Erasmus, un’esperienza che incide sulla vita dei giovani

Scade il 3 giugno il termine per candidarsi all’Erasmus. Anche quest’anno l’Università Parthenope mette a disposizione delle borse di studio per invogliare e aiutare i ragazzi che intendono svolgere un periodo di studio all’estero. Possono partecipare al concorso tutti gli iscritti ai Corsi attivati dall’Ateneo, dal secondo anno in poi, ad eccezion fatta per gli studenti del vecchio ordinamento. Da tre mesi ad un anno, in Svezia, in Spagna o in Slovacchia, non importa. L’essenziale è partire perché l’Erasmus rappresenta davvero un’esperienza unica nella vita di ogni ragazzo. Conferma il prof. Pierpaolo Franzese, della Facoltà di Scienze e Tecnologie: “Un’esperienza che suggerisco in continuazione ai miei studenti, spesso intimoriti dalle difficoltà linguistiche o dal doversi allontanare da casa”. E per convincerli parte proprio dalla sua esperienza personale: “L’Erasmus ha influito profondamente sulla mia vita. Sono partito grazie all’incoraggiamento del prof. Dumontet, se non avessi ricevuto questo tipo di input la mia vita sarebbe andata diversamente. Grazie a questa esperienza ho stretto importanti contatti di studio e ho ampliato i miei interessi scientifici. Per questo voglio ricordare ai ragazzi che l’Erasmus è divertimento, socializzazione, ma anche la possibilità di stringere rapporti di studio o di lavoro e migliorare la stima di se stessi, essere self confident, grazie all’autonomia che questa esperienza impone”.
Sono sempre di più i ragazzi partecipanti, come sottolinea anche la prof.ssa Pasqualina Buono, referente per la Facoltà di Scienze Motorie: “Tutti i ragazzi che partono tornano sempre molto soddisfatti. Si tratta di un’esperienza nel complesso molto positiva”. Dal punto di vista didattico, continua la docente, “i nostri ragazzi sono avvantaggiati, perché sembra che nelle università italiane, ed in particolare per le Facoltà di Scienze Motorie, sia richiesta una preparazione maggiore rispetto a quelle straniere. Noi siamo più esigenti, quindi i nostri studenti all’estero sono molto apprezzati”.
L’importante è non sentirsi abbandonati a se stessi. Rischio che i ragazzi della Parthenope sembrano non correre: “grazie ad una seria collaborazione tra il docente italiano e quello dell’università ospite, i ragazzi riescono ad essere coinvolti a pieno nelle dinamiche di studio ed inseriti con successo nella vita e nel circuito didattico dell’Ateneo”, assicura Franzese.
Non mancano, però, i disagi. In primis, la lingua e l’esiguità della borsa (230 euro al mese). “Anche se la maggior parte delle Università metta a disposizione gli alloggi, e i nostri ragazzi vengono accolti sempre molto bene in strutture adeguate, la borsa non riesce a coprire, comunque, i costi della vita e quindi per le famiglie si tratta di una spesa importante.  Credo, però, che ne valga la pena”, sottolinea la prof.ssa Buono.
Un consiglio rivolto a chi ha deciso di partire arriva dal prof. Franzese: “non andare insieme all’amico italiano, perché altrimenti si finisce per non parlare la lingua, non inserirsi nel contesto locale. Bisogna, invece, godere di tutte le potenzialità delle strutture, come laboratori o biblioteche, e anche degli scambi sociali con gli altri studenti”.
 
Partire leggeri e con po’ di faccia tosta
Bilancio positivo per la sua esperienza in Slovacchia. Partito un po’ per curiosità, un po’ dietro consiglio di chi l’aveva già sperimentato, Arcangelo Passaro, studente ventitreenne di Management delle Imprese Internazionali ad Economia, ha studiato per sei mesi, da settembre 2009 a febbraio 2010, presso l’Università di Bratislava, “realizzando un sogno che avevo in mente dalle scuole superiori. Sapevo già allora che le università offrono questa possibilità ai loro studenti e così, appena ho potuto, sono partito”. Nessuna grossa difficoltà durante il soggiorno, né dal punto di vista organizzativo né da quello didattico. “Ho trovato subito l’alloggio nella residenza universitaria, grazie al fatto che prima di partire avevo già contattato la Facoltà di accoglienza– racconta – Poi ho trovato dei docenti molto disponibili, e in generale gli esami non sono stati difficili, anche perché si tiene conto delle difficoltà linguistiche”. Corsi ed esami interamente in inglese per gli studenti Erasmus rendono, in realtà, l’approccio allo studio più interessante e stimolante “e aiutano a migliorare di molto la conoscenza della lingua”. Ma quello che ha lasciato davvero il segno è stata l’esperienza umana, davvero irripetibile: “Ho conosciuto ragazzi di tante nazionalità, diverse tipologie di persone, culture nuove. Insomma non è stato solo studio, ma anche divertimento e soprattutto crescita personale”. E anche in futuro Passaro non esclude altre esperienze all’estero, perché quando si inizia a viaggiare è difficile fermarsi! “Questa esperienza ti apre gli occhi su un nuovo mondo, ti rendi conto che ci sono punti di vista diversi, non solo modi di studiare o lavorare, ma interi modi di vivere, e questo è entusiasmante”. Insomma, lasciarsi trasportare da ‘quello che verrà’ è lo spirito con cui bisogna partire, lasciare a casa il passato, le abitudini e “partire leggeri, perché solo così si riesce ad ambientarsi meglio e ad adattarsi alle nuove situazioni. Sicuramente bisogna anche essere coscienti che si va ad affrontare una spesa non indifferente, ma basta pensare a quanti soldi si spendono in sciocchezze stando a Napoli che viene facile capire quanto valga la pena partire!”.
Un salto nel futuro: è questa la sensazione che Dario Monaco, studente della Specialistica di Scienze Ambientali, ha provato durante il suo periodo Erasmus in Svezia. “La mia permanenza è stata breve, solo tre mesi, ma mi è bastata per notare le differenze. Sono partito con l’obiettivo di sostenere l’esame di Ecotossicologia, materia che da noi non è prevista, per poi svolgere la tesi su questo argomento. Vorrei ritornare in Svezia con l’Erasmus Placement, perché è stata un’esperienza stupenda”. L’incontro con il mondo svedese, reso difficile solo dalle basse temperature, ha rappresentato il contatto  con una realtà completamente diversa e degna di ammirazione, come sottolinea Dario nei suoi racconti: “La Svezia è un paese davvero eccezionale. Ho studiato nell’Università di Uppsala e quando sono arrivato già mi avevano assegnato l’alloggio. L’organizzazione è perfetta, i docenti sono molto preparati e disponibili, ti danno subito il numero di cellulare e la mail, i laboratori e tutte le strutture sono in perfetto stato e moderne. Poi quello che sorprende di più è la dimensione familiare: nella Facoltà c’erano divanetti, poltrone, e i docenti giravano in pantofole proprio come fossero a casa. La Svezia investe molto nella formazione e questo si vede in ogni aspetto della vita accademica, a partire dal fatto che nessuno paga le tasse”. Innovativo anche il modo di fare lezione con circa la metà del corso dedicato ai seminari: “Su venti lezioni, circa dieci erano dedicate ai seminari, con degli esperti sul tema. All’inizio devo dire che la cosa mi ha un po’ spiazzato, ma poi l’ho trovato molto utile perché si ha un approccio molto più concreto all’argomento”. Un’Università con circa 60mila studenti, di cui una buona parte stranieri, rappresenta davvero un focolaio di nuove idee e scambi culturali, “e la cosa eccezionale – continua Dario – è che molti degli studenti stranieri presenti sono ragazzi Erasmus, che alla fine del progetto si sono definitivamente trasferiti lì! Ho conosciuto ragazzi di tutte le nazionalità e anche molti svedesi, anche perché in Svezia tutti parlano inglese: una volta mi è capitato di chiedere un’indicazione ad un vecchietto per strada e lui parlava inglese meglio di me! L’unica difficoltà – confessa – sta un po’ nel primo approccio. Per natura gli svedesi sono molto chiusi e quindi ci vuole un po’ del calore di noi napoletani per riuscire ad avvicinarli, ma una volta rotto il ghiaccio sono davvero ragazzi simpatici e gentili”. Insomma, il sogno di Dario è di poterci ritornare, anche se forse per l’Erasmus Placement sarà costretto a dirottare su un’altra destinazione: “Per studiare la microbiologia, materia sulla quale dovrei fare la tesi specialistica, il mio professore mi ha consigliato la Slovenia o l’Austria, dove le ricerche in questo campo sono più approfondite”. Erasmus da consigliare sicuramente, quindi, ma con una piccola avvertenza: “Non scegliete un paese come la Spagna, molto simile all’Italia, ma andate in una nazione diversa dalla nostra, in modo da imparare qualcosa di veramente nuovo. Poi per uno studente di Scienze Ambientali la Svezia è l’ideale, anche perché dal punto di vista della tutela e del rispetto dell’ambiente loro sono almeno 30 anni avanti”.
Ciò che non uccide fortifica: potrebbe essere il motto di Serena Compagnone, studentessa al quinto anno della Magistrale in Giurisprudenza, che ha svolto un periodo Erasmus all’Università di Savoie in Francia. Non sono state poche le difficoltà che Serena ha dovuto incontrare durante la sua permanenza all’estero (da gennaio a luglio 2009), e anche dopo il suo ritorno, ma l’aspirante avvocatessa afferma che ne è valsa comunque la pena, perché i problemi l’hanno fatta maturare. “La Francia è uno dei pochi paesi con cui abbiamo la possibilità di avere scambi noi di Giurisprudenza. In realtà, sono pochissimi i ragazzi che partono per l’Erasmus, credo che l’ultimo sia stato due o tre anni fa. Questo succede un po’ perché alcuni pensano che il nostro sia uno studio esclusivamente legato all’Italia, ma questo non è vero perché,  ad esempio, il nostro codice civile ha molte affinità con il codice napoleonico, e alla base di tutto c’è il diritto romano, poi ci sono le corrispondenze giuridiche nel diritto europeo; un po’ perché la nostra sede di Nola ci tiene distanti dalle dinamiche di Ateneo e pecchiamo di disinformazione e passività. Tutto questo ha una ricaduta, per i pochi che partono, sulla parte burocratica, perché negli uffici di Presidenza non sono ben preparati ad affrontare il disbrigo delle nostre pratiche. L’ufficio Erasmus di Ateneo è stato sempre molto efficiente, ma io ho dovuto pagare i vari intoppi che si sono creati  con non poche difficoltà”. Il viaggio sembra essere iniziato male, infatti, se già al suo arrivo Serena non ha trovato l’alloggio che le era stato assicurato, “perché i miei documenti sono arrivati in ritardo e in Francia non sapevano neanche che dovevo arrivare finché non mi hanno vista di persona. Ho dovuto cercare una camera per conto mio e ho cambiato più volte appartamento. Inoltre, ho spesso dovuto provvedere di persona ad inviare documentazioni varie, e al ritorno molti esami mi sono stati convalidati dopo più di un anno”. Il bilancio risulta, però, positivo perché “tutte queste difficoltà rappresentano un’esperienza di vita. Insomma, anche i problemi sono un aspetto dell’Erasmus e superarli ti aiuta a crescere, ti fai le spalle, ti svegli!”. Ma, a parte questo, la crescita è stata anche dal punto di vista didattico: “Non è una realtà molto diversa dalla nostra nell’insegnamento, però loro hanno più servizi e ho notato che tutti i ragazzi prendono appunti con il portatile, invece di usare i quadernoni. C’è anche meno collaborazione tra studenti, anche se con gli Erasmus si crea una vera e propria comunità”. Insomma, studio ma anche nuove amicizie e addirittura “con i ragazzi conosciuti durante l’Erasmus stiamo organizzando una rimpatriata a Savoie! Ci manteniamo in contatto via internet e sarebbe davvero bellissimo potersi rincontrare!”.
Il consiglio che Compagnone si sente di dare a chi sta per partire è di “avere la faccia tosta. Non bisogna avere paura di parlare e di chiedere, anche se non si conosce bene la lingua. Bisogna essere intraprendenti ed aperti a tutto”.
 
Valentina Orellana
- Advertisement -





Articoli Correlati