazzo del Mediterraneo. Tra l’altro, non tutti i docenti rispettano il cosiddetto quarto d’ora accademico di tolleranza predisposto dal Rettore”. Una maggiore informatizzazione dell’Ateneo, l’altra questione segnalata dagli studenti: “Questo luglio abbiamo rischiato di non poter sostenere alcuni esami perché il meccanismo di prenotazione on line non era ancora ultimato”. E poi gli spazi, perennemente insufficienti. “Malgrado l’acquisizione del Palazzo del Mediterraneo, continuano a mancarci le aule capienti per i corsi più affollati e gli ausili didattici: Cila a parte, che funziona benissimo, abbiamo solamente un’aula col collegamento ad Internet ed una sola sala per l’informatica”, riferisce Alessandro. 
Non va meglio sul versante dell’organizzazione didattica. “Spesso corsi ed esami tendono ad accavallarsi – protesta Luciano Amodio, rappresentante nel Consiglio degli Studenti e nel Consiglio di Facoltà di Lettere – forse per colpa di un po’ di anarchia tra i docenti”. “Gli studenti del terzo anno si stanno scapicollando per laurearsi entro novembre (anche se il regolare corso di studi finisce a marzo) pur di iscriversi alle Specialistiche (in scadenza il 30 novembre) ed evitare di stare un intero anno a braccia conserte”, segnala Alexander. A Lingue gli studenti chiedono una rimodulazione degli esami. “Non è giusto che materie fondamentali ma non caratterizzanti, Economia aziendale per esempio, debbano fare media con i voti, a differenza delle discipline a scelta dello studente, che non fanno punteggio ma sono più interessanti e coerenti con i nostri studi”, commenta Alexander. Che, rivolto alle prossime matricole, dice: “Non v’iscrivete a L’Orientale se non conoscete già un po’ d’Inglese, perché le lezioni partono da un livello avanzato”. 
Disorganizzazione a parte, gli studenti non si lamentano della formazione ricevuta. Peccato, però, che non basti per inserirsi nel mondo del lavoro. “Bisogna mettere in preventivo di fare parecchia gavetta”, sostiene Alessandro. “Meglio affiancare un lavoro agli studi universitari – aggiunge Luciano – senza lasciarsi ossessionare dalla foga di laurearsi subito. Lavorare aiuta a fare esperienza, a dar peso al curriculum, a tessere una rete di contatti che ritornano utili una volta laureati. Insomma, insegna a diventare adulti”.
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