Dipartimento di Sociologia, Pecchinenda Direttore

Il prof. Gianfranco Pecchinenda, 44 anni, docente di Sociologia dei processi comunicativi, è il nuovo direttore del Dipartimento di Sociologia. Eletto all’unanimità (tranne una scheda bianca) lo scorso 24 settembre, succede alla prof.ssa Gabriella Gribaudi, docente di Storia contemporanea, che è stata alla direzione del Dipartimento per due mandati. 
Il prof. Pecchinenda, laureato in Sociologia e in Filosofia alla Federico II, dove è diventato ricercatore nel 1996, è stato allievo di Antonio Cavicchia Scalamonti, uno dei fondatori del Corso di Laurea in Sociologia a Napoli. Professore associato a Salerno, Pecchineda è rientrato nell’ateneo federiciano nel 2004, divenendo professore ordinario l’anno successivo. Gli chiediamo cosa rappresenta il Dipartimento di Sociologia della Federico II e quale programma intende realizzare nei prossimi tre anni. “Il nostro è un Dipartimento che si caratterizza per l’eterogeneità delle discipline che comprende. Ne fanno parte psicologi, antropologi, scienziati della politica, filosofi. La direttrice uscente, ad esempio, è una storica. Sono presenti tante anime, e il nostro obiettivo deve essere quello di mantenere l’unità nell’eterogeneità. Facendo della ricerca sociologica il nostro punto di forza, mi piacerebbe anche che il Dipartimento instaurasse dei rapporti collaborativi con le istituzioni e diventasse un riferimento importante per il territorio, soprattutto nell’ambito della comunicazione in relazione alle nuove tecnologie”. Il suo campo di studi è proprio quello delle comunicazioni legate alle innovazioni tecnologiche. Quest’anno è accaduto che per l’immatricolazione al corso di laurea in Culture Digitali, nato a numero chiuso, sono state presentate meno domande dei posti disponibili, ragion per cui non si è svolta la prova di ingresso. Segno di una diminuzione di interesse verso questo ambito disciplinare? “No, l’interesse non è scemato. In realtà ci siamo sempre mantenuti intorno a questi numeri. I posti programmati erano 200, l’anno scorso abbiamo fatto il test di ingresso per 210 persone, quest’anno si sono iscritti in 196 e non c’era bisogno di svolgere la prova. Il trend non è cambiato. Tra l’altro, il nostro interesse era proprio di tenere basso il numero degli studenti di questo Corso, il primo nel settore della comunicazione della Federico II”. Per quale motivo? “Perché siamo fortemente sottodimensionati. Tra docenti e ricercatori, siamo una cinquantina di unità a fronte di un migliaio di iscritti l’anno. Inoltre, ci sono problemi di sovraffollamento delle aule. Con il nuovo corso in Culture Digitali dovevamo necessariamente mantenerci su numeri contenuti”. Torniamo al suo nuovo incarico. La direzione di un Dipartimento così importante è una bella responsabilità. A quanto pare lei vuole proseguire lungo la strada del suo predecessore. “Il mio compito sarà impegnativo. Il Dipartimento ha il carico della gestione della ricerca di tutta la Facoltà. Oltre alla cinquantina di unità cui facevo riferimento prima, vi ruotano attorno molti giovani. Abbiamo un dottorato di ricerca per 8 giovani laureati all’anno, attualmente tra dottorandi e borsisti ci sono una trentina di persone. Effettivamente svolgerò il ruolo di direttore nella continuità con quanto ha fatto la prof.ssa Gribaudi, che ha operato molto bene”. Quali sono, secondo lei, le urgenze cui bisogna provvedere? “La necessità di trovare spazi e fondi per la ricerca dei più giovani, di attrarre finanziamenti, è un punto dolente per tutta l’università. E’ un’urgenza anche per noi”. Guardando al prossimo futuro, qual è la mission più significativa per il Dipartimento? “Riuscire ad essere un punto di riferimento riconoscibile per la città sul piano delle ricerche sociali. Lavoriamo molto su questo fronte e, da un paio d’anni, su quello della comunicazione correlata alle trasformazioni tecnologiche, che va costantemente monitorato. E’ un settore di cui oggi non si può non tenere conto. Anche i colleghi, scegliendomi, hanno dimostrato di ritenere che fosse importante continuare a mantenere alto il livello di attenzione su queste tematiche”. 
Sara Pepe
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